Arte

51 / 151
Edizione del XV secolo di 'De mulieribus claris' di Giovanni Boccaccio, British Library, Londra

51 / 151

Edizione del XV secolo di 'De mulieribus claris' di Giovanni Boccaccio, British Library, Londra

In questa miniatura, tratta da un’altra edizione del De mulieribus claris di Boccaccio, è rappresentata Timarete, una pittrice greca figlia dell’ateniese Micone il minore, anch’egli artista. Nell’immagine sta realizzando l’opera per cui è nota ancora oggi: un ritratto su tavola della dea Artemide, cui la giovane era particolarmente devota.

Foto: Pubblico dominio

Edizione francese del XV secolo di 'De mulieribus claris' di Giovanni Boccaccio, Bibliothèque nationale de France, Parigi

52 / 151

Edizione francese del XV secolo di 'De mulieribus claris' di Giovanni Boccaccio, Bibliothèque nationale de France, Parigi

Nel De mulieribus claris (1361-1362) Giovanni Boccaccio descrive la vita di oltre cento donne famose vissute tra l’età antica e il Medioevo. In quest’edizione francese del XV secolo, le biografie sono corredate da eleganti miniature.  Qui è rappresentata Iaia (o Marzia) una pittrice vissuta a Roma tra il II e il I secolo a.C. Indossa abiti medievali e si trova nel suo studio, intenta a dipingere il suo autoritratto.

 

Foto: Pubblico dominio

Vangeli di Ebbone, Marco, Bibliothèque municipale, Epernay

53 / 151

Vangeli di Ebbone, Marco, Bibliothèque municipale, Epernay

L’arcivescovo di Reims, Ebbone, raccolse nello scritporium dell’abbazia di Hautvillers i monaci che realizzarono i vangeli da cui deriva questo ritratto di San Marco. L’evangelista è colto mentre volge lo sguardo verso il leone alato, suo simbolo, in cerca d’ispirazione. È rappresentato frontalmente ma con la testa ruotata e il corpo in tensione. Anche Giovanni e Luca sono rappresentati in atteggiamenti simili, mentre Matteo è l’unico che non guarda verso l’alto ma, evidentemente già ispirato, si accinge a scrivere.

Foto: Pubblico dominio

Prendersi cura di un tesoro

54 / 151

Prendersi cura di un tesoro

La stele di Rosetta sottoposta a lavori di restauro dal curatore Nic Lee, nella galleria di scultura egizia del British Museum di Londra.

Foto: Edmond Terakopian / AP / PA

Jean- François Champollion

55 / 151

Jean- François Champollion

Ritratto a olio di Jean- François Champollion datato al 1831. Il quadro è esposto al Museo del Louvre a Parigi. Fu Champollion a decifrare i geroglifici egizi nel 1822, attraverso la stele di Rosetta.

Foto: Museo del Louvre

John Everett Millais, Ofelia, 1851-1852, Tate Gallery, Londra

56 / 151

John Everett Millais, Ofelia, 1851-1852, Tate Gallery, Londra

L’opera illustra un passo dell’Amleto di Shakespeare. Ofelia, innamorata respinta dal protagonista, si lascia morire nel ruscello in cui è caduta mentre stava raccogliendo dei fiori. Millais realizzò il dipinto in due fasi: il paesaggio fu dipinto dal vero, mentre la figura umana fu realizzata nel suo studio. La modella è Elizabeth Siddal – di cui forse il pittore era innamorato platonicamente – e fu a causa di quest’opera che la modella si ammalò: quando il riscaldamento della vasca in cui era immersa si spense, lei rimase stoicamente nell’acqua fredda per permettere al pittore di terminare il suo quadro. L’opera fu esposta per la prima volta nel 1852 ma ottenne solo tiepidi consensi.

Foto: Pubblico dominio

Dante Gabriel Rossetti, 'Proserpina', 1874, Tate Britain, Londra

57 / 151

Dante Gabriel Rossetti, 'Proserpina', 1874, Tate Britain, Londra

Questo dipinto rappresenta la modella Jane Burden, moglie dell’artista William Morris e nuova fiamma di Rossetti. Si conobbero a una rappresentazione teatrale quando Lizzie era ancora in vita: l’interesse dell’uomo verso Jane suscitò la gelosia della moglie. Nel 1859 Jane Burden sposò Morris ma dopo la morte della moglie di Rossetti, la loro “amicizia” si concretizzò in un legame che durò più o meno fino alla morte del pittore. In questo dipinto Rossetti la rappresenta come Proserpina, la dea costretta a sposare Ade, il terrificante dio degli Inferi. Secondo alcuni, l’opera alluderebbe all’infelice matrimonio della donna con Morris. 

