Anna Bolena tra passione e tragedia

Da semplice dama di corte Anna Bolena divenne regina per amore di Enrico VIII. Tre anni dopo lui la mandò al patibolo

«Dalla torre del campanile vidi qualcosa / che notte e giorno mi ronza nella testa / Là scoprii, dietro le sbarre / che, a dispetto di fortuna, potere o gloria / anche i re possono cadere». Un ammiratore di Anna Bolena scrisse questi versi affacciandosi dalla torre di Londra, commosso per la decapitazione della seconda moglie di Enrico VIII. Sono attribuiti al poeta e cortigiano sir Thomas Wyatt, che era innamorato di Anna, anche se quasi sicuramente tra di loro non ci fu mai nulla.

L’unica certezza è che l’esecuzione di Anna Bolena, avvenuta il 19 maggio 1536, ebbe un notevole impatto sulla popolazione. La regina d’Inghilterra, la moglie per la quale Enrico VIII aveva rotto le relazioni con il papato soltanto due anni prima, veniva condannata a morte per tradimento e decapitata. Non solo: la stessa riforma sembrava in pericolo. Qualcuno già intravedeva una cruenta guerra di successione giacché la figlia di Anna, la principessa Elisabetta, avrebbe dovuto rivendicare il trono pur discendendo da una madre adultera.

La vicenda di Anna è connessa a molte controversie della storia. Era forse un novello Icaro donna che pagò caro il fatto di aver voluto volare troppo vicino al sole? Può essere considerata una tra le tante vittime delle faide di potere tutte maschili presenti alla corte di Enrico? Le false accuse a suo carico sono l’ennesima dimostrazione di come gli uomini punissero la sessualità femminile?

Un fascino francese

Nata attorno al 1500, sin dall’inizio Anne Boleyn, nota nei Paesi latini come Anna Bolena, venne strumentalizzata dagli uomini per realizzare le loro ambizioni dinastiche. Il bisnonno paterno era stato un influente mercante, nonché sindaco di Londra. Grazie alla sua manifesta lealtà alla corona, il primogenito aveva sposato la ricca figlia di un conte irlandese. E il padre di Anna aveva preso in moglie la figlia di un membro della potente casata Howard, la stessa dei duchi di Norfolk.

La famiglia di Anna ambiva a elevarsi socialmente, e le brame del padre indirizzarono l’educazione della prole. Thomas Boleyn inserì a corte la figlia maggiore, Maria, e il cadetto, George (anche lui sarebbe morto nel bagno di sangue del 1536). Anna avrebbe seguito i loro passi. Ricevette perciò una formazione cosmopolita. Quando il padre fu nominato ambasciatore dei Paesi Bassi, la sistemò come damigella d’onore dell’arciduchessa Margherita d’Asburgo. A Bruxelles, dove la giovane giunse nell’estate 1513, l’intelligenza di Anna suscitò una profonda impressione. Pochi mesi dopo la ragazza si trasferì a Parigi, dove fu dama di compagnia della regina Claudia, prima moglie del re Francesco I. E lì rimase finché un nuovo giro di boa diplomatico la fece tornare in Inghilterra alla fine del 1521.

Ritratto di Anna Bolena. Scuola di Frans Pourbus il Giovane. 1620-1625. Pinacoteca Malaspina, Pavia

Ritratto di Anna Bolena. Scuola di Frans Pourbus il Giovane. 1620-1625. Pinacoteca Malaspina, Pavia

Foto: Dagli Orti / Aurimages

Anna aveva una bella chioma scura, uno sguardo intenso e un collo elegante. E malgrado non avesse un sesto dito nella mano destra, come avrebbero poi sostenuto i suoi detrattori cattolici, aveva probabilmente un’unghia fuori dal comune. Inoltre era dotata d’ingegno, preparazione, capacità di brillare in società e di un notevole talento artistico. Si diceva che cantasse come un “nuovo Orfeo”, e sapeva suonare il liuto, il flauto e il clavicordo. Era un’abile ballerina e introdusse passi e figure che sarebbero rimasti a lungo nel repertorio britannico. Si dedicava anche alla poesia, in inglese e in francese, e le piaceva circondarsi di letterati che, a volte, passavano per suoi ammiratori. Ma ciò che più la caratterizzava era la sicurezza di sé, di cui fece sfoggio sin dall’adolescenza; una disinvoltura che nascondeva, in realtà, una sfrenata ambizione. Con la sua educazione francese e grazia naturale, Anna era destinata a divenire la “sposa trofeo” per eccellenza, la donna che qualsiasi marito avrebbe voluto esporre con soddisfazione. E difatti a corte si vociferò del legame con due giovani, prima James Butler e poi lord Henry Percy. Fu allora che il re s’intromise nella faccenda. Enrico VIII aveva già superato la trentina e poteva disporre di tutti i piaceri di corte, avventure femminili incluse. Una delle sue conquiste era stata proprio la maggiore delle sorelle Bolena, Maria. Una volta finita questa relazione, nel 1526 Enrico s’innamorò di Anna.

