Alessandro, da conquistatore a despota

Nel 331 a.C. Alessandro Magno sconfisse a Gaugamela il sovrano persiano Dario III e gli succedette alla guida del maggior impero dell’epoca. Da allora iniziò ad adottare costumi orientali e a comportarsi sempre più come un autocrate, alienandosi le simpatie dei macedoni e provocando crescenti tensioni

Ricostruzione del giudizio del comandante degli Eteri. Disegno di Pierre-Narcisse Guérin

Ricostruzione del giudizio del comandante degli Eteri. Disegno di Pierre-Narcisse Guérin

Foto: René-Gabriel Ojéda/RMN-GrandPalais

Nel 330 a.C., si verificò uno degli episodi più oscuri del regno di Alessandro: la condanna a morte del comandante macedone Filota e l’assassinio di suo padre Parmenione, in seguito a una presunta congiura contro la vita del grande conquistatore. È una storia con molti punti oscuri, che vide Alessandro e alcuni dei suoi uomini di fiducia reagire in modo viscerale e con una crudeltà sproporzionata. Ma il “caso Filota” non fu che il primo di una serie di conflitti che avrebbero esacerbato le tensioni tra Alessandro e il corpo di soldati macedoni e greci con i quali nel 334 a.C. aveva attaccato il possente impero persiano.

Il nuovo sovrano di Persia

Dopo i clamorosi successi di Granico, Isso e Gaugamela, Alessandro aveva conquistato Babilonia, Susa e altre capitali. In Egitto il conquistatore macedone era stato accolto come un liberatore, aveva fondato la più celebre delle città che portano il suo nome ed era persino stato proclamato figlio del dio Zeus Amon. Se fino ad allora Alessandro era stato solo il re dei macedoni, dopo la morte di Dario III ascese anche al trono persiano. Quando si rese conto che nessuno avrebbe potuto mettere in discussione il suo impero, si lasciò tentare dal lusso e dalla magnificenza dei sovrani asiatici.

L’entrata di Alessandro Magno a Babilonia ricostruita da Charles Le Brun

L’entrata di Alessandro Magno a Babilonia ricostruita da Charles Le Brun

Foto: Erich Lessing/Album

A rendere veramente possibile il trionfo del giovane re furono, oltre ai suoi amici d’infanzia, Tolomeo, Cratero, Clito il Nero e soprattutto il fedele Efestione, alcuni esperti generali macedoni, che avevano già servito lealmente alla corte del padre, Filippo II. Uno di loro, il veterano Parmenione, un nobile che aveva rapporti con la corte e i militari, in quanto diretto sottoposto del re nel comando dell’esercito, aveva un figlio, Filota, che svolgeva il prestigioso incarico di comandante in capo degli Eteri, il corpo scelto di cavalleria formato dai membri dell’aristocrazia macedone. Filota era un uomo coraggioso ma era anche considerato arrogante e conduceva uno stile di vita che suscitava invidie e sospetti. Inoltre, aveva manifestato la sua contrarietà alle tendenze autocratiche di Alessandro. Nel 330 a.C., Alessandro ricevette la denuncia di un complotto in cui era coinvolto Limno, uno degli Eteri. La cospirazione venne alla luce per caso, quando questi cercò di convincere il suo amante Nicomaco a unirsi ai congiurati. Il giovane si spaventò e rivelò i particolari del piano a suo fratello Cebalino. Fu a quel punto che Filota fu coinvolto, perché Cebalino lo informò della trama, ma il comandante non ritenne opportuno prendere provvedimenti né riferire la cosa ad Alessandro.

L’Apadana, la sala delle udienze di Persepoli, è uno dei complessi della capitale achemenide incendiati da Alessandro

L’Apadana, la sala delle udienze di Persepoli, è uno dei complessi della capitale achemenide incendiati da Alessandro

Foto: Prisma Bildagentur/Getty Images

A quel punto Alessandro convocò Filota, chiedendogli perché non l’avesse informato della congiura e insinuando che potesse esserne la mente. Ovviamente Filota respinse ogni accusa e dichiarò di non aver avvisato nessuno perché non aveva dato credito alle parole di Cebalino, convinto che fossero il frutto di una lite tra amanti. Ma gli autori della denuncia insistevano con le accuse a tal punto che nessuno dubitò più della colpevolezza del comandante. Si decise di sottoporre a tortura il reo prima di giustiziarlo, per fare chiarezza una volta per tutte sull’intera vicenda. Efestione, Cratero e altri militari si accanirono sul sospetto tutta la notte, fino a che questi non poté sopportare oltre il dolore delle ferite inferte al suo corpo. Il giorno successivo il figlio di Parmenionee gli altri sospetti furono lapidati secondo le usanze macedoni. Da questo momento nelle file dell’esercito si susseguirono le purghe e le degradazioni per mettere in chiaro che non sarebbe stata tollerata nessuna forma di slealtà.

Esecuzione di Filota. Miniatura del Livre des faits d'Alexandre le Grand

Esecuzione di Filota. Miniatura del Livre des faits d'Alexandre le Grand

Foto: J. Paul Getty Museum, Los Angeles

L’assassinio di Parmenione

Per Alessandro la congiura rappresentava un’ottima scusa per liberarsi di Parmenione, con cui aveva delle divergenze politiche sempre più insanabili. Parmenione godeva da sempre di grande influenza a corte e nell’esercito, ma aveva anche un temperamento cauto, frutto di lunghi anni di servizio, che contrastava con la genialità frenetica e lungimirante di Alessandro. Queste circostanze avevano generato frequenti scontri tra i due in merito a questioni tattiche e strategie. Parmenione era anche totalmente all’oscuro di quanto avvenuto a suo figlio Filota, dato che era rimasto a Ecbatana per svolgere delle operazioni con le truppe straniere. E così, se l’esecuzione di Filota era stata ammantata di una parvenza di legalità, la fine di Parmenione non fu altro che un omicidio a tradimento dettato da ragioni di pura convenienza politica. Deciso una volta per tutte a ribadire la sua autorità personale, Alessandro inviò un manipolo di uomini a Ecbatana con l’ordine di eliminare Parmenione e soffocare qualsiasi tentativo di ribellione delle sue truppe.

Assassinio di Parmenione. Miniatura del Livre des faits d'Alexandre le Grand

Assassinio di Parmenione. Miniatura del Livre des faits d'Alexandre le Grand

Foto: J. Paul Getty, Los Angeles


Senza il controllo di Parmenione e degli altri esponenti della vecchia guardia, la condotta del sovrano iniziò a somigliare sempre più a quella degli autocrati orientali che aveva rovesciato. Il minimo sospetto di opposizione interna o esterna provocò ondate di repressioni e massacri indiscriminati.
Alessandro fu un immenso condottiero, ma aveva quell’incapacità di sopportare il dissenso tipica di chi accumula su di sé un potere eccessivo. E il potere del signore dell’Asia era ormai pressoché totale.

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