Antonio Lucio Vivaldi nacque a Venezia il 4 marzo del 1678, durante un violento terremoto. Venne alla luce così gracile che Margherita Veronese, la levatrice, decise di sottoporlo ad un battesimo precauzionale, dato che le sue possibilità di sopravvivenza erano molto scarse. Ma il neonato superò questa prima difficoltà e, dopo due mesi di cure ed esorcismi, il 6 maggio venne battezzato ufficialmente nella chiesa di San Giovanni in Bragora. Forse per ottemperare a un voto, quando il piccolo Antonio compì dieci anni la madre, Camilla Calicchio, lo destinò alla carriera ecclesiastica, come d'altronde si usava un tempo nelle famiglie povere per dare ai primogeniti la possibilità d'istruirsi ed emanciparsi. Il padre, Gianbattista Vivaldi, era barbiere e arrotondava suonando il violino nell'orchestra di San Marco. Fu proprio lui a impartire le prime lezioni di musica al figlio, il quale pare non abbia avuto in seguito altri mentori. Gianbattista aveva anche composto un'opera, La fedeltà sfortunata (1688) ed è quindi probabile che abbia dato al figlio anche i primi rudimenti della composizione.
Ritratto presunto di Antonio Vivaldi (anonimo, circa 1723). Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna
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Il Prete Rosso della Pietà
Nel 1703, all'età di venticinque anni, Antonio Vivaldi venne ordinato sacerdote e trovò impiego presso l'ospedale della Pietà, un'istituzione caritatevole sovvenzionata dal governo veneziano che comprendeva un convento, un orfanotrofio e il conservatorio. Giunti a maggiore età, gli orfani maschi che vi erano ospitati andavano a lavorare, mentre le ragazze restavano lì, a meno che non si sposassero o non si facessero monache. Quaranta delle giovani più dotate entravano a far parte del coro e dell'orchestra e si esibivano protette da una grata durante le funzioni della cappella. Molti aristocratici giunti anche dall'estero frequentavano il conservatorio, che sovvenzionavano con lasciti e donazioni.
Vivaldi, che dal 1696 aveva cominciato ad affiancare il padre nell'orchestra di San Marco, dimostrandosi un violinista virtuoso eccezionale, prese dunque a insegnare strumenti ad arco a livello avanzato al conservatorio della Pietà, a fornire nuovi brani strumentali e a dirigere le prove dell'orchestra. Quest'attività non deve stupire, in quanto a Venezia i preti secolari potevano esibirsi pubblicamente come musicisti. Vivaldi seppe imporsi per le sue capacità e si guadagnò l'appellativo di “Prete Rosso” per il colore della sua chioma, che aveva ereditato dal padre.
Nel 1706 rinunciò a officiare messa a causa di quella che lui stesso definiva «strettezza di petto», forse un'asma bronchiale, che si portava dietro sin dalla nascita. La malattia tuttavia non gli impedì di continuare a lavorare come musicista. Cominciò a far stampare i suoi libri di musica strumentale, attirando a sé un numero via via crescente di estimatori e committenti, fra cui addirittura Federico IV, re di Danimarca e Norvegia, in visita nella città lagunare.
Caricatura di Vivaldi di Pier Leone Ghezzi (1723), che lo definisce "Prete Rosso". Biblioteca apostolica vaticana
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Nel 1709 i ministri direttori della Pietà gli revocarono l'incarico per tagliare i costi. Pare non vi fossero altre motivazioni, anche perché nel 1711 gli venne nuovamente rinnovato l'incarico.
Vivaldi imprenditore
La fama di Vivaldi intanto cresceva, e le commissioni da fuori Venezia si moltiplicavano. Nel 1712 compose lo Stabat Mater per la chiesa di Santa Maria della Pace di Brescia, e questo gli valse un aumento delle richieste di musica sacra anche dall'estero. Nel 1713, dopo i successi dell'opera Ottone in villa e dell'oratorio La vittoria navale, Vivaldi intraprese una nuova avventura assieme al padre, prendendo in gestione il teatro Sant'Angelo di Venezia. Quest'esperienza tirò fuori il suo spirito imprenditoriale e si dimostrò perfettamente nelle sue corde. Il teatro era piccolo ma dinamico ed egli poté godere di ampia libertà nella scelta dei pezzi da inserire in cartellone. Va da sé che ne scelse diversi di cui lui stesso era autore, e altri di cui aveva rivisto le partiture.
