Veronica Franco, regina delle cortigiane

Nella Venezia del XVI secolo Veronica Franco si distinse non solo per il fascino ma anche per la sua produzione poetica e per la sua visione moderna dei diritti delle donne

Nel 1564 tutta Venezia rimase sorpresa dell’audacia di una giovane donna che, a soli 18 anni e incinta del primo figlio, aveva deciso di separarsi dal marito e di reclamare la sua dote per esser padrona della propria vita. Si chiamava Veronica Franco, non ne poteva più delle percosse del marito ed era pronta a iniziare una nuova tappa della sua vita, che l’avrebbe portata a essere la più rispettata fra le “cortigiane oneste”che vivevano nella città dei canali.

Ispiratrici di artisti e poeti, colte e raffinate, amanti del lusso e dei piaceri, le cosiddette cortigiane oneste erano prostitute che univano a bellezza e distinzione anche un’ampia cultura e un certo dominio delle arti e delle lettere, qualità che permettevano loro di comportarsi come vere e proprie compagne degli uomini, sia dal punto di vista sessuale, sia nelle conversazioni conviviali. Per dirla con le parole del poeta Pietro Aretino, «Venere era divenuta una donna di lettere».

Dama che scopre il seno, forse un ritratto di Veronica Franco. Dipinto ad olio, Tintoretto. 1570. Museo del Prado, Madrid

Dama che scopre il seno, forse un ritratto di Veronica Franco. Dipinto ad olio, Tintoretto. 1570. Museo del Prado, Madrid

Foto: Erich Lessing / Album

Queste donne, dotate di grandi qualità per la vita sociale, erano evidentemente un’eccezione nel sordido mondo della prostituzione. A Venezia erano censite più di tremila prostitute, però solo duecento circa erano considerate cortigiane oneste. Inoltre erano privilegiate anche rispetto ad altri settori della società, visto che godevano di libertà, autosufficienza e di un accesso alla cultura solitamente preclusi sia alle donne del “popolino”, sia a mogli e figlie delle grandi famiglie aristocratiche e borghesi.

Un mestiere ereditato

Veronica Franco era nata a Venezia nel 1546. Era figlia di Francesco Maria Franco, un veneziano appartenente ai “cittadini”, ovvero a quella che oggi definiremmo classe media, e di Paola Fracassa, una famosa cortigiana che, quando si era sposata, aveva abbandonato il suo antico mestiere.

La morte precoce di Francesco obbligò Paola a tornare alla sua antica e redditizia professione, anche se cercò di dare a sua figlia una vita “onorevole”. A questo scopo, quando Veronica aveva solo sedici anni, la madre le combinò il matrimonio con Paolo Panizza, un medico dedito al gioco e al bere, il quale non fece che procurare grandi sofferenze alla giovane moglie. Dopo la separazione Veronica tornò a vivere con la madre, che finì per iniziarla al mestiere, sino al punto di esercitarlo insieme.

Lo dimostra il fatto che i loro nomi comparissero nell’edizione del 1572 della Tariffa delle puttane, il libro in cui erano catalogate le 215 cortigiane veneziane di maggior prestigio, con le rispettive tariffe. Nel loro caso l’importo era lo stesso per entrambe: due scudi a notte. Tuttavia si dice che, anni dopo, un bacio di Veronica venisse valutato 15 scudi, mentre una serata intera in sua compagnia ne valesse 50. Bella e delicata nei modi, intelligente e colta, non tardò ad aprirsi un varco nei salotti veneziani. Le “cortigiane oneste” godevano del privilegio di scegliere i propri amanti, e Veronica li selezionava sistematicamente in base alla classe sociale, al denaro e alla cultura, criteri che le permisero di intrattenere rapporti con i poteri forti della città.

Si diceva che Veronica chiedesse 15 scudi per un bacio e 50 per una serata intera in sua compagnia

La cortigiana più influente

Non deve dunque sorprendere il fatto che, quando nell’estate del 1574 Enrico di Valois si recò in Veneto alla vigilia della sua incoronazione come re di Francia, la Repubblica veneziana facesse ricorso ai servizi della rinomata Veronica. Venezia aveva bisogno dell’alleanza con i francesi, e il modo migliore per ottenerla era fare in modo che la permanenza in città del futuro re, Enrico III, si rivelasse indimenticabile. La Serenissima si preparò a ricevere l’illustre ospite con banchetti, archi di trionfo, concerti e fuochi artificiali.

La chiesa di Santa Maria Formosa, costruita nel 1492 in stile rinascimentale, fu la parrocchia della cortigiana Veronica Franco, che per molti anni abitò nelle vicinanze

La chiesa di Santa Maria Formosa, costruita nel 1492 in stile rinascimentale, fu la parrocchia della cortigiana Veronica Franco, che per molti anni abitò nelle vicinanze

Foto: Scattolin / Age Fotostock

Come se non bastasse tanto dispendio, si pensò di fargli anche un regalo esclusivo e particolare: una notte in compagnia di Veronica Franco, la più bella, colta e raffinata cittadina di Venezia. Le autorità non avevano però considerato che i gusti del loro ospite, il quale spesso si faceva vedere a Parigi insieme a efebi travestiti da donna, non promettevano un grande successo. Non sappiamo quale fu il grado di intimità raggiunto dai due, ma egli si mostrò talmente soddisfatto della notte passata insieme che, a partire da allora, la Serenissima poté contare sull’alleanza francese e lei divenne ufficialmente la cortigiana più influente della città.