 

Foto: Pubblico dominio

Dante Gabriel Rossetti, 'Elizabeth Siddal che legge', 1854

58 / 151

Dante Gabriel Rossetti, 'Elizabeth Siddal che legge', 1854

Nonostante la modesta condizione economica della sua famiglia non le avesse permesso di studiare molto, Elizabeth era una donna di grande cultura, come dimostrano le sue raccolte poetiche, che realizzò dopo le nozze. Questi sono, per esempio, i primi versi della struggente e malinconica poesia L’amore finito: «Non piangere mai per un amore finito/ poiché l’amore raramente è vero/ma cambia il suo aspetto dal blu al rosso/dal rosso più brillante al blu/e l’amore è destinato ad una morte precoce/ ed è così raramente vero».

Foto: Pubblico dominio

Dante Gabriel Rossetti, 'Beata Beatrix', 1864-1870, Tate Britain, Londra

59 / 151

Dante Gabriel Rossetti, 'Beata Beatrix', 1864-1870, Tate Britain, Londra

Fin da giovane Rossetti ammirò l’opera di Dante Alighieri e per alcuni aspetti si identificava con lui. Così, per esempio, associò il dolore di Dante Alighieri per la morte di Beatrice con il proprio per la scomparsa della moglie. In quest’opera, dunque, Elisabeth si trasforma nella Beatrice della Vita Nuova. La donna, rappresentata di tre quarti, ha gli occhi chiusi e le mani congiunte mentre sta per essere chiamata in Paradiso. Sullo sfondo s’intravedono una meridiana con il numero 9 (numero simbolico per Alighieri), il sommo poeta (che rappresenta anche Rossetti) e la personificazione di Amore. 

 

Foto: Pubblico dominio

Elizabeth Siddal, 'Lady Clare', 1857, collezione privata

60 / 151

Elizabeth Siddal, 'Lady Clare', 1857, collezione privata

Grazie anche agli insegnamenti del compagno, Siddal dipinse diverse opere in stile preraffaellita (esponendo con loro in una mostra del 1857), come quest’acquarello ispirato al ciclo di re Artù. Intorno al 1855 il critico d’arte John Ruskin, affascinato dallo stile della donna, sovvenzionò la sua carriera, offrendosi di acquistare molte sue opere per centocinquanta sterline. In una lettera a un amico, Rossetti scrisse che Ruskin «[…] ha visto e comprato ogni pezzo finora prodotto da miss Siddal. Dichiarò che erano di gran lunga migliori dei miei, o quasi di chiunque altro, e sembrava quasi impazzito per il desiderio di ottenerli […]». I dipinti di Elizabeth Siddal consistevano principalmente in disegni a penna o carboncino su carta o in acquarelli.

 

Foto: Pubblico dominio

'Office at Night', 1940, Walker art center, Minneapolis

61 / 151

'Office at Night', 1940, Walker art center, Minneapolis

L’opera rappresenta l’interno di un ufficio, dove un uomo è seduto alla scrivania intento a leggere, mentre una donna, in piedi con un tubino blu ripone dei documenti in archivio. La presenza di un’altra scrivania fa supporre che la donna sia una collega o la segretaria. La presenza di un foglio per terra fa supporre che lei si stia per chinare a raccoglierlo, forse cercando così di attirare l’attenzione dell’uomo. Hopper, infatti, evidenzia l’incomunicabilità che intercorre tra i personaggi. Ancora una volta, la modella è probabilmente Jo, di cui l'autore modificò la fisicità per creare una donna dall’aspetto più sensuale.

 

Foto: Pubblico dominio

'Hotel Lobby', 1943, Museo d’arte di Indianapolis, Indiana

62 / 151

'Hotel Lobby', 1943, Museo d’arte di Indianapolis, Indiana

In quest’olio Hopper raffigura due donne e un uomo nella hall di un albergo. Una delle due donne, più giovane, è intenta a leggere un libro, mentre l’altra donna, vestita di rosso e più anziana è in compagnia di un uomo della stessa età. La coppia presumibilmente allude al pittore e sua moglie, all’epoca sessantenni. Hopper si era rappresentato insieme a Josephine anche un ventennio dopo, nel 1966, in Two Comedians in cui sono su di un palco vestiti da Pierrot, nell’atto di ringraziare il pubblico: una sorta di testamento pittorico dell’artista che sarebbe morto l’anno successivo, a ottantacinque anni. 

Foto: Pubblico dominio

'Automat', Des Moines Art Center, 1927, Iowa

63 / 151

'Automat', Des Moines Art Center, 1927, Iowa

Il dipinto rappresenta una donna che siede da sola al tavolo, davanti a una tazza di caffè erogato da un distributore automatico. La modella è Josephine, ma come spesso accadeva, Hopper ne modificò l’aspetto fisico. In primis, la ringiovanì, in quanto nel 1927 la donna aveva già compiuto 44 anni, mentre la donna della tela ne mostra molti meno. Inoltre, Jo era una donna formosa, mentre nel dipinto appare con un seno piatto. 

