Porto di New York, primo maggio 1915. Un gran fermento anima il molo 54 della Cunard. Il transatlantico Lusitania sta per salpare per Liverpool in quella che sarà la sua traversata atlantica numero 202. Entrata in servizio nel 1907, è lunga circa 240 metri, può trasportare sino a 2198 passeggeri in tre classi e 850 membri d’equipaggio. Assieme alle sorelle Mauretania e Aquitania (battezzate coi nomi delle antiche province romane) la pubblicità dell’epoca della Cunard le ha definite i veloci “Monarchi dei Mari”. Operano nella tratta Liverpool - New York - Boston via Queenstown (Irlanda) e fanno concorrenza ai tre super transatlantici Olympic, Titanic e Britannic della rivale White Star Line.
Il transatlantico Lusitania fu costruito dalla Cunard Steamship nel 1906
Foto: The print collector / Heritage Image
Ma quel giorno a New York alcuni passeggeri mostrano una certa preoccupazione. Appena una settimana prima della partenza, infatti, l’ambasciata imperiale tedesca di Washington pubblica un sinistro annuncio su alcuni giornali americani: «Avviso! Ai viaggiatori che intendono intraprendere la traversata atlantica si ricorda che tra la Germania e la Gran Bretagna esiste uno Stato di guerra. Si ricorda che la zona di guerra comprende le acque adiacenti alla Gran Bretagna e che, in conformità di un preavviso formale da parte del Governo Tedesco, le imbarcazioni battenti la bandiera della Gran Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi alleati sono passibili di distruzione una volta entrati in quelle stesse acque». Però, nella sua traversata il Lusitania non batterà alcuna bandiera. Questo escamotage è adottato proprio per confondere il nemico in caso di avvistamento, anche se i suoi quattro fumaioli e i due alberi maestro la rendono ben nota.
Cattivi presagi
Per una sinistra casualità, il New York World pubblica tale annuncio proprio accanto alla pubblicità del Lusitania, Tanto che alcuni lo interpretano come un avvertimento diretto proprio al transatlantico. Sono giorni frenetici in quel primo anno di guerra: lo spionaggio tedesco sospetta che sulle navi passeggeri per l’Europa si mascherino traffici di materiale bellico. Londra necessita disperatamente di aiuti e Berlino è convinta che questi possano giungere da Washington nonostante la neutralità statunitense. Così per trovare delle prove concrete di questi aiuti, tre agenti germanici s’imbarcano sul Lusitania, col compito di verificare se nelle stive vi siano realmente munizioni o materiale bellico diretto in Europa. Poco tempo dopo la partenza, però, i tre vengono scoperti e imprigionati a bordo.
L'avvertimento dell'ambasciata tedesca pubblicato sul New York Herald del primo maggio 1915
Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press
Dopo sei giorni di navigazione, il Lusitania avvista le coste irlandesi e il promontorio dell’Old Head di Kinsale. Allo stesso tempo entra però nella zona di guerra infestata dai famigerati U-Boot – abbreviazione di Untersee-Boot, letteralmente “battello sottomarino” – tedeschi. A dieci miglia dalla costa un banco di nebbia avvolge la nave e il capitano William Turner ordina avanti adagio come da procedure. Il Lusitania però non è solo: un periscopio ne osserva la sua inconfondibile sagoma. È l’U-20 della Kaiserliche Krieg Marine (la marina da guerra imperiale tedesca) comandato dal capitano Walther Schwieger, che giorni prima nella stessa zona ha affondato del naviglio. È allora che inizia la caccia, silenziosa e rapida, che culminerà alle 14.10, quando il transatlantico si troverà nel mirino tedesco.
Diciotto minuti
Schwieger ordina di sparare i siluri e, pochi secondi dopo, sul Lusitaniaun’esplosione fa trasalire passeggeri ed equipaggio ed inclina l’imbarcazione verso la prua. Pochi istanti e un’altra deflagrazione, più violenta, condanna il transatlantico che s’inclina rapidamente. Alle 14.30, mentre i raggi del sole penetrano attraverso il banco di nebbia, il lussuoso Lusitania non esiste più. Affonda in appena diciotto minuti trascinando con sé 1201 persone. Dal vicino villaggio di Kinsale e dal vicino porto di Queenstown, oggi Cobh, partono i soccorsi. Battelli da pesca, imbarcazioni militari e private, tutte si riversano nelle acque antistanti la tragedia. Solo sei delle quarantotto scialuppe del Lusitania giungono a Queenstown in tarda serata assieme ai 761 sopravvissuti.
Per giorni nel piccolo porto affluiscono le salme recuperate. Per la seconda volta in tre anni, la storia si ferma tragicamente in questo piccolo centro. Queenstown è infatti l’ultimo porto del Titanic, dove l’11 aprile 1912 si sono imbarcati 123 passeggeri. Importante scalo per le rotte da e per l’America, la Cunard e la White Star vi hanno i loro uffici marittimi, separati da appena un centinaio di metri e da una darsena. Cunard e White Star, due compagnie rivali, distanti appena lo spazio di un molo, ma accomunate dalla tragica perdita delle loro navi. E per gli incredibili intrecci della storia, a Cobh è solita fare scalo anche un’altra nave della Cunard, la Carpathia, che ha soccorso i naufraghi nella tragica notte del Titanic e che, ironia della sorte, subisce lo stesso destino del Lusitania. Viene infatti silurata nel 1918 dall’U-Boot 55 nei pressi del faro di Falsnet a sud-ovest delle coste irlandesi.
