Yucatán, scoperte nuove città maya grazie al Lidar

William M. Ringle e la sua squadra hanno bombardato la regione del Puuc con quattro miliardi di raggi laser scoprendo più di ottomila costruzioni, per la maggior parte nascoste dalla densità della vegetazione

Dopo la mappatura e il lavoro sul campo sono state identificate 8.134 strutture

Dopo la mappatura e il lavoro sul campo sono state identificate 8.134 strutture

Foto: PLOS One William M. Ringle

La penisola dello Yucatán è famosa in tutto il mondo per le sue rovine maya: è qui infatti che questa antica civiltà si stabilì per più di tremila anni. Eppure, anche se abbiamo già molte informazioni al riguardo, questa cultura cela ancora molti misteri sul proprio stile di vita, il suo declino, le aree precise in cui s'insediò… Adesso grazie alla tecnologia Lidar (Light Detection And Ranging) i ricercatori sono riusciti a scoprire molti edifici fino ad ora nascosti dalla spessa vegetazione della zona. Attraverso questa innovativa tecnologia è possibile elaborare una mappa aerea, che permette non solo d'identificare nuovi siti archeologici, ma anche di ricostruire l'evoluzione urbanistica di una zona precisa e perfino di fare ipotesi sulla gestione delle risorse.

La regione del Puuc (riquadro) era una delle più popolate dell'impero maya

La regione del Puuc (riquadro) era una delle più popolate dell'impero maya

Foto: PLOS One. William M. Ringle

Per sovvenzionare l'applicazione di questa tecnica rivoluzionaria alla ricerca scientifica, negli Stati Uniti è stato fondato il NCALM (National Center for Airborne Laser Mapping), che ha collaborato con molti archeologi nella mappatura di ampie aree in tutte le zone del mondo. Nel 2017 questa istituzione ha selezionato per una scansione la regione del Puuc, una zona d'immenso potenziale, oltretutto da vent'anni oggetto di scavi da parte dell'archeologo nordamericano William M. Ringle.

Come funziona il Lidar

A bordo di un piccolo bimotore da turismo il Lidar ha sorvolato per due giorni la giungla dello Yucatán a 600 metri d'altezza, coprendo un'area di 237,23 chilometri quadrati. Per ottenere un miglior risultato il volo si è svolto a maggio, un mese molto secco, in modo che ci fosse meno vegetazione a interferire con il laser e a sbarrare il passo agli archeologi.

Questo tipo di scansione consiste nell'inviare verso terra un fascio triangolare di raggi laser i quali, dopo aver attraversato la vegetazione, rimbalzano sul sostrato roccioso o sulle costruzioni umane per poi essere raccolti dall'apparecchio. In questo modo si registra la distanza esatta tra l'aereo e il punto di resistenza e ciò permette di ottenere una mappa molto dettagliata della superficie in pochissimo tempo. Anche le strutture create dall'uomo, di fatto innalzamenti di roccia artificiali, sporgono dal terreno circostante.

L'area mappata con i concentramenti di piattaforme da costruzione

L'area mappata con i concentramenti di piattaforme da costruzione

Foto: PLOS One. William M. Ringle

Una volta terminata la prospezione aerea, i dati sono stati consegnati a Ringle, che negli ultimi quattro anni li ha studiati e comprovati con scavi sul campo. Le sue conclusioni, recentemente pubblicate su PLOS One, mostrano un'area densamente popolata, con centri urbani molto vicini gli uni agli altri, a una distanza di non più di quattro chilometri. Tra questi spiccano quattro grandi acropoli datate tra il 700 e il 450 a.C., più antiche delle grandi città di Uxmal, Kabah, Sayil e Labná, considerate finora i principali insediamenti della zona.

Inoltre tra i nuovi complessi identificati da Ringle ci sono alcuni imponenti palazzi che furono occupati tra il 600 e il 750 d.C., nel tardo periodo classico, oltre a una moltitudine di villaggi sparsi su tutto il territorio del Puuc e a diversi campi per il gioco della palla. Lo scanner ha portato alla luce anche numerose infrastrutture essenziali per la popolazione: cave, cisterne d'acqua, canali d'alimentazione e perfino alcune strade.

Case e palazzi nascosti

Fino a quel momento si credeva che la regione non fosse stata estesamente popolata fino al 600 d.C., dal momento che la maggior parte delle strutture identificate risaliva a quel periodo. Ciò nonostante la mappa ha rivelato nuovi centri urbani nella boscaglia, che hanno confermato che nel VI secolo a.C. esistevano già importanti città, circondate da centri minori dedicati all'agricoltura.

