Al Capone, il padrone di Chicago

Probabilmente il gangster più famoso di tutti i tempi, Al Capone, meglio noto come Scarface, dominò per anni i bassifondi di Chicago tra mazzette e omicidi. Alla fine fu incarcerato con l'accusa di aver evaso il fisco e morì nel proprio letto nel 1947

Il nemico pubblico numero uno, Scarface ("lo sfregiato", soprannome con il quale erano noto Alphonse Gabriel Capone), non morì, come ci si potrebbe aspettare, in seguito a una retata degli intoccabili di Eliot Ness. La morte del mafioso più sanguinario degli Stati Uniti avvenne il 25 gennaio 1947 a causa delle sifilide, che lo costrinse a rinchiudersi nella casa dei suoi fratelli, dove si spense nella vasca da bagno.

Figlio di immigrati siciliani, Al Capone nacque a New York il 17 gennaio 1899 e ad appena quattordici anni iniziò a lavorare per la criminalità organizzata ai comandi del potente gangster Johnny Torrio. Divenuto il suo mentore, Johnny introdusse il giovane Al nel mondo delle bande criminali e in particolare alla Five Points Gang, la più pericolosa di tutti i tempi, comandata dal pugile nei pesi gallo Paul Kelly, il cui vero nome era Paulo Vaccarelli Antonini.

Fotografia di Capone nel 1927

Fotografia di Capone nel 1927

Foto: Cordon Press

Figlio di immigrati siciliani, Al Capone nacque a New York il 17 gennaio 1899 e ad appena quattordici anni iniziò a lavorare per la criminalità organizzata ai comandi del potente gangster Johnny Torrio

La formazione di un mafioso

Il suo mentore ebbe un'influenza fondamentale su Al Capone, che desiderava diventare il mafioso-impresario del futuro. Torrio era il modello di condotta da seguire per Capone, un ragazzo sveglio e molto intelligente. Capone nutriva un rispetto reverente per l'uomo che lo pagava tanto profumatamente per raccogliere il denaro e le giocate nelle case di scommesse illegali.

Grazie alla sua facilità nel fare i conti, il giovane Capone divenne uno dei ragazzi di fiducia dell'organizzazione, anche se all'epoca era ancora estraneo a molti aspetti degli affari mafiosi, come la prostituzione. Torrio evitò che il giovane si recasse nei postriboli (anche se con il tempo questa divenne una delle sue debolezze).

Nel 1920 Al Capone entrò al servizio, come barman e buttafuori, di un gangster di nome Frankie Yale, un calabrese che in realtà si chiamava Francesco Ioele. Questi era proprietario di un bar di quart'ordine a Coney Island, nell'estremo sud di Brooklyn, chiamato Harvard Inn. Una notte il gangster Frank Galluccio si presentò nel locale accompagnato da due donne, una delle quali, Lena, era sua sorella minore. Per sua disgrazia Capone la notò e, senza pensarci due volte, le fece delle avances. Quando lo sentì Galluccio s'infuriò e volle che il buttafuori, tarchiato ma forte, chiedesse scusa. Capone replicò che stava solo scherzando, ma Galluccio invece faceva sul serio e gli si scagliò addosso con tutte le sue forze. Capone si difese, ma i pugni non bastarono ad allontanarlo. Fu allora che Galluccio si mise la mano in tasca e ne estrasse un rasoio con cui voleva pugnalare al collo l'insolente Capone. Ma gli effetti dell'alcol e della rabbia lo privarono del controllo e il mafioso finì per accoltellare il suo nemico in faccia, facendolo cadere a terra in una pozza di sangue.

Capone in copertina della rivista "Time" nel 1930

Capone in copertina della rivista "Time" nel 1930

Foto: Cordon Press

Dopo avre ricevuto trenta punti di sutura in faccia, Capone fu obbligato a scusarsi con la sorella di Galluccio e a non cercare vendetta. In seguito le scuse che avrebbe fornito per le sue cicatrici furono diverse: che se le era procurate combattendo nella Prima guerra mondiale, o che era stata colpa di un barbiere inetto. Da allora si servì del borotalco per nasconderle ed evitò di essere fotografato da sinistra. Tanto gli amici come i nemici iniziarono a chiamarlo (solo alle sue spalle) Scarface.

