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«San Lorenzo, io lo so perché tanto/ di stelle per l’aria tranquilla/ arde e cade, perché sì gran pianto/ nel concavo cielo sfavilla». Generazioni di studenti hanno imparato a memoria la celebre poesia che Giovanni Pascoli dedicò all’anniversario dell’omicidio del padre, Ruggero Pascoli, avvenuta il 10 agosto 1867, quando il poeta (a destra nella foto) aveva appena dodici anni. Quella sera Ruggero Pascoli, amministratore della tenuta La Torre, in Romagna, stava tornando in calesse da Cesena quando due sicari lo uccisero con un colpo di fucile alla testa. La cavalla che guidava il calesse (“la cavalla storna” dell’omonima poesia) imbizzarrita proseguì sola per un tratto, trasportandone il corpo. Benché siano stati celebrati ben tre processi, a livello ufficiale non è mai emerso chi fossero gli esecutori e i mandanti dell’omicidio, anche se la famiglia Pascoli ha sempre sostenuto che il delitto fosse collegato a dinamiche di potere di ambiente politico, dal momento che il padre svolgeva anche il ruolo di assessore comunale. La sua morte invendicata ebbe degli strascichi che finirono per distruggere la famiglia, composta da ben dieci figli (due dei quali già morti all’epoca dei fatti). Le ristrettezze economiche li costrinsero a lasciare la tenuta, e nel giro di dieci anni morirono la madre, la sorella Margherita e i due fratelli Luigi e Giacomo. Il trauma della perdita del padre e del nido sicuro degli affetti familiari segnò per sempre la poetica di Giovanni Pascoli.