È un monumento noto in tutto il mondo e tra i più visitati di Parigi insieme alla torre Eiffel e al Museo del Louvre. Deve in parte la sua aura romantica alla penna di Victor Hugo, che nel 1931 le dedicò un romanzo, Notre-Dame de Paris, in cui compariva la figura del celebre gobbo, poi ripreso da vari adattamenti cinematografici anche in versione animata.
L'immagine mostra la differenza tra gli intercolumni a tre e a quattro livelli, ripristinata da Viollet-le-Duc a testimonianza della struttura originale della cattedrale
Foto: Renú Spalek / Age Fotostock
Ma non tutti i visitatori sono a conoscenza dell’opera di restauro cui questo edificio fu sottoposto dal famoso architetto francese Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc. Gaudí disse di lui – dopo averne apprezzato in uno dei suoi rari viaggi l’intervento di recupero della cittadella di Carcassonne – che era tra i pochi da cui si poteva ancora imparare qualcosa. Secondo Viollet-le-Duc «restaurare un edificio non significa salvaguardarlo, ripararlo o ricostruirlo, ma ripristinarlo in uno stato di compiutezza che potrebbe non essere mai esistito». È quanto avvenne con la chiesa di Notre-Dame, la cattedrale gotica che il suo ampio lavoro di ristrutturazione ha trasformato in un punto di riferimento imprescindibile di Parigi e della memoria storica francese.
Viollet-le-Duc si trovò di fronte a un edificio praticamente in rovina. I secoli trascorsi avevano seriamente pregiudicato un’opera la cui costruzione era iniziata nel 1163, con la decisione del vescovo di Parigi Maurice de Sully di imitare quello «stile del regno di Francia» che l’abate Suger aveva impresso nel coro della basilica di Saint-Denis e che più tardi sarebbe stato definito “gotico”. I lavori proseguirono almeno fino alla metà del XIV secolo: nel 1351, infatti, si stavano ancora apportando gli ultimi ritocchi a varie parti della chiesa, tra le quali l’abside. Tutto questo aveva significato decine e decine di anni di impalcature, in un via vai ininterrotto di mastri muratori che levigavano le pietre, esperti vetrai che applicavano le ultime novità ottiche apprese all’università e scultori che scalpellavano i doccioni e i pinnacoli dei contrafforti. La cattedrale era cresciuta al ritmo dell’economia europea, in un momento di grande sviluppo agricolo che aveva drenato verso Parigi ingenti ricchezze.
In questa miniatura del XV secolo, opera di Jean Fouquet, la capitale francese è dominata da una rappresentazione fuori scala di Notre-Dame
Foto: MMA / RMN-Grand Palais
Poi, lentamente, Notre-Dame iniziò a deteriorarsi. Nel XVII secolo, quando i sovrani della dinastia Borbone stabilirono la propria residenza nel palazzo del Louvre, si iniziò a parlare di una sua possibile ristrutturazione. Ma il progetto restò in sospeso. Successivamente la vecchia cattedrale venne gravemente danneggiata durante la rivoluzione del 1789. Finalmente, anche in seguito alle forti proteste popolari iniziate nel 1830, si decise di procedere al compito titanico di restaurarla.
La crociata di Victor Hugo
Il paladino del movimento in difesa della chiesa fu il grande poeta e romanziere Hugo: non solo fece della cattedrale la cornice del suo famoso romanzo Notre-Dame de Paris, intrecciandone il destino con quello della bella gitana Esmeralda e del gobbo Quasimodo, ma lanciò anche una vera e propria crociata per salvare vari edifici del passato medievale francese. In un articolo di grande risonanza pubblicato nel 1832, intitolato “Guerra ai demolitori”, Hugo dichiarava: «Ogni genere di profanazione, degradazione e rovina minaccia il poco che ci resta di questi ammirevoli monumenti del Medioevo, su cui si è impressa la vecchia gloria nazionale […] Mentre si costruiscono con grande spesa non so che razza di edifici spuri, […] altre strutture, mirabili e originali, cadono a pezzi tra il disinteresse generale». E concludeva: «Un grido universale deve finalmente chiamare la nuova Francia in soccorso dell’antica». Nel Genio del Cristianesimo (1802) Chateaubriand aveva contribuito a una rivalutazione delle arti della cristianità medievale. Questa nuova sensibilità avrebbe influenzato gli scrittori romantici come lo stesso Hugo, Mérimée – nominato nel 1834 ispettore generale degli edifici storici di Francia –, Thiers o Guizot, l’onnipotente ministro del re Luigi Filippo che si mostrò sempre interessato a «far entrare la vecchia Francia nella memoria e nell’intelligenza dei suoi contemporanei». Allo stesso tempo in tutta Europa esplose la moda dell’architettura medievale e sorse uno stile neogotico che ebbe tra i suoi principali esponenti Ruskin e Morris in Inghilterra, Reichensperger in Germania o Riegl in Austria.
