A metà del XVI secolo tra gli umanisti romani che studiavano il mondo classico sorse un forte interesse per l'archeologia del cristianesimo delle origini. Sotto l'egida papale e sostenuti dallo spirito della Controriforma, questi studiosi erano alla ricerca di argomentazioni storiche per difendere il pontefice romano dalle critiche protestanti.
Figure come l'erudito Pomponio Leto, il sacerdote Filippo Neri e il cardinale Cesare Baronio furono il motore di questo interesse per le antichità cristiane. Di questo gruppo faceva parte anche Antonio Bosio, uno studioso nato a Malta nel 1575 che ebbe un ruolo decisivo nella "riscoperta" di uno dei monumenti più emblematici della storia cristiana: le catacombe di Roma, gallerie sotterranee che i primi cristiani utilizzavano come luogo di sepoltura e di culto.

Interni delle catacombe dei santi Marcellino e Pietro, in via Labicana, Roma
Foto: Cordon Press
Prime esplorazioni
Nel XVI secolo si conoscevano solo cinque delle sessanta catacombe oggi documentate: quelle di San Pancrazio, Sant'Agnese, San Sebastiano, San Lorenzo e San Valentino. Questo perché tutte avevano una basilica dedicata al martire da cui prendevano il nome, il cui culto non si era mai interrotto. In pochi si avventuravano nei loro pericolosi corridoi: tra questi c'erano Filippo Neri, che pregava nelle loro cappelle, o l'agostiniano Onofrio Panvinio, che diede inizio agli studi dei riti funerari paleocristiani e documentò ben quarantatré cimiteri.
Il 31 maggio 1578 il crollo accidentale di un terreno sulla via Salaria portò alla scoperta di un tratto della galleria della catacomba anonima di via Anapo
La situazione cambiò il 31 maggio 1578, quando il crollo accidentale di un terreno sulla via Salaria durante l'estrazione della pozzolana (una roccia utilizzata per la produzione di cemento) portò alla scoperta di un tratto di galleria della catacomba anonima di via Anapo, che riaccese l'interesse per questi antichi monumenti funerari.

I primi cristiani in preghiera nelle catacombe di San Callisto a Roma
Foto: Pubblico dominio
I primi a studiarle furono il domenicano spagnolo Alfonso Ciacconio, il romano Pompeo Ugonio (che ne riportò i dettagli nella sua Historia delle stazioni di Roma, 1613) e l'olandese Jean L'Heureux, soprannominato Macarius, che scrisse delle note sulle loro pitture ed iscrizioni, inedite fino al XIX secolo.
Ma fu soprattutto l'antiquario Philip de Winghe, connazionale di quest'ultimo, a fare il primo tentativo di studio metodico ed esaustivo degli ipogei cristiani, la cui pubblicazione venne interrotta dalla sua morte prematura nel 1592. I dettagliati appunti di Winghe furono però ereditati da Bosio. Il maltese, infatti, aveva avuto contatti con quel circolo di umanisti e si era guadagnato l'amicizia dei suoi membri, il che gli permise di fare grandi passi avanti nella ricerca che lo appassionava.

Refrigerio. Seconda metà del III secolo. Catacombe di Priscilla a Roma
Foto: Cordon Press
Un mondo sotterraneo
Il 10 dicembre 1593, accompagnato da Ugonio, Antonio Bosio entrò per la prima volta nelle catacombe di Domitilla sulla via Ardeatina. Nonostante fosse stato avvisato dagli amici, questa prima visita suscitò i suoi timori perché, come egli stesso scrisse: «Mancando la luce, sembrava che saremmo morti lì, e che i nostri sporchi cadaveri avrebbero insozzato quei sacri monumenti [...]; decidemmo di tornare indietro, ma, sebbene avessimo segnato le strade in molti punti, non fu senza difficoltà che riuscimmo a trovare l'uscita».
In visite successive, accompagnato da Ciacconio e Macarius, Bosio visitò e catalogò fino a 30 catacombe, tra cui quelle di Ciriaca, Marcellino e Pietro, Felicita e Agnese
In visite successive, accompagnato da Ciacconio e Macarius, Bosio visitò e catalogò fino a trenta catacombe, tra cui quelle di Ciriaca, Marcellino e Pietro, Felicita e Agnese. Durante questo lavoro sul campo, guidato da persone che conoscevano la zona e seguito da disegnatori come Giovanni Angelo Santini e Santi Avanzino, realizzò il primo studio sistematico delle catacombe conosciute, documentandone la distribuzione e la decorazione.

Pittura murale nelle catacombe di Pretestato, sulla via Appia, Roma
Foto: Cordon Press
Fino a questo punto il suo metodo non si discostava da quelli utilizzati in precedenza; la vera novità era l'uso prolifico di testi antichi (atti conciliari, itinerari sacri, martirologi...) come punto di partenza della sua ricerca per localizzare e identificare i diversi cimiteri cristiani di Roma. Infatti, confrontando la documentazione scritta con quella archeologica, poté verificare l'esistenza di molte delle catacombe citate e stabilirne la topografia. La vastità della sua ricerca è testimoniata dai due volumi di appunti manoscritti conservati presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma, che superano le duemila pagine e sono più esaustivi di quelli di Panvinio e Winghe, dei cui contributi si avvalse.
Pur avendo trascorso molti anni a esplorare e a leggere, Bosio non riuscì a vedere pubblicato il suo grande studio sulle catacombe, perché la morte lo colse nel 1629 nella città dei papi. La sua opera postuma Roma sotterranea, patrocinata dall'Ordine di Malta e pubblicata sotto il patrocinio del cardinale Francesco Barberini, fu edita nel 1632. Nel 1651 apparve una traduzione latina di Paolo Aringhi, che si prendeva molte libertà rispetto all'originale ed era piena di errori.

Interno delle catacombe della via Latina a Roma. Dipinti del IV secolo
Foto: Cordon Press
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La ricerca continua
L'impatto della pubblicazione di Bosio non si fece attendere e già nel XVIII secolo Roma sotterranea era presente nelle migliori biblioteche europee. Numerosi saccheggiatori approfittarono dei dati forniti da Bosio per depredare i tesori artistici di molti di questi ipogei, sottraendoli alla scienza. Tuttavia, il lavoro e la metodologia dello studioso maltese servirono a Giovanni Battista de Rossi (che considerava Bosio "il Colombo delle catacombe") per aggiornare le conoscenze su questi antichi monumenti alla luce della critica moderna. De Rossi, in un atto di omaggio, pubblicò tra il 1861 e il 1877 un'opera in tre volumi con lo stesso titolo di quella di Bosio.
Il lavoro e la metodologia di Bosio servirono a Giovanni Battista de Rossi per aggiornare la conoscenza di questi monumenti antichi alla luce della critica moderna
L'interesse per l'archeologia cristiana continua ancora oggi: nel 1960, ad esempio, Antonio Ferrua scoprì un nuovo complesso funerario sulla via Latina. Grazie alla precoce intuizione di Bosio, ai suoi sforzi e a quelli di chi lo seguì, oggi sappiamo che le catacombe erano cimiteri per i cristiani dei primi secoli e non luoghi di rifugio dalle persecuzioni degli imperatori pagani, come erroneamente si pensava.
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