Quando nel 1519 una piccola flotta spagnola proveniente da Cuba e composta da 11 vascelli e poco meno di 600 uomini sbarcò sulla costa del sud del Messico, Tenochtitlan era una delle città più grandi del mondo. Gli storici calcolano che avesse tra i duecentomila e i trecentomila abitanti, quindi all’epoca era più popolosa di Roma, Siviglia o Parigi, e appena dietro a megalopoli come Baghdad, Costantinopoli o Pechino.
A dispetto delle sue grandi dimensioni, Tenochtitlan era relativamente recente: era stata fondata all’incirca duecento anni prima dai mexica (un popolo proveniente dal nord, meglio conosciuti come aztechi, che però è un termine che sarebbe stato introdotto più tardi), in un luogo non esattamente ospitale: una serie di isolotti sul lago Texcoco, probabilmente l’unica zona dove le altre popolazioni locali li avevano lasciati insediarsi. I mexica recuperarono terreni alla laguna tramite avanzati sistemi di drenaggio e costruirono una città che per certi versi poteva ricordare Venezia.
Tenochtitlan, capitale dell'impero azteco. Illustrazione contenuta nell'atlante tedesco 'Civitates Orbis Terrarum' del 1572
Foto: Everett / Cordon Press
Aveva una rete di ponti che la collegava a terra, strade e canali dove la gente si spostava in canoa. Poco più di un secolo dopo la sua fondazione, Tenochtitlan era una metropoli con piazze, palazzi, mercati e una fiorente vita commerciale. Aveva un acquedotto e, anche se non era dotata di una vera e propria rete fognaria, disponeva di un efficace sistema di raccolta dei rifiuti e degli escrementi che consentiva di mantenere un livello di pulizia che avrebbe lasciato a bocca aperta i conquistadores Eppure, due anni dopo lo sbarco del contingente spagnolo guidato da Hernán Cortés e al termine di un assedio durato all’incirca tre mesi, della città non rimaneva praticamente più nulla, e nemmeno dell’impero di cui era stata capitale.
Perché?
La rapidità del crollo di un impero di diversi milioni di abitanti, che si estendeva dall’Atlantico al Pacifico, non ha mai smesso di destare interrogativi. L’impero azteco non era vecchio né in decadenza, ma recente (aveva meno di un secolo) e al culmine del suo potere. Perché si sgretolò in un tempo così breve sotto l’impatto degli europei? Una prima ragione abbastanza ovvia su cui si è concentrata la storiografia è la superiorità della tecnologia bellica spagnola. I mexica avevano da poco appreso la lavorazione del rame e dell’argento, che utilizzavano soprattutto per scopi ornamentali. Gli spagnoli invece avevano spade e armature in acciaio, ma anche cannoni e archibugi, cavalli e grandi imbarcazioni – tutte novità per le popolazioni mesoamericane.
Tuttavia la tecnologia militare rappresenta un vantaggio innegabile ma non insormontabile. I mexica iniziarono ben presto a trovare delle contromisure alle innovazioni belliche degli avversari, come dimostra il fatto che in un primo momento riuscirono a cacciarli da Tenochtitlan.
Scontri tra i mexica e le truppe di Hernán Cortés a Tenochtitlan. 1520
Foto: Ann Ronan Picture Library / Heritage / Cordon Press
Notti tristi e armi biologiche
Nel maggio del 1520, per motivi non del tutto chiari, gli spagnoli – che già da mesi erano entrati a Tenochtitlan, accolti con una sorta di pacifica rassegnazione dalla classe dirigente locale – compirono una strage di centinaia di nobili aztechi nel principale tempio cittadino. La città sprofondò nel caos per varie settimane. La notte del 30 giugno, di fronte alla crescente instabilità della situazione, le truppe di Cortés e i loro alleati decisero di abbandonarla dopo averne razziato i tesori. La loro fuga notturna fu però intercettata dalle truppe azteche. Ne seguì una battaglia feroce, combattuta strada per strada. È la famosa noche triste (triste per gli spagnoli, evidentemente), nella quale furono massacrati circa due terzi dei soldati di Cortés. I conquistadores ripiegarono nei territori sotto il loro controllo, dove avrebbero ricevuto rinforzi. Dopotutto, non erano invincibili.
E qui entra in gioco quello che fu uno dei principali fattori del collasso della civiltà mesoamericana: le malattie europee. Proprio nelle settimane successive alla fuga di Cortés da Tenochtitlan, un’epidemia di vaiolo si abbatté sulla città, uccidendo migliaia di persone, tra cui lo stesso imperatore Cuitlàhuac (che era succeduto a Moctezuma, morto in circostanza non chiare mentre si trovava ostaggio dei conquistadores). Con le navi spagnole erano arrivati sulle coste americane dei germi sconosciuti alle popolazioni locali, frutto di millenni di coabitazione delle civiltà euroasiatiche con animali da allevamento che nel nuovo continente non esistevano nemmeno. Il vaiolo si rivelò la piaga più devastante: in meno di un secolo, la popolazione della valle del Messico passò da venti milioni a poco più di un milione e mezzo di persone.