Il progetto di Viollet-le-Duc
L’opera più emblematica di questa grande impresa di recupero del patrimonio architettonico francese era naturalmente Notre-Dame, che ben esemplificava i dilemmi che poneva un monumento in simile stato di degrado: c’era chi voleva demolirla, sulla base di una malintesa idea di progresso, e chi sosteneva andasse lasciata così com’era, a testimonianza dei secoli trascorsi. Ma Victor Hugo difese con veemenza la necessità di recuperare l’edificio, potendo contare sul sostegno del conte Charles de Montalembert, scrittore e politico impegnato nella tutela e nella conservazione dell’arte medievale. Notre-Dame non andava semplicemente preservata, ma riportata agli splendori iniziali. Fu a questo punto che entrò in scena Viollet-le-Duc, un architetto che aveva già raggiunto una certa fama grazie alla ristrutturazione della basilica di santa Maria Maddalena a Vézelay.
Nel 1861 il maestro vetraio Alfred Gérente restaurò questo rosone del XIII secolo con un Cristo trionfante al centro e varie immagini di apostoli e profeti
Foto: Godong / Age Fotostock
L’intervento di restauro di Notre-Dame durò una ventina d’anni, dal 1844 al 1864. Iniziò, com’era prevedibile, tra le polemiche in merito al procedimento da seguire, anche perché nell’edificio si svolgevano ancora funzioni religiose. Il 31 gennaio 1843 Viollet-le-Duc e il suo collega architetto Jean-Baptiste Lassus presentarono un progetto di rinnovamento abbastanza moderato. Nel 1857, alla morte di quest’ultimo, Viollet-le-Duc assunse la piena direzione dei lavori, diventando il bersaglio principale dei detrattori dell’intervento ma ricevendo anche un certo numero di elogi. Charles Garnier, architetto dell’Ópera di Parigi, liquidava così la figura del collega: «Il signor Viollet-le-Duc ha costruito molto, ma i suoi lavori migliori sono senz’altro quelli di restauro; ciò deve provocare una crudele sofferenza a questo eminente artista, cui sfugge quella gloria alla quale anela ogni architetto, ovvero poter esplicitare la propria capacità creativa». Nelle parole ironiche di Garnier è racchiusa la parabola di Viollet-le-Duc, l’uomo che con il suo eccezionale Dizionario ragionato dell’architettura francese offrì al mondo un metodo originale, audace e innovativo che non solo cambiò il concetto di restauro, ma influenzò anche vari movimenti architettonici a venire, come il Modernismo.
Un lavoro controverso
Viollet-le-Duc si sforzò di attenersi alla teoria delle proporzioni e dell’equilibrio architettonico, ma la sua eccessiva passione per il neogotico finì per trascinarlo verso alcune scelte discutibili. Decise per esempio di situare un rosone e una finestra al di sopra delle tribune in corrispondenza del transetto, una soluzione affascinante ma totalmente assente nell’idea primigenia dell’edificio. La volontà di ripristinare lo stile originario dell’opera lo spinse alla decisione altrettanto controversa di demolire ciò che non riteneva propriamente gotico, ovvero quegli elementi che erano stati inseriti nella cattedrale in epoche successive. Viollet-le-Duc riteneva aberranti, per esempio, le trasformazioni subite nel corso dei secoli dal coro della cattedrale, dove molti elementi originali erano stati sostituiti in epoca barocca e neoclassica.
