Foto: Pubblico dominio
Il 3 agosto 1954 l’Italia del secondo Dopoguerra è percorsa da una notizia che ridà finalmente lustro internazionale al Paese: il 31 luglio una spedizione italiana ha raggiunto la vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. Il gaudio suscitato da quest’impresa dura poco, e presto le vicende relative alla scalata producono una serie di scandali e polemiche che si quieterà soltanto dopo cinquantaquattro anni. Al centro della polemica è Walter Bonatti, giovane stella dell’alpinismo, che a soli ventiquattro anni (compiuti durante la spedizione) è già considerato tra gli alpinisti più forti al mondo. Ciò nonostante la guida della spedizione decide che l’onore di raggiungere la vetta toccherà ad altri due alpinisti, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. A Bonatti spetterà semplicemente di portare le bombole di ossigeno all’ultimo campo base, permettendo ai due di percorrere il tratto finale della scalata. Solo che il campo a cui deve portare le bombole è stato allestito 250 metri più in alto di quanto concordato: così Bonatti e il portatore pakistano che lo accompagna, bloccati dal calare delle tenebre, sono costretti a passare la notte all’addiaccio a metà tra i due campi, senza tenda o sacco a pelo, a cinquanta gradi sotto zero. I due sopravvivono per miracolo e il pakistano subisce gravi amputazioni per congelamento. Ma non basta: anni dopo Bonatti è ingiustamente accusato di aver usato l’ossigeno destinato ai compagni durante la notte, costringendoli a percorrere l’ultimo tratto senza bombole. Tra le altre cose, fu proprio una fotografia a smentire questa calunnia: quella sopra queste righe, che mostra Compagnoni in vetta con indosso la maschera dell’erogatore dell’ossigeno.