Uomini spingono a riva le scialuppe del Lusitania, affondato al largo delle coste irlandesi il 7 maggio 1915
Foto: The print collector / Heritage Image
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Caccia al tedesco
La notizia della perdita del Lusitania presto fa il giro del mondo. Il Boston Evening Globe titola: «Lusitania affondato. Silurato dai tedeschi al largo della costa irlandese». E mentre sulla stampa escono gli ultimi aggiornamenti sulla tragedia, lo sconcerto nell’opinione pubblica aumenta. Ben presto inizia a dilagare un sentimento antigermanico, come dimostrato da quanto accade a Cobh nei giorni seguenti. Per coordinare l’emergenza, l’esercito requisisce il sontuoso Queen’s Hotel (oggi Commodore Hotel) per dare riparo ai sopravvissuti. Il proprietario è Otto Humbert, tedesco di nascita ma naturalizzato britannico perché sposato con un’inglese. È l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Nei giorni immediatamente successivi al naufragio, Humbert è vittima del risentimento popolare. Una folla inferocita si raduna fuori dall’hotel con l’intento di raderlo al suolo perché gestito da un tedesco. La situazione degenera al punto tale che Humbert si nasconde per tre giorni con la sua famiglia nella cantina dell’edificio.
La vicenda suscita una tale ondata di psicosi collettiva che approda addirittura al parlamento inglese. Il parlamentare Joynson Hicks interroga il primo Lord dell’Ammiragliato – il capo politico della marina militare del Regno Unito: vuole sapere se è a conoscenza dell’esistenza di Humbert in Queenstown e quali misure siano state adottate per controllarlo. Humbert non è colpevole di nulla, ma è comunque costantemente monitorato e ne viene preso in considerazione l’allontanamento dalla città. Alla fine è lui stesso a decidere di emigrare in America. La versione ufficiale è che lui e la sua famiglia non riescono più a sostenere il peso della situazione a Cobh, ma è lecito pensare che abbiano ricevuto pressioni che li abbiano condotti all’espatrio. La sua storia finisce addirittura nelle pagine del New York Times, che che in un articolo racconta dell’"esilio volontario" di Humbert, giunto negli Stati Uniti il 7 giugno 1915 assieme alla sua famiglia.
Rotocalcografia pubblicata dal New York Times nel 1919: "L'affondamento del Lusitania, la più grande tragedia dell'oceano"
Foto: Cordon Press
La casa dei relitti
Oggi Cobh conserva ancora le testimonianze di quelle storie di navi che s’intrecciarono più di un secolo fa. Non esistono più monarchi dei mari, ma esiste ancora la stazione marittima della White Star Line trasformata in un piccolo museo sul Titanic. Esiste l’originale pontile in legno da dove i passeggeri salirono a bordo delle lance per imbarcarsi sul transatlantico ormeggiato in rada. Cento metri più in là sorge un vecchio edificio che fu la sede della Cunard. Sul muro laterale una lapide ricorda le vittime nell’affondamento del Lusitania; un monumento a circa cinquanta metri dal Commodore Hotel ne commemora la tragedia. I corpi dei passeggeri del Lusitania oggi giacciono in tre fosse comuni nel piccolo cimitero di Cobh. Mentre a Kinsale, dove tutto ebbe inizio, sorge un memoriale e un piccolo museo con reperti recuperati dal relitto nel corso delle diverse spedizioni succedutesi negli anni, l’ultima proprio nell’agosto 2021.
Una di queste apposite spedizioni, pochi anni fa ha rinvenuto prove dei resti di 1250 cassette di granate Shrapnel, circa 5000 di cartucce e 2000 di munizioni, imbarcate come merci ‘generiche’ e andate affondo assieme a 1201 anime. La notizia ha contribuito a riaprire il dibattito sul caso Lusitania: alcuni sostengono che la seconda deflagrazione fu causata dalle munizioni a bordo; altri dicono che fu dovuta all’esplosione delle caldaie pochi secondi dopo l’impatto del siluro tedesco.
Memoriale in ricordo dell'affondamento del Lusitania a Kinsale, Irlanda
Foto: © Alberto Cauli
Caso tutt'altro che chiuso
A distanza di anni, rimane sconcertante il fatto che il Lusitania viene lasciato solo alla mercé degli U-Boot, nonostante la Royal Navy abbia promesso una scorta militare una volta giunta a 40 miglia dalle coste irlandesi. Quel pomeriggio, però, l’incrociatore Juno, designato a tale scopo e di stanza a Queenstown, viene fatto rientrare, nonostante sul Lusitania il capitano Turner crede ancora di essere sotto scorta. Quando lancia l’SOS, lo Juno salpa nuovamente da Queenstown per prestare soccorso al transatlantico, ma viene ancora una volta richiamato indietro per paura di un nuovo attacco da parte degli U-Boot. Al disastro segue un’inchiesta che, ancora una volta, è affidata a uno specialista di naufragi: Lord Mersey. Era stato lui, tre anni prima, a condurre l’inchiesta britannica sull’affondamento del Titanic. L’indagine stabilisce che non vi è traccia di materiale bellico e che la seconda esplosione è stata causata dal lancio di un altro siluro, anche se i tedeschi sostengono di averne sparato solo uno. Il capitano Turner, la Cunard e la Royal Navy sono prosciolti da ogni accusa di negligenza, anche se Turner è inizialmente criticato per aver esposto la sua nave al pericolo quando ha rallentato per attraversare il banco di nebbia.
A caso chiuso rimangono le dichiarazioni di Lord Mersey, che definisce la questione del Lusitania«un affare dannatamente sporco», che oltre un secolo dopo presenta ancora diversi interrogativi da risolvere.
Molo della White Star Line, da cui s'imbarcarono sul Titanic gli ultimi passeggeri. Cobh, Irlanda
Foto: © Alberto Cauli
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