 

Foto: Pubblico dominio

'Nighthawks', 1942, Art Institute of Chicago, Illinois

64 / 151

'Nighthawks', 1942, Art Institute of Chicago, Illinois

Si tratta di una delle più celebri pitture di Hopper, e raffigura i pochi avventori di una tavola calda nel Greenwich Village visti dalla grande vetrata del locale. La luce all’interno illumina parzialmente anche l’esterno, mostrando il paesaggio urbano solitario. Jo posò per la figura femminile, mentre il marito per gli altri clienti, aiutandosi con uno specchio. Quando l’opera fu esposta Nivison (che già aveva aiutato il marito a scegliere il titolo dell’opera) convinse Daniel Catton Rich dell’Art Istitute of Chicago ad andare a vederla e alla fine l’uomo l'acquistò.

Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press

Mattia Preti, San Giorgio a cavallo, concattedrale di San Giovanni, La Valletta, Malta, 1659 circa

65 / 151

Mattia Preti, San Giorgio a cavallo, concattedrale di San Giovanni, La Valletta, Malta, 1659 circa

L’opera fu commissionata da Martin de Redin, gran maestro dell'ordine dei cavalieri di Malta, per essere collocata sull’altare maggiore della cappella della Lingua d’Aragona, Catalogna e Navarra della concattedrale di San Giovanni a La Valletta. Si racconta che, quando l’opera giunse a destinazione, il committente ne rimase così impressionato  da volere che tutti i cittadini andassero ad ammirarla. Del resto, è possibile che Mattia Preti si fosse particolarmente impegnato nell’esecuzione dell’opera, ritenuta un capolavoro del suo tardo stile napoletano, per cercare di far colpo sui vertici dell’ordine, desideroso di farne parte. Il santo è rappresentato a cavallo in trionfo, con il drago sconfitto ai suoi piedi e la principessa in secondo piano, mentre gli angeli che lo circondano sorreggono lo stendardo dei cavalieri.

 

Foto: Pubbico dominio

Mattia Preti, Le nozze di Cana, National Gallery, Londra, 1655 circa

66 / 151

Mattia Preti, Le nozze di Cana, National Gallery, Londra, 1655 circa

La scena, particolarmente affollata, illustra l’episodio evangelico in cui Gesù, Maria e i discepoli furono invitati a un banchetto nuziale a Cana, in Galilea, e in quest’occasione Cristo trasformò l’acqua in vino. Il gruppo è seduto in una tavola imbandita e fortemente scorciata. In primo piano i servitori fanno decantare il vino miracoloso e uno di essi ne versa un bicchiere al padrone di casa, vestito di rosso. Un commensale, seduto accanto alla Madonna, invece, assiste attonito all’evento. Secondo alcuni studi, il committente dell’opera potrebbe essere stato il mercante e banchiere fiammingo Gaspar Roomer.

 

Foto: Pubbico dominio

Mattia Preti, Omero, Galleria dell’Accademia di Venezia, 1635 circa

67 / 151

Mattia Preti, Omero, Galleria dell’Accademia di Venezia, 1635 circa

L’aedo è rappresentato a mezzo busto, con taglio quasi “fotografico”: scorciato leggermente dal basso verso l’alto, di traverso e con il corpo volto a destra. Ha la testa leggermente sollevata e ruotata a sinistra. Regge in mano un violino barocco ed è colto nell’atto di suonarlo per accompagnare i suoi versi con la musica di questo strumento. Il poeta cieco ha la testa cinta da una corona di alloro, chiaro simbolo della gloria poetica. Il dipinto è entrato nella collezione veneziana come opera di Caravaggio ma Roberto Longhi, nei primi anni quaranta del novecento, lo ha invece assegnato al periodo giovanile di Preti. Della tela esiste una copia antica conservata presso il Musée Fesch di Ajaccio.

 

Foto: Alinari / Cordon Press

Mattia Preti, Fuga da Troia, 1635-1640, Galleria nazionale di arte antica in palazzo Barberini (Roma)

68 / 151

Mattia Preti, Fuga da Troia, 1635-1640, Galleria nazionale di arte antica in palazzo Barberini (Roma)

L’opera rappresenta il famoso episodio dell’Eneide in cui Enea, dopo aver caricato l’anziano padre Anchise sulle spalle, fugge dalla città in fiamme dopo la conquista da parte degli achei. Sullo sfondo si intravede la moglie Creusa e in primo piano il giovane figlio Ascanio. Il gruppo esce da un edificio classicheggiante con veemenza, ma l’equilibrio formale della composizione rende tutta l’immagine molto solenne. Il forte contrasto tra le carni illuminate e il fondo scuro è un palese riferimento allo stile caravaggesco. Nell’opera, inoltre, si ravvisano rimandi allo stile neoveneziano-romano, di cui il pittore era estimatore. In passato, l’opera è stata attribuita ad altri artisti e solo agli inizi del novecento lo storico dell’arte Roberto Longhi l'assegnò definitivamente al periodo giovanile di Mattia Preti.