Ricostruzione in 3D di una delle strutture portate alla luce. Le case dei nobili erano costruite in pietra sopra un rialzo

Ricostruzione in 3D di una delle strutture portate alla luce. Le case dei nobili erano costruite in pietra sopra un rialzo

Foto: Progetto archeologico regionale di Bolonchén

Gli edifici localizzati si possono suddividere in due grandi categorie: quelli costruiti sopra una piattaforma rettangolare di pietra si trovano in tutta la zona, mentre quelli innalzati sopra un semplice monticello di terra e sassi (appena un 34% del totale) si raccolgono nell'area centrale, in pianura. Entrambi i tipi venivano sempre costruiti ai bordi di un cortile rettangolare, formando così centri urbani facilmente identificabili dall'alto. In totale, piattaforme e monticelli assommano a 7902, anche se non tutti erano destinati a un uso residenziale o religioso.

Malgrado la presenza di alcune città questi nuclei urbani sono diffusi in maniera uniforme in tutta la regione, con una concentrazione più alta nella fertile valle di sant'Elena, a nord. Un altro elemento interessante è l'assenza di muraglie o fortificazioni, il che fa pensare a una regione tranquilla, che non fu invasa né patì il flagello di alcuna guerra civile fino a quando non fu abbandonata nel X secolo, parallelamente alla misteriosa fine dell'impero maya.

Quanto alla localizzazione, gli insediamenti furono costruiti per lo più in pianura: solo la metà delle alture erano abitate, e solo l'11.7% fu occupato da un centro urbano. È possibile che ciò sia dovuto ai problemi di approvvigionamento d'acqua che da sempre caratterizzano la regione, a causa dei quali le colline, in assenza di pioggia, si trasformavano in luoghi estremamente aridi.

Grazie al lavoro sul campo è stato possibile disegnare le costruzioni sulla mappa

Grazie al lavoro sul campo è stato possibile disegnare le costruzioni sulla mappa

Foto: PLOS One. William M. Ringle

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Coltivazioni a terrazza

Dopo quattro anni di ricerche la scoperta che più ha sorpreso gli studiosi è stata la presenza di terrazze dedicate alla coltivazione alla base di alcune colline. Queste strutture non hanno alcun precedente nel Puuc: deve dunque trattarsi di una risposta locale alle difficoltà che la zona presenta per l'agricoltura.

La scarsità d'acqua era senza dubbio il maggiore ostacolo alla colonizzazione dell'area, poiché il sostrato di roccia calcarea, naturalmente poroso, lasciava filtrare liberamente l'acqua senza formare fiumi né laghi dai quali la popolazione potesse rifornirsi. Per questo gli abitanti del luogo dovettero inventare un sistema per immagazzinare le piogge in vista della stagione secca.

I terrazzamenti sorsero per far fronte alla mancanza d'acqua, secondo i ricercatori

I terrazzamenti sorsero per far fronte alla mancanza d'acqua, secondo i ricercatori

Foto: PLOS One. William M. Ringle
Malgrado le abbondanti piogge, la regione soffriva anche di periodi di siccità cronica

Malgrado le abbondanti piogge, la regione soffriva anche di periodi di siccità cronica

Foto: PLOS One. William M. Ringle

Il Lidar ha rivelato numerose cisterne e pozzi costruiti in risposta alla siccità. Le prime sono sparse tra campi e villaggi e consistono in una cella sotterranea impermeabilizzata dalla calce a cui si accede attraverso uno stretto collo di bottiglia lungo cinquanta centimetri. Talvolta queste cisterne furono scavate all'interno di una piattaforma costruita appositamente per raccogliere acqua grazie alla sua superficie concava e imbiancata, mentre altre si trovavano all'interno di case, templi e palazzi.

I pozzi, invece, di solito approfittavano delle convessità del terreno per raccogliere naturalmente l'acqua in un deposito circondato da mura artificiali, a volte alimentato anche da una serie di canali impermeabili lunghi centinaia di metri. Questi serbatoi potevano essere enormi (il più grande ha una capacità di 22mila metri cubi), ma per la maggior parte erano di dimensioni modeste. Inoltre, poiché sono tutti posizionati a due o più chilometri da qualsiasi centro abitato, gli studiosi ritengono che avessero una funziona principalmente agricola.

Malgrado l'alta densità di popolazione la zona non presenta molte strade per collegare i villaggi vicini, e nessuna che superi il chilometro e mezzo. Secondo Ringle, poiché lo spazio tra gli insediamenti era ridotto dovevano esistere numerosi percorsi che la selva ha riassorbito. Per cercare di recuperare queste vie la squadra ha calcolato quelli che avrebbero richiesto meno sforzo e ha così elaborato un'ipotetica mappa della viabilità.

