La città di Ai Khanoum (“Signora Luna” in uzbeko) è uno dei più affascinanti giacimenti archeologici della regione anticamente conosciuta come Battriana, nel nord-est dell’Afghanistan. La colonia fu fondata da veterani greci alla fine del IV secolo a.C., e alcuni autori la credono una delle famose Alessandrie d’Asia.
La città si trovava ai piedi del massiccio dell’Hindu Kush, su una collina alla confluenza dei fiumi Kokcha e Amu Darya. Per due secoli fu particolarmente florida e attiva grazie alle terre fertili, le pietre preziose e l’allevamento dei cavalli, e beneficiò di contatti e scambi commerciali con la civiltà cinese e quella indiana.
Panoramica di Ai Khanoum nella quale sono evidenti i buchi delle centinaia di scavi effettuati dai razziatori
Foto: Danita Delimont / Alamy / Aci
La storia del sito di Ai Khanoum ebbe inizio nel 1961 quando, durante una battuta di caccia, l’ultimo re dell’Afghanistan, Mohammad Zahir Shah, fece un’incredibile scoperta nel cortile di una casa di campagna: resti di colonne greche e altri oggetti che i locali avevano scovato nelle vicinanze.
Il re comunicò l’importante ritrovamento a Daniel Schlumberger, direttore della Delegazione archeologica francese in Afghanistan (Dafa), e si offrì di patrocinare gli scavi. Le prime ricognizioni avvennero nel novembre del 1964 e confermarono che, sotto la polvere accumulatasi nei secoli, giacevano le rovine di una città greca. Poco dopo, esattamente il 20 dicembre, il Kabul Times le dedicò in copertina una mappa e, nelle pagine interne, un’intervista al professor Schlumberger. In seguito la notizia apparve anche su altri importanti quotidiani, come Le Monde e The Guardian.
Molto di quanto sappiamo oggi circa l’ellenizzazione in Oriente di Alessandro Magno e dei suoi successori deriva da ciò che fu scoperto allora ad Ai Khanoum. Altri siti afgani di epoca ellenistica, come le Alessandrie d’Aria o di Arachosia, sono ancora sepolti sotto le moderne città di Herat e di Kandahar. E, dopo anni di scavi, nemmeno nell’allora metropoli della regione, Battra, l’attuale Balkh, gli archeologi della Dafa hanno potuto rinvenire materiali rilevanti.
Statere in oro con il busto di Antioco I ritrovato ad Ai Khanoum
Foto: Akg / Album
Ai Khanoum, invece, era come una “piccola Grecia” sulle sponde del fiume Amu Darya. Le campagne di scavi della Dafa, dirette da Paul Bernard e succedutesi dal 1965 al 1978, portarono alla luce una gran quantità di monete, iscrizioni e mosaici. Inoltre, vennero rinvenuti anche i resti di un vasto ginnasio, di un monumentale complesso di palazzi con porticati dorici e corinzi, e perfino un teatro che poteva accogliere all’incirca 6mila persone – grande, quindi, quasi quanto quello di Epidauro in Grecia. Per di più le rovine si erano conservate molto bene, giacché la città era stata abbandonata verso il 145 a.C., dopo essere stata messa a ferro e fuoco da nomadi yuezhi provenienti dalla Cina. Nella cavea del teatro, gli archeologi hanno rinvenuto, infatti, una pila di scheletri umani risalenti a quel periodo.
Un altro ritrovamento interessante, nel 1966, fu la lapide del Mausoleo di Kineas, considerato il fondatore della città. Su di essa il filosofo Clearco di Soli aveva ordinato di copiare, attorno alla metà del III secolo a.C., parte delle massime di Delfi. E così sembra quasi che sia Apollo a parlare dal suo oracolo: «Nell’infanzia, comportati bene; in giovinezza, controllati; nella mezz’età, sii giusto; in vecchiaia, dà saggi consigli; nella morte non sentire dolore».
Durante gli scavi successivi, nel cosiddetto “tesoro del palazzo” furono scoperti ostraka con documenti in greco di carattere amministrativo, e perfino (con grande sorpresa degli archeologi) frammenti di un papiro con un dialogo del filosofo Aristotele dato per disperso. In quegli anni vennero pure alla luce statuette, terrecotte e decine di monete greche con i nomi di diversi re greco-battriani e greco-indiani. I reperti furono catalogati e registrati al Museo nazionale di Kabul, anche se parte di quel materiale, assieme alle fotografie e ai diari di campo, fu poi mandato al Museo delle arti orientali di Parigi.
Simbiosi culturale
Ai Khanoum aveva una forte identità greca, ma rimase una città cosmopolita: sulle scritte i nomi iranici e battriani si alternavano a quelli greci, e anche il tempio principale della città, dedicato a Zeus, sembrava ispirato alle ziqqurat mesopotamiche. E infatti all’interno venne scoperto un oggetto particolare: un disco che rappresenta Helios, Cibele e un sacerdote iranico intento a fare un’offerta su un altare di fuoco.
Disco ritrovato nel tempio maggiore. Vi si possono scorgere la dea Cibele, il busto di Helios e un sacerdote iranico
Foto: Fine Art Images / Album
Ai Khanoum fu sempre ricca, soprattutto per lo sfruttamento delle vicine miniere di lapislazzuli nel Badakhshan: nel tesoro del palazzo c’erano ancora pietre non lavorate. Prosperò economicamente grazie anche alle relazioni commerciali con Cina e India, che permisero la circolazione sia di spezie e manufatti in agata e avorio sia di idee scientifiche e credenze religiose della tradizione induista e buddista.
Guerra e distruzione
Sfortunatamente la sorte del giacimento di Ai Khanoum è andata di pari passo con quella dell’Afghanistan. E il sito, nonché l’intero patrimonio culturale, ha sofferto quanto il Paese, gravemente piagato dai continui conflitti. Gli scavi francesi dovettero essere sospesi nel 1979 a causa dell’invasione sovietica e per decenni fu impossibile entrare nel Paese, poiché a quella guerra catastrofica, durata sino al 1989, seguì una violenta guerra civile fino al 2001. Quando la Dafa tornò ad Ai Khanoum nel 2002, la devastazione era totale: buchi grandi quanto crateri testimoniavano l’entità della spoliazione; solo alcuni capitelli erano sopravvissuti nelle case da tè dei dintorni. E i pezzi depositati al Museo nazionale di Kabul avevano subìto la campagna iconoclasta dei talebani. Fortunatamente, però, nel 1989 parte della collezione era stata messa sotto chiave nei depositi sigillati della Banca centrale dell’Afghanistan, depositi che furono riaperti nel 2003.
Nel villaggio di Khoja Bahoudin furono ritrovati integri alcuni reperti del vicino sito di Ai Khanoum, come i capitelli greco-battriani dell’immagine
Foto: Patrick Robert / Getty Images