 

Foto: Pubbico dominio

Mattia Preti, Il concerto, 1630-1635, Hermitage, San Pietroburgo

69 / 151

Mattia Preti, Il concerto, 1630-1635, Hermitage, San Pietroburgo

La tipologia delle “mezze figure” (cioè a mezzo busto) era particolarmente apprezzata dai collezionisti del XVII secolo. Lo stesso Preti la utilizzò in più di un’occasione. In quest'opera, al centro della composizione vi è una donna con un ventaglio in mano, in compagnia di due giovani: uno suona una chitarra barocca mentre l’altro, di spalle e di tre quarti, suona la bombarda. Sul tavolo sono poggiati degli spartiti. La luce proviene da una fonte esterna in alto a sinistra e colpisce il suonatore di chitarra che volge lo sguardo verso lo spettatore. Anche il volto della donna rivolta verso di lui, dallo sguardo indagatore, è colpito da un raggio. Il dipinto apparteneva al collezionista francese Pierre Crozat e nella prima metà del XVIII secolo è passato alle collezioni dell’Hermitage. 

 

Foto: Pubbico dominio

Mary Cassatt, 'Al teatro', 1879, National Gallery of Art, Washington

70 / 151

Mary Cassatt, 'Al teatro', 1879, National Gallery of Art, Washington

L’opera, realizzata con la tecnica del pastello su carta, rappresenta Lydia, la sorella della pittrice, vestita con un elegante abito da sera. La donna è seduta vicino uno specchio che riflette la sua figura, mentre il lampadario alle sue spalle crea un effetto di controluce così come dei particolari effetti luministici sul corpo. Il disegno fu realizzato nel 1879 ed esposto alla mostra impressionista di quell’anno. 

 

Foto: Pubblico dominio

Eva Gonzalès, 'Tata e bambino', 1877-1878, National Gallery of Art, Washington

71 / 151

Eva Gonzalès, 'Tata e bambina', 1877-1878, National Gallery of Art, Washington

In primo piano vi è una bambina vista di spalle, che tiene le mani sulla grata che divide la strada dal giardinetto mentre la sua tata è seduta vicino a lei. La donna, che indossa un vaporoso abito bianco, ha un aspetto trasognato e regge debolmente in mano un mazzolino di fiori di campo: è assorta nei propri pensieri. Il dipinto è un chiaro riferimento alla Ferrovia di Manet, in cui vi è una bimba che compie un gesto identico. L’opera fu presentata al Salon del 1878.
 

Foto: Cordon Press

Mary Cassat, 'Gita in barca', 1893–94, National Gallery of Art, Washington

72 / 151

Mary Cassatt, 'Gita in barca', 1893–94, National Gallery of Art, Washington

Mary Cassatt rappresentò in moltissime opere i bambini o il rapporto madre-figlio. In questa tela, per esempio, una donna sorridente tiene in braccio un bambino mentre un uomo di cui non si vede il volto perché di spalle, sta remando. Non era raro che la pittrice tendesse a escludere le figure maschili da questo genere di soggetto.

Foto: Pubblico dominio

Mary Cassatt, 'Bambina in poltrona blu', 1878, National Gallery of Art, Washington

73 / 151

Mary Cassatt, 'Bambina in poltrona blu', 1878, National Gallery of Art, Washington

Il dipinto, uno dei più famosi della pittrice americana, rappresenta la figlia di alcuni amici di Degas. La bambina è seduta in una sgraziata posizione annoiata su una poltrona turchese mentre osserva un cagnolino steso sulla poltrona vicina. Le altre due sedute sullo sfondo contribuiscono a dare un forte senso di profondità alla tela. 

 

Foto: Pubblico dominio

Eva Gonzalès, 'Risveglio mattutino', 1877 circa. Kunsthalle de Brême

74 / 151

Eva Gonzalès, 'Risveglio mattutino', 1877 circa. Kunsthalle de Brême

Anche per questo dipinto Eva Gonzalès utilizzò sua sorella come modella. La giovane donna è rappresentata mentre apre pigramente gli occhi dopo aver dormito. È distesa sul suo letto e sul comodino si trovano un libro e un vaso di violette. I raggi del sole mattutino penetrano nella stanza facendo risaltare il candore delle lenzuola e della camicia da notte. Jeanne Gonzales fu dipinta dalla sorella in diverse occasioni. Quest’opera, in particolare, è abbinata al Sonno, in cui la giovane è rappresentata addormentata nel suo letto a baldacchino.

