Beethoven e la musica della rivoluzione

Tra il 1802 e il 1804 Beethoven decise di comporre un’opera che rispecchiasse la grandezza della sua epoca. Pensò di dedicarla a Napoleone Bonaparte, ma alla fine la chiamò Sinfonia eroica

Due accordi secchi come colpi di cannone. Poi una melodia calda e raffinata, che dai violoncelli si riversa sulle trombe e i clarinetti in un crescendo di grande intensità fino a esplodere maestosamente in tutta l’orchestra. Comincia così la Sinfonia n. 3 di Beethoven. Fu composta a Vienna attorno al 1803 e inizialmente s’intitolava Sinfonia Bonaparte.

In quest’olio di Joseph Stieler, Beethoven compone la sua Missa Solemnis. Beethoven-Haus, Bonn

In quest’olio di Joseph Stieler, Beethoven compone la sua Missa Solemnis. Beethoven-Haus, Bonn

Foto: Bridgeman / Aci

In quest’olio di Joseph Stieler, Beethoven compone la sua Missa Solemnis. Beethoven-Haus, Bonn

 

 

 

In quel periodo Napoleone aveva appena iniziato la guerra contro le potenze dell’Ancien Régime che avrebbe devastato l’Europa per oltre un decennio. Ma Beethoven non considerava quel generale straniero un invasore, bensì un liberatore. Come Napoleone ribaltò lo scacchiere politico europeo e mise in crisi equilibri e forme di potere consolidati ormai da secoli, così la Sinfonia n. 3 segnò un momento di rottura nella storia dell’arte musicale. Dopo quest’opera, la musica sarebbe stata pensata in nuove forme, si sarebbe mossa su orizzonti più ampi e si sarebbe relazionata con la storia in altri termini.

Per comprendere la portata dell’innovativa composizione, basta citare un semplice dato numerico. Il primo movimento della Sinfonia n. 2, scritto solo un anno prima, era di 360 misure; l’Allegro iniziale della Sinfonia n. 3, di 691. Quasi il doppio. Fino alla Sinfonia n. 9 (1824) Beethoven non avrebbe intrapreso nessun progetto così ampio e ambizioso come la Terza.

Dopo la Sinfonia n. 3 la musica si sarebbe relazionata con la storia in altri termini

Tradimento della repubblica

Eppure, quando l’opera fu data alle stampe nel 1806, l’autore cancellò il nome di Bonaparte dal frontespizio, per sostituirlo con un titolo più generico: Sinfonia eroica, composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo. Sovvenire? Nel 1806 Napoleone aveva appena sbaragliato l’esercito prussiano e la Russia era stata costretta a intervenire nel conflitto per frenare l’avanzata dell’esercito francese. Nessuno degli avversari del generale còrso aveva idea di come fermarlo, ma Beethoven parlava ormai di lui al passato. Celebrava la memoria di un grand’uomo senza nemmeno nominarlo, quasi che si trattasse di un defunto. Era come se il Bonaparte cui aveva pensato di dedicare la sua Sinfonia n. 3 fosse diventato un’altra persona.

Prima pagina della Sinfonia n. 3 di Beethoven, da cui è stata cancellata la dedica a Napoleone Bonaparte

Prima pagina della Sinfonia n. 3 di Beethoven, da cui è stata cancellata la dedica a Napoleone Bonaparte

Foto: Granger / Aurimages

Prima pagina della Sinfonia n. 3 di Beethoven, da cui è stata cancellata la dedica a Napoleone Bonaparte

 

 

Il punto d’inflessione in questa relazione di amore (all’inizio) e odio (in seguito) fu la decisione di Napoleone di autoproclamarsi imperatore nel 1804. Un gesto che il repubblicanesimo del compositore considerava un tradimento a quegli ideali della Rivoluzione francese che Napoleone aveva inizialmente dato l’impressione di voler difendere.