Tuttavia non sono state trovate strutture che confermino questa disposizione, perché se anche alcune delle strade attraversavano i villaggi, altre li evitavano, e se pure alcune cisterne isolate ai bordi della strada potrebbero essere interpretate come aree di sosta, altrettanto facilmente potrebbe trattarsi del deposito di un contadino.

Data la grande abbondanza di pietra calcarea della regione, la sua estrazione avveniva sempre in superficie

Data la grande abbondanza di pietra calcarea della regione, la sua estrazione avveniva sempre in superficie

Foto: PLOS One

Cave di pietra

Se non era il posto migliore per coltivare la terra, la regione era però un luogo perfetto per le costruzioni. Lo dimostrano le numerose cave identificate in tutta la zona, dalle quali si estraevano pietra e calce per innalzare edifici.

Queste miniere sono poco profonde e scavate vicino ai nuclei abitativi: alcune di esse furono addirittura riutilizzate come fondamenta di qualche palazzo, la cui base poggiava sul taglio operato sulla collina. Accanto a esse sono stati rinvenuti anche numerosi forni a legna, che trasformavano la pietra in calce per usarla come calcina o malta da costruzione.

Il palazzo di Labná fu costruito sopra una cava scavata nella collina

Il palazzo di Labná fu costruito sopra una cava scavata nella collina

Foto: PLOS One. William M. Ringle

Furono proprio i forni (che raggiungono un totale di 1232 unità) a richiamare inizialmente l'attenzione degli archeologi: sulla mappa apparivano infatti come curiosi cerchi di pietre il cui scopo non era chiaro. Gli scavi hanno permesso di svelare il mistero: si tratta di strutture circolari di dieci metri contenenti resti di legna carbonizzata, che insieme alla polvere di pietra calcarea e alla poca ceramica emersa hanno confermato che venivano usati per cuocere la calce.

Per ottimizzare il lavoro i maya costruirono i forni vicino alle cave: ecco perché la maggior parte di essi si trova ai piedi di un monte, da cui si ricavava anche la legna per il fuoco. Alcuni però furono posti vicino a palazzi e centri urbani, probabilmente per favorirne il processo costruttivo.

Benché la calce fosse indispensabile per la costruzione, gli antichi maya la usavano anche per aumentare il valore nutritivo del mais, mescolandola all'acqua dove era messo in ammollo prima di consumarlo: un processo in uso ancora oggi. La pannocchia di mais, coperta d'acqua per qualche ora, si ammorbidisce e diventa più facile da cuocere o macinare. Se poi le si aggiunge della calce libera i suoi nutrienti, che vengono così assorbiti più facilmente dal corpo.

I più di mille forni ritrovati sono la prova tangibile del ruolo importantissimo della calce nel Puuc

I più di mille forni ritrovati sono la prova tangibile del ruolo importantissimo della calce nel Puuc

Foto: PLOS One. William M. Ringle

Quanti erano gli abitanti del Puuc?

L'ultimo aspetto che i ricercatori stanno tentando di ricostruire è il numero di abitanti del luogo nel suo momento di massima espansione: un dato complicato da calcolare, data la difficoltà nello stabilire i periodi di occupazione di ciascuna area. Per elaborare questa ipotetica demografia sono stati presi in considerazione sia le strutture sia il numero massimo di persone che potevano essere mantenute dai campi e dalle riserve d'acqua.

Questi calcoli hanno permesso di ottenere delle cifre che vanno dai 18.700 fino ai 92mila abitanti: Ringle e i suoi colleghi ritengono che la regione ne ospitasse circa 70mila. Senza dubbio la popolazione avrebbe potuto espandersi ulteriormente, dato che le numerose aree disabitate e non coltivate avrebbero potuto essere colonizzate attraverso la costruzione di nuovi pozzi e cisterne.

Nel VI secolo a.C. i palazzi della nobiltà si mescolavano ai villaggi agricoli in pianura

Nel VI secolo a.C. i palazzi della nobiltà si mescolavano ai villaggi agricoli in pianura

Foto: Progetto archeologico regionale di Bolonchén

La tecnologia Lidar ha dimostrato ancora una volta la sua grande utilità per scoprire dettagli del nostro passato. Il suo uso non si limita soltanto all'elaborazione di mappe: grazie a esso si possono ricostruire a grandi linee l'evoluzione di un sito, le sue dinamiche economiche e perfino il numero di abitanti che popolavano un territorio centinaia di anni fa.

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