Foto: Pubblico dominio

Eva Gonzalès, 'Un palco al Théatre des Italiens', 1874, museo d’Orsay, Parigi

75 / 151

Eva Gonzalès, 'Un palco al Théatre des Italiens', 1874, museo d’Orsay, Parigi

I protagonisti dell’opera sono Jeanne, la sorella della pittrice, e Henri Guérard un pittore e incisore che dopo qualche anno sarebbe diventato suo marito. La coppia è colta mentre assiste a uno spettacolo teatrale: lei tiene in mano un binocolo da teatro e vicino ha un bouquet di fiori. Secondo alcuni, questo dettaglio potrebbe essere un omaggio all’Olympia di Manet, in cui la domestica della protagonista ha in mano un bouquet simile. Eva presentò l’opera in diverse mostre. Non era la prima volta che gli artisti impressionisti si erano cimentati con un tema così mondano: fu trattato, infatti, anche da Renoir e da Manet.

Foto: Pubblico dominio

Berthe Morisot, 'Eugène Manet all’isola di Wight', 1875, Museo Marmottan Monet, Parigi

76 / 151

Berthe Morisot, 'Eugène Manet all’isola di Wight', 1875, Museo Marmottan Monet, Parigi

Nel 1874 Berthe sposò il sensibile Eugène, fratello minore del grande maestro impressionista. A proposito del marito, affermò che con lui era “entrata nella parte positiva della vita dopo aver vissuto per tanti anni di chimere”. Eugène, che aveva anch’egli velleità artistiche, incoraggiò sempre la carriera della moglie. In questo dipinto, la pittrice rappresenta il marito mentre dalla loro casa sull’isola di Wight, dove si recavano spesso, osserva dalla finestra la strada con i passanti e il porto.

Foto: Pubblico dominio

Berthe Morisot, 'Giovane donna in tenuta da ballo', 1879, Museo d’Orsay, Parigi

77 / 151

Berthe Morisot, 'Giovane donna in tenuta da ballo', 1879, Museo d’Orsay, Parigi

Quest’olio rappresenta una giovane donna vestita con un elegante abito da ballo seduta davanti a una grande siepe. L’immagine gioca molto sugli effetti di luce, come si nota dai riflessi verdi della vegetazione che si riflettono sul tessuto del vestito. L’opera fu esposta alla quinta mostra impressionista del 1880 e poco tempo dopo fu acquistata dal pittore Giuseppe De Nittis. Successivamente finì nelle mani di un critico francese e, dopo altri passaggi, entrò nelle collezioni del museo d’Orsay.

Foto: Pubblico dominio

Berthe Morisot, 'La culla', 1872, Museo d’Orsay, Parigi

78 / 151

Berthe Morisot, 'La culla', 1872, Museo d’Orsay, Parigi

Il dipinto rappresenta Edma, la sorella dell’artista, mentre guarda la figlia Blanche nella culla. L’opera fu esposta in occasione della mostra impressionista del 1874. Le due sorelle erano molto legate e avevano preso insieme lezioni di pittura. Edma, però, aveva deciso di smettere di dipingere dopo aver sposato Adolphe Pontillon, un ufficiale di marina. Il legame tra le due donne fu sempre molto forte e Berthe rappresentò sua sorella in numerosi quadri. Ne 'La culla' illustra il dolce affetto tra madre e figlia: Edma ha un'espressione intensa e amorevole mentre osserva la bimba dormire. Tutt’intorno, le avvolge il bianco della mussola dipinta con delicate e sapienti pennellate.

Foto: Pubblico dominio

I primi passi, 1786-1788 ca. Hermitage, San Pietroburgo

79 / 151

I primi passi, 1786-1788 ca. Hermitage, San Pietroburgo

Si tratta di un’opera non di Fragonard, ma di Marguerite Gérard, sua cognata e allieva. Specializzatasi in tematiche intimistiche, spesso la pittrice rappresentò immagini madri con bambini, fanciulli intenti a giocare, tate e anche animali domestici. In quest’opera, rappresenta un gruppo di donne (presumibilmente mamme oppure tate) intente a seguire dei bambini nei loro primi passi. Uno di essi, dentro una sorta di girello per non cadere, avanza verso la mamma che lo attende con le braccia spalancate e un tenero sorriso. A differenza di Fragonard, la pittura di Gérard fu influenzata anche dal neoclassicismo.

