Su La primavera, realizzata per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (detto “il Popolano”), esistono molte interpretazioni in chiave mitologica, allegorica, simbolica e storico-celebrativa della famiglia. Secondo l’interpretazione in chiave neoplatonica dello storico dell’arte Ernst Gombrich, per esempio, il tema centrale dell’opera è l’amore che, sotto l’influsso di Venere, da sensuale diventa intellettuale. La scena è ambientata in un prato primaverile, circondato da alberi d’arancio e pieno di piante di ogni genere.
A sinistra Mercurio agita un caduceo per scacciare le nubi, che non devono rovinare l’eterna primavera del giardino. Al suo fianco, le Grazie, chiamate da Esiodo Aglaia, Eufrosine e Talia, danzano coperte da vesti trasparenti che sembrano mosse dalla brezza. Venere, vestita di bianco e con un mantello vermiglio, sembra seguire con il gesto della mano la danza delle Grazie. Vicino a lei il mirto, il suo simbolo. Cupido, con gli occhi bendati, sta scagliando una freccia verso la più esterna delle tre Grazie, che intreccia le mani con le altre due. Flora, dea della giovinezza, avanza verso il centro con la tunica decorata da fiori di vario genere. Regge un lembo della veste ricolmo di boccioli di rosa, che sparge nel cammino. Clori cerca di fuggire terrorizzata. Come risultato dell’incontro fecondante con Zefiro vengono generati i germogli che le escono dalla bocca. Zefiro, il vento di ponente che annuncia la primavera, è raffigurato come un essere alato bluastro che tenta di ghermire la ninfa Clori.
Foto: Akg / Album