Corteggiamento serrato

Ebbe subito inizio un assiduo corteggiamento. I due s’incontravano ogni giorno per giocare a carte, suonare o recitare poesie. Nei dintorni dei suoi numerosi palazzi, quali Hampton Court, Greenwich o Whitehall, il sovrano organizzava per l’amata merende bucoliche o battute di caccia, perché Anna era anche un’abile tiratrice d’arco. Quando si ritrovavano lontani si scambiavano delle lettere in inglese o in francese. Nella biblioteca Vaticana se ne conservano diciassette, scritte dal sovrano, che dichiarava: «Mia signora e amica, il mio cuore e io stesso siamo nelle vostre mani, e chiediamo di entrare nei vostri favori», oppure «Presto il mio cuore sarà dedicato solo a voi». Enrico copriva la ragazza di regali di ogni sorta, da selle e cavalli a vestiti e gioielli. Tra gli altri, le fece dono di diciannove diamanti per capelli, ventuno rubini incastonati in rose d’oro e un anello con smeraldi. Le forniva anche alloggi a sua completa disposizione nelle proprie residenze e si faceva carico dei suoi debiti di gioco.

La presenza di Anna Bolena accanto al re divenne sempre meno inusuale, non solo nell’ambito ristretto della corte, ma anche nei viaggi che Enrico compiva in Inghilterra e all’estero. Nel 1532 la portò con sé in visita in Francia anche se, per rispettare almeno le apparenze, Enrico volle che lei rimanesse a Calais mentre lui si recava a Boulogne a incontrare Francesco I. In molti insinuavano che Anna si comportasse come una regina, umiliando la moglie ufficiale del monarca, Caterina d’Aragona. Come di solito accadeva alle amanti reali che venivano esibite pubblicamente, Anna divenne oggetto di dure critiche, e non erano pochi quelli che l’appellavano “prostituta del re”.

L’olio di Daniel Maclise ricostruisce il primo incontro tra Enrico VIII e la giovane Anna Bolena, sotto lo sguardo del potente cardinale Wolsey. 1835. Collezione privata

L’olio di Daniel Maclise ricostruisce il primo incontro tra Enrico VIII e la giovane Anna Bolena, sotto lo sguardo del potente cardinale Wolsey. 1835. Collezione privata

Foto: Alamy / ACI

Tuttavia, nella storia di Anna figurava un dettaglio non privo d’importanza: non era l’amante del sovrano. Malgrado l’insistenza di Enrico, non l’aveva mai accettato nel proprio letto. Non per virtù, bensì per non patire la stessa sorte della sorella e perché la sua ambizione era molto più grande: dovette pensare che, se avesse giocato bene le sue carte, invece di una semplice amante sarebbe potuta divenire la consorte reale d’Inghilterra.

Sposato dal 1509 con Caterina d’Aragona, la discendente dei re cattolici, Enrico aveva avuto da lei diversi figli, ma era sopravvissuta una sola bambina. Il monarca desiderava a tutti i costi un erede maschio e, sapendo che Caterina ormai non poteva più avere figli per via dell’età, decise di fare pressioni sulla Chiesa perché annullasse il matrimonio. A tale scopo addusse che la sua era un’unione incestuosa, giacché Caterina era stata sposata con suo fratello maggiore, Arturo, morto pochi mesi dopo le nozze.

A corte si pensava che, una volta separatosi da Caterina, Enrico avrebbe sposato un’altra principessa straniera, come voleva la tradizione delle corti reali. Ma Anna aveva altri progetti. Piuttosto che essere una delle tante amanti del re, fece capire al sovrano che si sarebbe concessa solo se lui si fosse impegnato a sposarla.

Al contempo Anna cominciò a mostrare un’aperta simpatia per le idee delle riforma protestante, promossa in Germania nel 1517 da Martin Lutero. In particolare si unì alla critica nei confronti di una Chiesa che si perdeva nel lusso invece di aiutare i poveri. Inoltre sosteneva la creazione di una Chiesa d’Inghilterra libera dal controllo del papa di Roma. Era proprio ciò che avrebbe permesso al re d’ignorare l’opposizione del papato circa il divorzio dalla regina Caterina.