 

Foto: Pubblico dominio

Giovane ragazza che legge, 1770 ca., National Gallery, Washington

80 / 151

Giovane ragazza che legge, 1770 ca., National Gallery, Washington

Il dipinto rappresenta una giovane donna abbigliata con uno splendente abito color limone, intenta a leggere un libro che tiene con una mano. L’altro braccio è posato sul bracciolo di una sedia su cui si trova un enorme e morbido cuscino su cui lei è poggiata. Meno sensuale di altre opere del pittore, è considerato uno dei suoi più interessanti dipinti di genere. La ragazza è colta di profilo, ma da alcune analisi diagnostiche è emerso che inizialmente volgeva lo sguardo verso lo spettatore.

 

Foto: Pubblico dominio

Il bacio rubato, 1788, Ermitage, San Pietroburgo

81 / 151

Il bacio rubato, 1788, Ermitage, San Pietroburgo

Il dipinto, appartenuto a Stanislao Augusto Poniatowski, ultimo re di Polonia, risente molto della pittura olandese, molto studiata da Fragonard, insieme a quella fiamminga e a quella barocca romana. Rappresenta una giovane donna che, lasciate le sue compagne in una stanza, s’incontra segretamente con un ragazzo che le ruba un bacio. La composizione si svolge su un asse diagonale che parte della linea del corpo della donna, prosegue sullo scialle posato su una poltrona e termina nella porta aperta in cui s’intravedono le amiche della protagonista.

 

Foto: Pubblico dominio

L’altalena, 1767, Wallace Collection, Londra

82 / 151

L’altalena, 1767, Wallace Collection, Londra

L’opera, conosciuta anche con il titolo I fortunati casi dell’altalena, è una delle più famose del pittore rococò. In un lussureggiante giardino, un uomo (in ombra) spinge una donna sull’altalena mentre lei sorride e vezzosamente lancia una scarpetta verso un giovane disteso in un cespuglio pieno di boccioli. L’uomo in ombra è l’ormai ex marito o spasimante della donna, palesemente sostituito nel suo interesse dal nuovo cicisbeo. Intorno al terzetto, tre statue di putti: uno di essi indica con il dito il gesto del silenzio, come a dire che il “tradimento” è ancora un segreto. 

 

Foto: Pubblico dominio

La camicia levata, 1770 ca. Louvre, Parigi

83 / 151

La camicia levata, 1770 ca. Louvre, Parigi

Il dipinto, conosciuto anche con il titolo Cupido che sfila la camicia a una donna sdraiata, è un’opera di piccolo formato dal taglio ovale, pensato per essere utilizzato come decoro di qualche mobile pregiato. Raffigura una giovane sdraiata sul letto mentre si sta sfilando la camicia da notte, aiutata da un putto o, secondo alcuni, proprio dal dio Cupido. Fragonard realizzò diversi dipinti si soggetto simile, come Fuoco alle polveri in cui una ragazza (probabilmente la medesima) è distesa sul letto completamente nuda, circondata da amorini che la stuzzicano e La Gimblette o Donna giovane sta giocando con un cane. Si tratta di opere cariche di sensualità e raffinato erotismo.

 

Foto: Pubblico dominio

La lettera d’amore, 1770 ca., Metropolitan Museum, New York

84 / 151

La lettera d’amore, 1770 ca., Metropolitan Museum, New York

La tela rappresenta l’interno di una stanza in cui una fanciulla, seduta davanti ad un elegante scrittoio posto davanti a una finestra, tiene in mano un mazzo di fiori e una lettera. Molto probabilmente si tratta di due omaggi di un suo ammiratore. La ragazza volge uno sguardo malizioso verso lo spettatore, facendo intendere di essere compiaciuta e lusingata dei doni ricevuti dallo spasimante. Una luce calda e soffusa che proviene dalla finestra inonda la stanza mettendo in evidenza il ricco abito della giovane e il pelo bianco del cagnolino seduto vicino a lei.

 

Foto: Pubblico dominio

Un vaso di fiori sulla finestra di un harem, 1881, Pinacoteca di Brera, Milano

85 / 151

Un vaso di fiori sulla finestra di un harem, 1881, Pinacoteca di Brera, Milano

Si tratta dell’ultima opera realizzata dall’artista, ormai novantenne. In un’ambientazione esotica, il vaso – ripreso con un taglio fortemente scorciato – traboccante di rigogliosi fiori, è il protagonista assoluto del dipinto. Lo regge Giuseppina Bina Hayez, nipote della figlia adottiva Angiolina, di cui Hayez amava particolarmente la bellezza delle mani.  Per volontà del pittore, alla sua morte l’opera entrò nelle collezioni di Brera.