Continuava intanto la sua collaborazione con la Pietà, e nel 1716 ottenne la promozione a maestro dei concerti. Parallelamente continuò a pubblicare i libri delle sue raccolte strumentali, scegliendo di appoggiarsi al più rinomato editore musicale dell'epoca, Estienne Roger, con sede ad Amsterdam.
Il pio ospedale della Pietà sulla riva degli Schiavoni (1686), Venezia, collezione privata
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Con l'estendersi della sua fama all'estero, nel 1718 Vivaldi decise di abbandonare Venezia per un impiego come maestro di cappella da camera del principe di Assia-Darmstadt, governatore tedesco di Mantova. Forse fu proprio qui che conobbe Anna Tessieri, in arte Anna Girò, che divenne la sua cantante favorita. Se i due furono amanti, furono molto discreti, dal momento che al di là di qualche illazione non vi sono prove sulla natura sentimentale del loro rapporto. A Mantova Vivaldi restò per due anni, ma il suo carattere libero lo faceva sentire insofferente. Così nel 1720 decise di tornare a casa. Non solo a Venezia, ma dal 1723 anche alla Pietà. Questa volta però, forte della sua fama, fu lui a intavolare le trattative, ottenendo la fornitura di due concerti al mese e la direzione delle prove senza vincoli, quando si trovava in città. Questo accordo permarrà fino alla fine del decennio. Nel frattempo continuava a comporre per i committenti esterni. Risale al 1725 la pubblicazione dell'Opera VIII, che si apre con Le quattro stagioni.
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Viaggio in Europa
Nel 1728 avvenne l'incontro con Carlo VI, cui aveva dedicato l'Opera IX. L'imperatore aveva compiuto un viaggio a Trieste per ispezionare il porto, snodo nevralgico per l'impero. Durante il viaggio i due s'incontrarono a Lipica (Lipizza), borgo del Carso sloveno a pochi chilometri dalla città. Qui Carlo VI venne accolto da un piccolo gruppo di musicisti veneziani che suonarono per lui. Vivaldi ricevette in segno di stima delle medaglie commemorative.
L'anno successivo il musicista intraprese un viaggio nei territori imperiali allo scopo di promuovere nuove committenze. Soggiornò in particolare a Vienna e a Praga. Qui restò affascinato dalle melodie popolari boeme, che tradusse nel concerto per archi dal titolo Conca. Infatti, i contadini boemi usavano delle conchiglie per imitare il suono della pioggia nei riti contro la siccità o le alluvioni.
Ritratto di Carlo VI d'Asburgo
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Tornato a Venezia nel 1731, continuò a lavorare, ma la musica stava cambiando. Per modernizzarsi e restare appetibile sul mercato, da buon imprenditore prese a inserire brani di compositori giovani nelle proprie opere. Rientrato ancora una volta alla Pietà (con la promessa di limitare i propri spostamenti), smise di pubblicare, smerciando invece i propri manoscritti. Forse fu questa la prima avvisaglia di una fase di crisi che si manifestò nel 1736, alla morte del padre che per tutta la vita l'aveva accompagnato. Nello stesso periodo Pietro Mauro, nipote di Vivaldi, venne coinvolto in uno scandalo a sfondo sessuale, che non giovò alla carriera del musicista.
Iniziarono quindi anche i primi buchi nell'acqua come impresario, mentre invece andò a buon fine la commissione di un concerto per il centenario del teatro di Amsterdam, lo Schouwburg. Forse questo successo gli diede la spinta per allontanarsi nuovamente da Venezia. Nel 1740, infatti, partì alla volta di Vienna, forse per cercare un lavoro a corte, anche se più probabilmente mirava alla direzione del teatro Kärntnertorthatre. Purtroppo però mancò di tempismo, in quanto giunse nella capitale austriaca alla morte di Carlo VI. Di conseguenza i teatri vennero tutti chiusi in segno di lutto. Vivaldi si arrangiò smerciando i suoi manoscritti a nobili committenti, ma la cosa durò poco: il 28 luglio del 1741 morì per un'infiammazione legata alla sua malattia. Venne sepolto in una fossa comune, senza nemmeno una lapide. Oggi il sito non esiste più: venne successivamente abbattuto per costruire il celebre Hotel Sacher. Ma questa è un'altra storia.
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