Ludwig van Beethoven nacque a Bonn il 16 dicembre 1770, esattamente 250 anni fa. Vi rimase fino ai 22 anni. Per molto tempo non è stata dedicata un’attenzione adeguata a questa tappa della sua vita, che fu invece cruciale per la maturazione della sua personalità umana e artistica. Capitale dell’elettorato di Colonia – che all’epoca era uno stato indipendente – Bonn non era certo Vienna, ma le sue dimensioni ridotte e il carattere più decentrato ne facevano una città aperta alla circolazione delle nuove idee. Anche le relazioni personali erano più libere, meno marcate dal protocollo o dall’appartenenza a circoli sociali chiusi.

Christian Gottlob Neefe (1748-1798) prese Beethoven sotto la sua tutela. Qui appare in un’incisione della Beethoven-Haus di Bonn

Christian Gottlob Neefe (1748-1798) prese Beethoven sotto la sua tutela. Qui appare in un’incisione della Beethoven-Haus di Bonn

Foto: Dea / Album

Christian Gottlob Neefe (1748-1798) prese Beethoven sotto la sua tutela. Qui appare in un’incisione della Beethoven-Haus di Bonn

 

 

L’ambiente intellettuale poteva giovarsi delle novità che arrivavano da fuori, come la filosofia di Kant o la poesia di Schiller e di Goethe. Erano insomma anni di grande fermento culturale. In assenza di una figura paterna solida – il padre era un tenore dedito più all’alcol che alla musica –, a giocare un ruolo centrale nell’educazione del compositore fu Christian Gottlob Neefe. Organista di corte del principe elettore Massimiliano Federico e direttore musicale della corte dal 1782, Neefe si fece carico della formazione artistica del giovane Ludwig.

Con le sue lezioni di piano e di composizione, il professore instillò nel pupillo l’amore per la musica dei Bach (Johann Sebastian e Carl Philipp Emanuel) e ne orientò l’incipiente carriera musicale. Neefe era una persona di vasta cultura e un grande conoscitore della letteratura e della filosofia della sua epoca. Ciò gli permise di trasmettere a Beethoven gli ideali illuministi e massonici, che erano alla base del suo credo personale.

Neefe trasmise a Beethoven gli ideali illuministi e massonici

L’ambiente illuminato di Bonn

L’università, dove Beethoven s’iscrisse nel 1789, era un altro canale di diffusione delle idee dell’Illuminismo, cui il nuovo sovrano della città guardava con simpatia. Diventato principe elettore di Colonia nel 1784, Massimiliano Francesco d’Asburgo-Lorena offriva il suo appoggio ad artisti e letterati, e sosteneva un modello di monarchia illuminata simile a quella esercitata da suo fratello, l’imperatore Giuseppe II. Alla morte della madre, nel 1787, Beethoven si vide costretto a mantenere i fratelli minori lavorando come strumentista nell’orchestra locale e dando lezioni private di musica. In quel periodo il compositore fece anche il suo ingresso nell’ambiente dell’alta società, come testimoniano gli stretti rapporti che intrattenne con la famiglia von Breuning o con il conte Walsegg.

Questo ritratto mostra Beethoven a 33 anni. Con la mano sinistra regge una lira, mentre con la destra scandisce il tempo. Opera di Joseph Willibrord Mähler, 1804. Wien Museum, Vienna

Questo ritratto mostra Beethoven a 33 anni. Con la mano sinistra regge una lira, mentre con la destra scandisce il tempo. Opera di Joseph Willibrord Mähler, 1804. Wien Museum, Vienna

Foto: Bridgeman / Aci

Questo ritratto mostra Beethoven a 33 anni. Con la mano sinistra regge una lira, mentre con la destra scandisce il tempo. Opera di Joseph Willibrord Mähler, 1804. Wien Museum, Vienna

 

 

Tutte queste esperienze contribuirono a orientare in modo deciso il suo pensiero, consolidando in lui una serie di valori etici che lo avrebbero accompagnato per il resto della vita. Tra questi spiccano la fede negli ideali di uguaglianza, libertà e fraternità, i valori del repubblicanesimo e dell’universalismo, così come la convinzione che il cosmo obbedisca a leggi razionali e che la vita sia un viaggio i cui inevitabili ostacoli culminano pur sempre nella felicità dell’individuo. Fu proprio in questo periodo che conobbe l’ode di Schiller Inno alla gioia, che avrebbe utilizzato nella Sinfonia n. 9, con il famoso coro che canta: «Gioia, bella scintilla divina, / figlia degli Elisi […] tutti gli uomini diventano fratelli / dove posa la tua ala soave».