 

Foto: Pubblico dominio

Il bacio, 1859, Pinacoteca di Brera, Milano

86 / 151

Il bacio, 1859, Pinacoteca di Brera, Milano

Il dipinto, forse l’opera più nota del pittore, rappresenta due giovani che si stanno scambiando un dolce e furtivo bacio. La scena, ambientata in un contesto medievale, suggerisce l’idea che si tratti dell’addio di un rivoluzionario alla donna amata. L’uomo, infatti, indossa un pugnale, seminascosto dal mantello e sullo sfondo si intravede la sagoma di un terzo personaggio, forse un altro cospiratore che lo attende per andare a unirsi a una rivolta. L’opera suscitò un immediato successo e fu indicato come il manifesto della pittura romantica italiana. Hayez ne realizzò altre versioni che presentano piccole differenze tra loro. In una di esse, per esempio, i significati patriotici sono ancora più evidenti, in quanto i colori degli abiti dei personaggi richiamano il tricolore italiano.

 

Foto: Pubblico dominio

I profughi di Parga, 1831, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

87 / 151

I profughi di Parga, 1831, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

In quest’opera Hayez descrive un fatto “di attualità”. Nel 1817, infatti, la città greca di Parga era stata ceduta dal governo britannico ai turchi. Gli abitanti, pur di non vivere assoggettati a loro, decisero di abbandonare la loro patria. Hayez rappresenta in primo piano un gruppo di uomini, donne e bambini che stanno per imbarcarsi verso Corfù, mentre in alto a sinistra si intravedono i turchi che stanno entrando nella città, arroccata su uno sperone roccioso. Molti cittadini sono disperati e alcuni volgono un ultimo sguardo alla propria terra. Il tema fu letto anche come un riferimento all’oppressione austriaca sul Lombardo-Veneto.

 

Foto: Pubblico dominio

Ritratto di Alessandro Manzoni, 1841, Pinacoteca di Brera, Milano

88 / 151

Ritratto di Alessandro Manzoni, 1841, Pinacoteca di Brera, Milano

Il dipinto fu commissionato dalla moglie dello scrittore, Teresa Borri Stampa, desiderosa di un’opera che descrivesse il marito in un contesto più familiare e quotidiano. Manzoni siede su una poltroncina in posa disinvolta, con il corpo rivolto a sinistra e lo sguardo teso verso lo spettatore ma assorto nei propri pensieri. Proprio per rendere l’atmosfera domestica non regge in mano un libro – come sarebbe stato facile immaginare – ma una tabacchiera. Per realizzare il quadro furono necessarie ben quindici sedute di posa.

Foto: Pubblico dominio

L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta, 1823, Villa Carlotta, Tremezzo (Como)

89 / 151

L’ultimo bacio di Romeo e Giulietta, 1823, Villa Carlotta, Tremezzo (Como)

L’olio illustra una scena del terzo atto del dramma di Shakespeare. Giunta ormai l'alba, Romeo sta per fuggire dal balcone ma si volta per dare un ultimo bacio all’amata. Giulietta lo abbraccia e lo bacia teneramente. Sullo sfondo s’intravede la nutrice che si sta precipitando per avvisare la coppia dell’arrivo della madre di lei. L’opera fu commissionata a Hayez dal conte Giovan Battista Sommariva e fu presentata a Milano all'esposizione annuale di Belle Arti di Brera del 1823. Carolina Zucchi, la donna amata dal pittore in quel periodo, posò come modella per Giulietta.

Foto: Pubblico dominio

Ritratto di Carolina Zucchi, 1825-1835, Musei civici, Monza

90 / 151

Ritratto di Carolina Zucchi, 1825-1835, Musei civici, Monza

Nel corso della sua vita, Francesco Hayez ebbe numerose relazioni sentimentali, ma probabilmente la donna che maggiormente amò fu Carolina Zucchi, un’intellettuale e artista appartenente alla ricca borghesia milanese. I due furono amanti per molto tempo e lei posò per diverse sue opere, tanto che spesso nell’ambiente era chiamata “la Fornarina di Hayez” (dal nome della modella e amante di Raffaello Sanzio). Tra i due vi fu una passione travolgente, tanto che il pittore s’immortalò con lei in una serie d’immagini erotiche molto spinte. Si tratta di venti disegni realizzati a matita su carta velina (il che fa supporre che il pittore ne avesse realizzato delle copie, forse da donare a Carolina stessa).

 

Foto: Giorgio Pallavicini - Own work, CC BY-SA 4.0, shorturl.at/knwI1

La congiura dei Lampugnani, 1826-1829, Pinacoteca di Brera, Milano

91 / 151

La congiura dei Lampugnani, 1826-1829, Pinacoteca di Brera, Milano

Rappresenta un evento storico accaduto il 26 dicembre 1476, quando il giovane milanese Giovanni Lampugnani insieme con altri due compagni tentò di assassinare il duca Galeazzo Maria Sforza nella chiesa di Santo Stefano per porre fine ai suoi atteggiamenti tirannici. La tela fu commissionata da Teresa Borri Stampa, futura moglie di Alessandro Manzoni. I protagonisti del dipinto furono associati ai cospiratori carbonari che erano animati dal medesimo desiderio di libertà.