Convinta che, se fosse rimasta incinta, Enrico avrebbe acconsentito a prenderla in moglie, Anna concesse le sue grazie al monarca. A Natale del 1532 era certa della gravidanza. Si sposarono in gran segreto in gennaio (il matrimonio di Enrico con Caterina sarebbe stato annullato ufficialmente solo cinque mesi più tardi). A Pasqua del 1533 Anna fu riconosciuta come regina e a giugno fu incoronata in tutta fretta, con una corona prestata dallo stesso sovrano. Quasi a voler proclamare il suo trionfo, la regina fece ricamare sul proprio mantello e su quello delle proprie dame un nuovo motto: La plus heureuse, la più felice. Il 7 settembre nacque il primo figlio, ma non era il maschio tanto desiderato da Enrico, bensì la futura Elisabetta I. Malgrado la delusione, i sentimenti del re nei confronti di Anna non cambiarono, giacché intravide un segnale divino nel fatto che fosse rimasta subito incinta. Enrico era convinto che Dio avrebbe ricompensato la riforma della Chiesa inglese con un erede maschio. Continuarono a dividere lo stesso letto e Anna rimase incinta una seconda volta, ma ebbe un aborto spontaneo nell’agosto 1534. Sarebbe seguito un altro aborto spontaneo nel gennaio 1536.

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

Il re cambia umore

Anna correva lo stesso pericolo di Caterina d’Aragona: non stava dando al re un erede maschio. Inoltre nel 1536 morì Caterina, e questo fece temere ad Anna che, pure a costo di disfarsi di lei, Enrico potesse cercare una terza sposa ben accetta sia dai protestanti sia dai cattolici. Nell’estate 1536 era ormai di pubblico dominio che il sovrano fosse nuovamente pronto a innamorarsi. L’arroganza e gli esasperanti cambi d’umore di Anna la privarono di potenziali alleati a corte. Non solo: proprio allora giunsero alcune voci dalla Francia circa il comportamento scandaloso che Anna aveva mantenuto in gioventù con altri uomini negli anni trascorsi presso la corte francese. Thomas Cromwell, il nuovo ministro di fiducia di Enrico VIII, indagò con particolare premura i presunti adulteri di Anna in Inghilterra così da offrire al re il pretesto necessario per liberarsi di un’altra moglie indesiderata.

Il professore di musica di Anna, Mark Smeaton, venne arrestato e torturato il 30 aprile finché, delirando, confessò l’adulterio. Nei giorni seguenti altri cortigiani, tra cui Wyatt e il fratello di Anna, vennero arrestati in quanto sospettati di aver giaciuto con la regina. Non aiutava di certo il fatto che all’epoca le donne venissero considerate licenziose per natura, come l’Eva biblica. Anna venne accusata di possedere un appetito sessuale fragilem et carnalem. Dopo essere stata rinchiusa nella torre, venne sottoposta a processo. Le imputazioni contro di lei includevano dettagli scabrosi, come il fatto che avesse attirato il fratello nel proprio letto e si fosse unita a lui «baciandosi bocca con bocca». La si accusava perfino di aver tramato la morte del re per rimanere sul trono assieme a uno dei suoi amanti.

Alla vigilia della decapitazione, due volte Anna giurò sui sacramenti di essere innocente per tutte le imputazioni che l’avevano condotta alla torre di Londra. Olio di P.-N. Bergeret. 1814, Louvre, Parigi

Alla vigilia della decapitazione, due volte Anna giurò sui sacramenti di essere innocente per tutte le imputazioni che l’avevano condotta alla torre di Londra. Olio di P.-N. Bergeret. 1814, Louvre, Parigi

Foto: Erich Lessing / Album

Erano vere quelle accuse? Secondo l’ipotesi più plausibile, l’unica colpevolezza di Anna era quella di aver impiegato il linguaggio dell’amore cortigiano tipico dell’epoca. Il poeta Wyatt lo lasciò intendere in una delle poesie a lei dedicate, dal titolo Noli me tangere, non mi toccare. Fa dire al «gracile collo della regina»: «Non mi toccare perché sono del Cesare». Anche se a Wyatt non successe nulla, il 17 maggio vennero giustiziati diversi tra i presunti amanti della regina, tra cui il fratello George e Henry Norris, amico intimo del re. La sorte della sovrana era decisa. Per lei non ci sarebbe stata alcuna pietà. O forse una sì.

Che fosse per il senso di colpa nel mandare a morte una giovane donna o per un’impudente ammissione dell’onestà della moglie, Enrico fece venire da Calais un boia perché le tagliasse la testa con una spada. La morte sarebbe stata meno dolorosa rispetto alla decapitazione con un’ascia inglese. Anna esalò l’ultimo respiro la mattina del 19 maggio 1536, lasciando dietro di sé una reputazione macchiata e una figlia che aveva meno di tre anni. Il giorno seguente Enrico si dichiarò alla terza moglie, la giovane Jane Seymour.

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Per saperne di più

Saggi

Lettere d’amore di Enrico VIII ad Anna Bolena. Iolanda Plescia (a cura di). Nutrimenti, Roma, 2013.

Romanzi

L’altra donna del re. Philippa Gregory. Sperling & Kupfer, Milano, 2015.

Anna Bolena. Alison Weir. SuperBeat, Vicenza, 2019.

Anna Bolena. Hilary Mantel. Fazi, Roma, 2013.

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?