Storia di un disincanto

Non sorprende, quindi, che Ludwig accogliesse con entusiasmo le notizie che dal 1789 giungevano dalla Francia – la rivolta popolare contro Luigi XVI, il successivo rovesciamento della monarchia e la creazione della repubblica nel 1792. Per quell’anno si era ormai trasferito a Vienna, la città dove avrebbe vissuto fino alla morte, avvenuta nel 1827. Qui seguì con interesse i successi delle campagne militari del giovane generale Bonaparte, prima in Italia (1796-1797) e poi in Egitto e Palestina (1798-1799). Proclamato primo console della repubblica francese, nel 1800 Napoleone inflisse una decisiva sconfitta all’esercito austriaco in Italia. Beethoven vide in lui il paladino degli ideali della Rivoluzione, che grazie al suo esercito si diffondevano oltre i confini francesi e rovesciavano il vecchio ordine incarnato dall’assolutismo, caratterizzato da una visione gerarchica della società, da valori arcaici e da ingiustizie.

A 22 anni Beethoven si stabilì a Vienna, la città che rappresentava il vecchio ordine contro cui si batteva Napoleone. Nell’immagine, la Lobkowitzplatz ritratta da Bernardo Bellotto intorno al 1760

A 22 anni Beethoven si stabilì a Vienna, la città che rappresentava il vecchio ordine contro cui si batteva Napoleone. Nell’immagine, la Lobkowitzplatz ritratta da Bernardo Bellotto intorno al 1760

Foto: Erich Lessing / Album

Il compositore era affascinato dalle grandi figure storiche e mitologiche, personalità eroiche che avevano saputo trascendere il proprio destino nel tentativo di compiere una missione più elevata. Lo aveva dimostrato nel 1801 componendo il balletto Le creature di Prometeo, incentrato sul titano che aveva sfidato il decreto divino di Giove con l’obiettivo di regalare il fuoco agli uomini ed era stato punito con un terribile supplizio. E riutilizzò alcuni materiali di questo ballet nella Sinfonia n. 3, dimostrando così di vedere in Napoleone una specie di Prometeo contemporaneo, capace di mettere in discussione l’ordine costituito (l’Europa dell’Ancien Régime) per offrire ai suoi contemporanei il fuoco della nuova civiltà incarnata dai valori illuministi e rivoluzionari.

Tuttavia nel 1804 la sua ammirazione per Napoleone subì un duro colpo. Quando il compositore apprese che Bonaparte si era autoproclamato imperatore, tradendo così gli ideali della repubblica e allineandosi di fatto con la condotta dei suoi avversari, la delusione fu totale. Napoleone si era tolto la maschera, rivelandosi un comune despota il cui unico movente era la sete di potere. La sinfonia si trasformò in un’esaltazione della figura dell’eroe, ormai avulsa da qualsiasi riferimento storico e personale.

Napoleone alla battaglia del Ponte di Arcole. Antoine-Jean Gros

Napoleone alla battaglia del Ponte di Arcole. Antoine-Jean Gros

Foto: pubblico Dominio

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Ode ai vincitori

Ciononostante, Beethoven non era un rivoluzionario convinto e mantenne un atteggiamento ambiguo nei confronti dell’assolutismo. È paradossale, ad esempio, che la sua avveniristica Sinfonia n. 3 sia stata presentata per la prima volta in forma privata all’interno del palazzo aristocratico del principe Lobkowitz.