Foto: Pubblico dominio

Atleta trionfante, 1813, Accademia di San Luca, Roma

92 / 151

Atleta trionfante, 1813, Accademia di San Luca, Roma

Il dipinto fu realizzato in occasione di un concorso istituito da Canova presso l’Accademia romana di San Luca e valse a Hayez la vittoria. Appartiene a una prima fase dello stile del pittore, incentrato sui modelli neoclassici e certamente ispirato dallo studio dell’opera del maestro. L’atleta, che tiene in mano la palma della vittoria, è collocato vicino a un carro trionfale e a un edificio classicheggiante. Appoggiato al muro vi è un disco di pietra, per cui il giovane è molto probabilmente un discobolo che ha appena vinto una competizione. 

 

Foto: Pubblico dominio

La targa dedicatoria

93 / 151

La targa dedicatoria

“Per l’illustrissimo Ludovico e per la sua consorte Barbara, incomparabile gloria delle donne, Andrea Mantegna compì questa modesta opera nell’anno 1474”. 

 

Foto: Scala, Firenze

La marchesa Barbara

94 / 151

La marchesa Barbara

Seduta a fianco del marito, è ritratta in posizione quasi frontale, mentre la piccola Paola, sua ultimogenita, le porge una mela.

Foto: Bridgeman

 Ludovico II

95 / 151

Ludovico II

È in veste da camera, seduto in trono, e ha in mano una lettera appena ricevuta dal suo segretario, Raimondo dei Lupi di Soragna.

Foto: Bridgeman

Piccoli Gonzaga

96 / 151

Piccoli Gonzaga

Alle loro spalle sono raffigurati gli altri figli e Vittorino da Feltre (con il cappello rosso), fondatore a Mantova della prima scuola ispirata agli ideali umanistici.

 

Foto: Bridgeman

Parete della Camera degli Sposi

97 / 151

Parete della Camera degli Sposi

Nella scena della Corte, Ludovico II è attorniato dalla sua famiglia. L’affresco potrebbe alludere alla consegna della missiva con cui nel 1462 Bianca Maria Visconti, duchessa di Milano, invocò l’aiuto del Gonzaga, oppure all’annuncio della nomina a cardinale di Francesco, figlio di Ludovico II.

 

Foto: Bridgeman / Index

Autoritratto di Andrea Mantegna. Camera degli Sposi, Mantova

98 / 151

Autoritratto di Andrea Mantegna. Camera degli Sposi, Mantova

Sul soffitto della Camera Picta, nella nuvola vicino al vaso, si trova nascosto un profilo umano. Molto probabilmente si tratta dell'autoritratto dell'artista abilmente mascherato. 

Foto: Scala / Firenze

Le bagnanti, 1918-1919, Parigi, Museo d’Orsay

99 / 151

Le bagnanti, 1918-1919, Parigi, Museo d’Orsay

L’opera fu completata qualche mese prima della morte di Renoir e per questo è considerata da molti come il suo testamento artistico. Rappresenta due donne dal corpo tornito distese in un prato, senza alcun riferimento temporale. A posare fu Andrée Heuschling, attrice di cinema muto che successivamente sposò Jean, il figlio dell’artista. In questi corpi vi è un rimando ideale ai nudi cinquecenteschi, in particolare alle Veneri di Tiziano, in contrasto con lo stile più impressionista tout court dello sfondo. Renoir aveva già realizzato tra il 1884 e il 1887 un altro dipinto raffigurante delle bagnanti, oggi conservato al Museum of Art di Philadelphia.

Foto: Pubblico dominio

Colazione dei canottieri, 1881, Parigi, Museo d’Orsay

100 / 151

Colazione dei canottieri, 1881, Washington, Philips Collection

Il dipinto è ambientato al ristorante Fournaise a Chatou, sulla Senna, e rappresenta un gruppo di canottieri che chiacchierano dopo aver mangiato sulla veranda insieme ai loro accompagnatori. Renoir colse la luce del primo pomeriggio estivo filtrata dalla tenda che illumina di tinte rosate l’ambiente, accentuando il contrasto con il verde del paesaggio circostante. Molti dei personaggi ritratti erano amici del pittore. Si distinguono, per esempio, Aline Charigot, la sua futura moglie seduta al tavolo mentre gioca con un cagnolino e Alphonse Fournaise, figlio del proprietario del locale, appoggiato alla ringhiera con un cappello di paglia in testa. 

 

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?