Foto: Pubblico dominio
Il 19 settembre 1991 due escursionisti tedeschi s’imbatterono nel torso di un uomo che spuntava tra i ghiacci delle alpi al confine tra Alto Adige e Austria. Pensando si trattasse di un alpinista disperso, allertarono i carabinieri austriaci, ma quando il corpo venne estratto dal ghiaccio fu chiaro che risaliva a molti anni prima del previsto. Era stata scoperta la mummia più antica d’Europa, appartenente a un uomo ucciso 5.300 anni fa, soprannominato Ötzi. Gli studi sul suo corpo, straordinariamente conservato dal rigore del clima, hanno permesso di scoprire innumerevoli informazioni su di lui e sullo stile di vita dei suoi contemporanei: le malattie genetiche, l’ultimo pasto, l’abbigliamento e le armi, l’uso terapeutico dei tatuaggi (sul suo corpo ne sono stati identificati 61, tutti in corrispondenza di zone usurate dal dolore o lungo le linee dell’agopuntura)… E a distanza di più di trent’anni dal ritrovamento, le scoperte non cessano. Quest’estate è stato pubblicato un articolo che rivela che Ötzi discendeva da popolazioni agricole dell’Anatolia che vissero più o meno nell’odierna Turchia e che aveva la pelle molto più scura di quanto si pensasse, più o meno dello stesso colore della mummia. La preservazione di Ötzi nel Museo archeologico di Bolzano serve anche a far sì che questa straordinaria scoperta rimanga a disposizione degli scienziati via via che con gli anni gli strumenti di ricerca si vanno affinando.