Nella sua vita quotidiana a Vienna, Beethoven aveva continuamente a che fare con conti, principi, duchi e arciduchi, alcuni dei quali erano tra i suoi più importanti mecenati. Erano i nobili a garantirgli uno stipendio, a commissionargli le opere o ad assumerlo come insegnante di musica per i loro rampolli. Se è vero che lui li trattava da pari a pari, a volte con eccessiva audacia, il buon senso gli imponeva un certo rispetto delle gerarchie stabilite.

​Interno del Theater an der Wien, dove il 7 aprile 1805 fu ufficialmente presentata la Sinfonia n. 3. Il teatro avrebbe ospitato anche la prima assoluta della Sinfonia n. 6.

​Interno del Theater an der Wien, dove il 7 aprile 1805 fu ufficialmente presentata la Sinfonia n. 3. Il teatro avrebbe ospitato anche la prima assoluta della Sinfonia n. 6.

Foto: Alamy / Aci

​Interno del Theater an der Wien, dove il 7 aprile 1805 fu ufficialmente presentata la Sinfonia n. 3. Il teatro avrebbe ospitato anche la prima assoluta della Sinfonia n. 6.

 

 

D’altra parte, è significativo che nel 1814 componesse una cantata, Der glorreiche Augenblick (Il momento glorioso) e la dedicasse «ai sovrani e agli statisti europei» riuniti nel Congresso di Vienna per ristabilire l’ordine politico precedente alla Rivoluzione francese e alle avventure napoleoniche. Un anno prima aveva composto La vittoria di Wellington per celebrare l’esito della battaglia di Vitoria, che aveva costretto l’esercito francese a ritirarsi dalla Spagna. Si tratta di un’opera descrittiva ed effettista (ci sono anche degli spari di cannone), in cui l’uso degli inni God save the King e Rule Britannia rappresenta un’evidente strizzata d’occhio al pubblico inglese, cui la composizione era destinata. Fu uno dei pezzi che gli diede maggior successo in vita. La stessa cosa avvenne con altri lavori oggi considerati “minori”, come il Settimino (un’opera per sette strumentisti composta tra il 1799 e il 1800) o gli arrangiamenti di canzoni popolari con i quali la sua musica entrava nelle case degli appassionati.

Il titanico e rivoluzionario Beethoven della Sinfonia n. 3 o n. 5 ricevette invece una serie di valutazioni contrastanti, mentre le sonate e i quartetti dell’ultimo periodo furono oggetto di un’incomprensione pressoché unanime da parte dei suoi contemporanei, e dovettero attendere fino al XX secolo per venire stabilmente incorporati nel repertorio del compositore ed essere riconosciuti in tutta la loro genialità.

Copertina della Sinfonia n. 3, Eroica, con il titolo definitivo, da cui Bonaparte è stato espunto. L’opera è dedicata al principe Lobkowitz, mecenate del compositore. Gesellschaft der Musikfreunde, Vienna

Copertina della Sinfonia n. 3, Eroica, con il titolo definitivo, da cui Bonaparte è stato espunto. L’opera è dedicata al principe Lobkowitz, mecenate del compositore. Gesellschaft der Musikfreunde, Vienna

Foto: Dea / Album

I valori che Beethoven aveva coltivato fin dai tempi di Bonn rimasero a livello di tensione interiore, simboli di un’utopia forse irrealizzabile nel mondo. Come avevano dimostrato l’esperienza della Rivoluzione francese e la parabola di Napoleone, il tentativo di attuarli implicava fin da subito la loro più completa deformazione. Beethoven trasferì quella rivoluzione politica cui tanto aspirava su un piano puramente sonoro.

La partitura divenne il vero campo di battaglia in cui il vecchio e il nuovo ordine si scontrarono alla ricerca di orizzonti insoliti e innovativi. La musica del grande compositore tedesco si trasformò in una rivoluzione permanente, capace di mantenersi viva fino ai nostri giorni.

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