Illustrazione tratta dal 'Codice fiorentino' (1575 circa): i mexica si ammalano e muoiono di vaiolo
Foto: Cordon Press
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Diplomazia
Ma c’è un’altra questione ancora più sostanziale. Non è esatto affermare che Cortés sconfisse l’enorme esercito azteco con un ridotto manipolo di poche centinaia di soldati. Lo sconfisse costruendo una coalizione di popolazioni locali, sottomesse in precedenza al dominio dagli aztechi, che decisero di ribellarsi ai loro oppressori e misero a disposizione decine di migliaia di guerrieri.
Quando nel 1521 Cortés torna a Tenochtitlan per iniziare l’assedio, gli spagnoli che lo accompagnano sono effettivamente un gruppo ridotto: appena settecento fanti, 86 cavalieri, 118 archibugieri. Ma al loro fianco c’è un immenso esercito di oltre 50mila guerrieri tlaxcaltechi e altre popolazioni locali.
L’impero azteco era una costruzione relativamente recente. Era sorto nel 1428 in seguito alla cosiddetta Triplice alleanza, un patto tra tre città-stato della valle del Messico – Tenochtitlan, Texcoco e Tlacopan – che aveva messo fine al precedente dominio dei tepanechi. In pochi decenni le tre città sottomisero quasi tutti i piccoli stati dell'attuale Messico meridionale, creando un impero costituito all’incirca da 317 città tributarie. In molte di queste serpeggiava il malcontento e l’insofferenza verso i nuovi signori. Ma i mexica avevano anche dei nemici esterni, tra le popolazioni che non erano riusciti a sottomettere. Il più importante era Tlaxcala, che guidava una confederazione di città-stato unite in una sorta di repubblica.
Dettaglio del dipinto murale La Gran Tenochtitlan, realizzato da Diego Rivera nel Palazzo Nazionale di Città del Messico
Foto: Roger Viollet / Cordon Press
Fin dal momento dello sbarco, Cortés alternò guerra e diplomazia, stringendo accordi prima con i totonachi, che misero a disposizione 13mila soldati, e poi con la stessa Tlaxcala, che vedeva nell’alleanza con gli spagnoli un’opportunità per ridimensionare l’espansionismo azteco. Come dimostra l’esempio della Triplice alleanza, non era la prima volta che in Mesoamerica si stabilivano patti per rovesciare imperi. Molte popolazioni locali non vivevano l’avanzata di Cortés e delle sue truppe come uno scontro tra due mondi – spagnoli contro nativi – ma piuttosto come un’opportunità per rovesciare i loro nemici storici. I mesoamericani non furono insomma degli attori passivi di un dramma che si abbatté su di loro dall’esterno, ma parteciparono attivamente al crollo dell’impero azteco, probabilmente consapevoli del fatto che li avrebbe esposti a una nuova dominazione, ignota ma non necessariamente peggiore.
Dal canto loro, gli aztechi capivano l’importanza del gioco diplomatico. Fino all’ultimo provarono a spezzare la coalizione di Cortés presentando varie offerte di pace a Tlaxcala. Ma furono tutte respinte. I tlaxcaltechi ritennero più vantaggioso per loro mantenere gli accordi con Cortés. Poi, nel 1520, in seguito a una serie di lotte di successione interne, anche Texcoco abbandonò gli aztechi e passò dalla parte di Cortés. Era la fine della Triplice alleanza. Le sorti dell’impero erano ormai segnate. Il 22 maggio un gigantesco esercito iniziò l’assedio della capitale.
Tenoctitlan. Dettaglio di un murale opera di Diego Rivera. Museo di antropologia, Città del Messico
Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press
Tramonto triste azteco
Ci vollero dieci settimane per piegare Tenochtitlan, e tutta l’esperienza in fatto di assedi che gli spagnoli avevano maturato in secoli di reconquista contro i regni musulmani. Cortés interruppe la fornitura di acqua potabile e di derrate alimentari alla città, e fece costruire tredici brigantini con cui attaccarla dall’acqua. Il 13 agosto del 1521, martoriata dalla fame, dall’epidemia e dalla potenza soverchiante degli avversari, Tenochtitlan cadde. Gli spagnoli e i loro alleati mesoamericani la rasero al suolo e massacrarono quel che restava della classe dirigente mexica. L’obiettivo era stato raggiunto, l’impero era stato abbattuto. Cominciava la fase del dominio coloniale spagnolo che si sarebbe protratta per trecento anni.
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