Dopo essere stato accoltellato al viso da Frank Galluccio, Capone iniziò a usare del borotalco per nascondere le cicatrici ed evitò di essere fotografato da sinistra. Tanto gli amici come i nemici iniziarono a chiamarlo Scarface

La strage di San Valentino

Il 14 febbraio 1929, il giorno di San Valentino, Al Capone, che voleva prendere il comando della malavita di Chicago, fu coinvolto in uno degli episodi più sanguinosi dell'epoca. Cinque uomini, quattro dei quali travestiti da poliziotti, entrarono nel garage della compagnia SMC Cartage Co., usata come copertura dal mafioso George "Bugs" Moran, rivale di Capone, obbligarono i sette membri della banda ad allinearsi contro una parete e li mitragliarono fino a esaurire i proiettili. Più tardi caddero anche i capobanda: Dean O'Banion, Joe Aiello e lo stesso Moran.

Capone inviò 5 uomini, 4 dei quali travestiti da poliziotti, nel garage della compagnia SMC Cartage Co., usata come copertura dal mafioso "Bugs" Moran, suo rivale, che mitragliarono 7 membri della banda

Capone, che all'epoca era in Florida, non poté essere accusato del delitto, né fu mai scoperta l'identità degli assassini. Anche se la polizia non riuscì mai a dimostrarlo, nessuno dei malavitosi o degli abitanti di Chicago dubitava che la mente dietro l'operazione fosse Scarface. In seguito Capone creò il sindacato nazionale del crimine, a cui si affiliarono mafiosi del calibro di Frank Nitti, Jack Guzik e Charles Fischetti.

Fotografia delle vittime della strage di San Valentino

Fotografia delle vittime della strage di San Valentino

Foto: Cordon Press

In poco tempo Capone divenne il signore e padrone degli affari della criminalità organizzata. Venne però a sapere che Joseph Giunta, un membro importante della sua banda, si era unito al gangster Joe Aiello per farlo fuori. Con lui si erano schierati anche John Scalise e Alberto Anselmi, e i tre furono invitati a cena nella lussuosa dimora di Capone. Al momento del dolce la guardia del corpo di Capone e i suoi scagnozzi legarono alle sedie i tre traditori. Capone tirò fuori una mazza da baseball, con cui cominciò a colpirli fino a quasi ucciderli, per poi concludere l'opera a colpi di pistola. La mattina seguente i corpi furono ritrovati nel Douglas Park di Chicago. I cadaveri di Scalise e Anselmi furono rimpatriati in Sicilia per essere seppelliti senza che nessuno venisse condannato per quei crimini.

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Declino e fine di Scarface

Anche se tutto sembrava filare liscio per il mafioso, l'inizio della fine del suo regno avvenne con un cambio di legge. La maggior parte dei giudici pensava che ciò che aveva reso immensamente ricchi i mafiosi che si dedicavano alla prostituzione, al gioco e al traffico di alcolici fosse l'evasione fiscale. Nel 1927 la Corte Suprema impose una tassa che costringeva a pagare anche le entrate illecite. Fino a quel momento non era stato possibile trovare un cavillo legislativo per mettere Capone dietro alle sbarre.

Nel 1928 Capone si trasferì con la famiglia a Miami per fuggire dal governo e dai propri nemici. All'epoca il famoso agente Eliot Ness e la sua squadra di intoccabili gli erano già alle calcagna. Fu però un investigatore del dipartimento del tesoro di nome Frank J. Wilson a scoprire le fatture che collegavano Capone ai ricavi del gioco illegale e all'evasione fiscale.

Nel 1927 la Corte Suprema impose una tassa che costringeva a pagare anche le entrate illecite. In seguito furono scoperte le fatture che collegavano Capone ai ricavi del gioco illegale e all'evasione fiscale

Nel 1931 Capone fu arrestato e inviato in una prigione di Atlanta, ma data l'impossibilità di controllarlo da parte delle autorità (Capone continuava a condurre i suoi affari dal carcere), nel 1934 decisero di trasferirlo ad Alcatraz, di cui divenne uno degli "ospiti" più famosi. Rimesso in libertà il 26 novembre 1939, dopo alcuni anni trascorsi nell'ospedale della prigione, Capone rimase senza soldi ed economicamente dipendente dai suoi fratelli. Vittima di una demenza senile in seguito alla sifilide contratta in gioventù, il celebre gangster morì a quarantotto anni nella sua proprietà di Miami Beach, in Florida.

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