Amicizie letterarie

Già in quell’epoca Veronica Franco poteva avvalersi dell’amicizia di Domenico Venier, un celebre poeta seguace del Petrarca, che influì molto sulla sua carriera letteraria e che rese possibile la pubblicazione, nel 1575, del suo libro di poesie Terze rime.

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In quegli anni Veronica intratteneva relazioni con due nipoti di Domenico: Marco e Maffeo. Il primo fu, per la colta cortigiana, l’amore della sua vita. Il secondo, invece, quando vide che Veronica preferiva il fratello, reagì dedicandole versi offensivi, che circolarono liberamente per tutta Venezia: «Veronica, ver unica puttana». Non aveva calcolato che la cortigiana, anziché sentirsi offesa, l’avrebbe sfidato pubblicamente a un duello poetico, dal quale sarebbe uscita vincitrice: questa vittoria le servì per essere consacrata come poeta.

Trasferitasi in un bel palazzo presso Santa Maria Formosa, Veronica Franco trasformò la sua residenza in un vero e proprio ateneo dove riuniva musicisti, pittori e nobili. I frequentatori, oltre a godere dei piaceri terreni, venivano allietati anche da concerti, dibattiti filosofici e letture di poesia.

Gli svaghi del figliol prodigo. Dipinto a olio di Jacopo Palma il Giovane, pittore emergente nella Venezia di Franco. XVI secolo. Gallerie dell’Accademia, Venezia

Gli svaghi del figliol prodigo. Dipinto a olio di Jacopo Palma il Giovane, pittore emergente nella Venezia di Franco. XVI secolo. Gallerie dell’Accademia, Venezia

Foto: Fine Art / Album

Gli svaghi del figliol prodigo. Dipinto a olio di Jacopo Palma il Giovane, pittore emergente nella Venezia di Franco. XVI secolo. Gallerie dell’Accademia, Venezia

 

 

Uno dei suoi ospiti più illustri fu l’umanista francese Michel de Montaigne, che fece sosta a Venezia nel 1580. Il 7 novembre, come riportò lo stesso scrittore, cenò con Veronica, dalla quale ricevette in ossequio un piccolo volume che lei stessa aveva pubblicato, con il titolo di Lettere familiari a diversi, opera nella quale raccoglieva la sua corrispondenza con vari personaggi dell’epoca. Questo libro rappresenta oggi una testimonianza unica sugli usi e sui costumi della Venezia del XVI secolo.

La visita di Montaigne segnò un punto di svolta nella vita di Veronica Franco. Dopo pochi mesi Ridolfo Vannitelli, il precettore di uno dei suoi quattro figli, forse per vendicarsi di esser stato da lei respinto, la denunciò al Sant’Uffizio dell’Inquisizione con l’accusa di mostrare scarso fervore religioso e di praticare la stregoneria.

Franco venne incarcerata nella prigione della Repubblica. Il processo si concluse il 13 ottobre del 1580. Nonostante l’assoluzione, ottenuta probabilmente grazie alle eccellenti relazioni di Veronica con i gerarchi della curia veneziana e della Serenissima, questo processo segnò il suo declino definitivo e la perdita della quasi totalità dei suoi beni.

Il tramonto di una cortigiana

Disponiamo di pochi dati sugli ultimi anni della sua vita. Sappiamo che, ritiratasi nel suo palazzo, faceva da mediatrice presso le autorità veneziane per la creazione di un ospizio dove accogliere le cortigiane malate e anziane, e dove insegnare un mestiere alle donne che volevano ritirarsi dalla professione. È molto probabile che avesse continuato anche a lavorare ad altre opere letterarie che, purtroppo, non si sono conservate fino a oggi.

Specchio veneziano. 1590. Victoria and Albert Museum, Londra

Specchio veneziano. 1590. Victoria and Albert Museum, Londra

Foto: Scala, Firenze

Nel 1582 le tracce di Veronica Franco si perdono definitivamente: il suo nome riappare nel registro del Magistrato alla Sanità, dove un conciso certificato datato 22 luglio 1591 informa che «la signora Veronica Franco è morta di febbri all’età di quarantacinque anni».

Con lei se ne andava l’età d’oro delle cortigiane veneziane. Donne forti, libere, istruite e sensuali che, per citare proprio Veronica Franco, erano condannate a «mangiar con l’altrui bocca, dormir con gli occhi altrui, muoversi secondo l’altrui desiderio, correndo in manifesto naufragio sempre della facoltà e della vita».

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