Notre-Dame è composta da cinque navate. Quella centrale si articola su tre piani. Le colonne sostengono degli archi a sesto acuto che si concludono in volte esapartite
Foto: Arnaud Chicurel / Gtres
Si narra che una volta, per esplicitare la sua posizione, fece entrare nel coro un operaio in abiti medievali ma con una parrucca rococò e dichiarò: «Quest’immagine non è più ridicola di come sarebbe Notre-Dame se preservassimo questo coro tanto ammirato». Quindi fece rimuovere i marmi classici che rivestivano le colonne gotiche, «la grossolana architettura» che occultava la primordiale bellezza medievale. Ma contraddittoriamente lasciò al loro posto i gruppi scultorei costruiti all’inizio del XVIII secolo per celebrare il momento in cui Luigi XIII aveva consacrato la Francia alla Vergine Maria.
Le scelte dell’architetto suscitarono numerose polemiche. Nel 1880 Anthyme Saint-Paul affermò che Viollet-le-Duc aveva inventato «lo svuotamento delle chiese», aggiungendo in tono di scherno: «Sembra che da trent’anni una squadra di saccheggiatori si aggiri per la cattedrale di Notre-Dame, perché non è rimasto un solo capolavoro dei pittori e degli scultori degli ultimi due secoli. Né una tela, né un’offerta votiva, né un’ancona. Le cappelle sono spoglie, con i loro miseri altari e le alte pareti adornate di arazzi». Un dilemma analogo emerse in merito alla decorazione scultorea della cattedrale, gravemente danneggiata durante la Rivoluzione francese. Ignorando i consigli di Merimée, Viollet-le-Duc decise di rifare le statueex novo, e a tal fine costituì un laboratorio sotto la direzione dello scultore e orafo parigino Victor Geoffroy-Dechaume.
L’autore di questo dipinto del 1831 immaginò che il rosone ovest di Notre-Dame ospitasse un orologio
Foto: Mondadori / Album
L’obiettivo principale di questa squadra di artigiani era ripristinare le figure degli archi rampanti dei portici e ricostruire le gargolle più deteriorate, che erano tra le opere che Victor Hugo aveva difeso con le parole più nostalgiche. Si trattava di interventi necessari? Viollet-le-Duc non aveva dubbi in proposito, anche se era consapevole che questa operazione gli avrebbe procurato più di una critica. Ma dal suo punto di vista, senza le sculture Notre-Dame sarebbe rimasta un edificio muto, incapace di comunicare: «Non si può lasciare incompleta una pagina così ammirevole senza rischiare di renderla inintelligibile». Come ha scritto uno storico recente, con Viollet-le-Duc si è passati «da un edificio in rovina, avvilito, limitato, a una chiesa rinata, arborescente, parlante».
Del disegno delle sculture fu incaricato il brillante incisore ed ex ufficiale della marina Charles Méryon, che si ispirò ai modelli delle cattedrali di Amiens e Bordeaux per le sue fantasiose acqueforti in bianco e nero, realizzate nel 1854 e su cui si basò Viollet-le-Duc per far costruire determinate statue, come la celebre chimera Strige.
La Strige, essere mitologico simile a un vampiro, osserva Parigi dalla sua postazione sulla cattedrale di Notre-Dame
Foto: Luigi Vaccarella / Fototeca 9x12
Con questo importante e inatteso contribuito culminò l’opera di restauro della cattedrale di Notre-Dame, risultato dell’immaginazione creativa di una generazione di parigini dediti allo studio dell’arte da prospettive differenti, dall’architettura al disegno, passando per la scultura. Grazie a quest’enorme manifestazione di inventiva e rigore artistico, diretta e orientata da Viollet-le-Duc, la cattedrale di Notre-Dame è potuta diventare un monumento ammirato oggi da milioni di visitatori.
Anche il pomeriggio del 15 aprile del 2019 la cattedrale era colma di persone. Alle 18.20, pochi minuti prima dell'inizio della messa, un primo allarme antincendio metteva in guardia su quanto stava per succedere. Poche ore dopo, alle 19.50, il mondo contemplava da tv, tablet e smartphone la distruzione della flèche, divorata dalle fiamme. L'incendio, provocato da un guasto al sistema elettrico, fu dichiarato estinto solo alle 4 di mattina del 16 aprile, dopo quasi dieci ore. I danni causati dalle fiamme sono incalcolabili, ma i generosi contributi di enti pubblici e privati di tutto il mondo hanno permesso di raccogliere circa 850 milioni di euro. Si prevede che i lavori di restauro dureranno almeno cinque anni.