USA, 1933. Un’estate italiana a New York

Novant’anni fa la vittoria di Primo Carnera nella boxe, l’arrivo a New York degli idrovolanti di Italo Balbo, il Rex conquista il ‘Nastro Azzurro’ e Francesco De Pinedo tenta un nuovo record.

New York, fine giugno 1933. Il termometro segna già trentatré gradi, i newyorkesi passeggiano a Central Park e lungo l’East River in cerca di refrigerio. Pare una normale estate nella metropoli statunitense, ma presto quattro eventi interromperanno la ‘monotonia’ estiva dell’opinione pubblica locale e della comunità italo-americana. Il 29 giugno, al Madison Square Garden Bowl, il pugile Primo Carnera conquista il titolo mondiale dei pesi massimi; il 19 luglio lo squadrone atlantico degli idrovolanti di Italo Balbo ammara nell’Hudson river a New York, tappa fondamentale della crociera aerea del Decennale. E ancora, dal cielo al mare. Il 16 agosto l’immenso transatlantico Rex conquista l’ambitissimo Nastro Azzurro. Infine 2 settembre, Francesco De Pinedo, trasvolatore già popolarissimo in America, tenta un nuovo record aereo: volare senza scalo da New York a Baghdad. L’avvicendarsi degli eventi è tale che sembra di leggere il cartello di una stagione estiva di spettacoli teatrali, di quelli con un appuntamento al mese.

«Cjarnare cuntun puin spache la tiare»

Madison Square Garden Bowl, 29 giugno. Alle 8 del mattino si aprono i cancelli dell’immenso stadio, la folla in attesa sin dalle prime ore del mattino comincia ad entrare. La sera in 70mila assistono all’incontro di boxe valevole per il titolo mondiale dei pesi massimi. La sfida è fra l’italiano Primo Carnera, alto quasi due metri per centodiciotto chili e che chiamano la "montagna che cammina", contro l’americano Jack Sharkey, detentore del titolo che di chili ne pesa novantuno e ha già battuto Carnera nel 1931. Beniamino De Ritis, inviato del Corriere della Sera, racconta l’incontro evidenziando come alla sesta ripresa «l’offensiva di Carnera è scatenata Sharkey ne è travolto. Un suo violento sinistro va a vuoto e immediatamente Carnera parte con una scarica di destri e di sinistri». Sharkey va al tappeto. L’arbitro conta, ma il campione in carica non si rialza. Knock-out. L’incontro dura appena diciassette minuti e ventisette secondi. Carnera è il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. È la prima volta in assoluto per la boxe italiana. I suoi pugni hanno scosso la ‘tiare’.

Primo Carnera è il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Madison Square Garden Bowl, New York. 29 giugno 1933​

Primo Carnera è il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Madison Square Garden Bowl, New York. 29 giugno 1933​

Foto: Mary Evans P.L. / Cordon Press

Primo Carnera è il nuovo campione del mondo dei pesi massimi. Madison Square Garden Bowl, New York. 29 giugno 1933​

 

 

Fra la folla, i numerosissimi italo-americani acclamano il nuovo campione, in cui vedono una sorta di simbolo di riscatto. Per il regime è un modello da glorificare. Al Corriere della Sera il vincitore dichiara: «Offro la vittoria al mondo sportivo italiano, giubilante e orgoglioso di aver mantenuto la promessa fatta al Duce». Al suo rientro in Italia, Mussolini lo fa addirittura affacciare dal balcone di Piazza Venezia. Per l’occasione Carnera indossa la divisa della milizia fascista poiché, per scopi di propaganda, è arruolato nella legione Alpina di Gemona. Ma quando nel 1934 perderà il titolo contro l’americano Max Baer, comincerà la sua parabola discendente fino al suo ritiro dalla boxe nel 1938. Quello che non gli mancherà sarà la simpatia del pubblico. Nell’immaginario collettivo Carnera diventa una leggenda, ‘il gigante buono’, mentre in Friuli coniano l'espressione: «Cjarnare cuntun puin spache la tiare» (Carnera con un pugno scuote la terra). Nel 1967, ormai malato, torna in Italia nella sua Sequals (Pordenone) poco prima di morire. Si spegne il 29 giugno: esattamente in quello stesso giorno di trentaquattro anni prima era diventato campione del mondo.

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«Esaltate, insieme con il tricolore la bella bandiera stellata»

Orbetello, 1 luglio. Venticinque idrovolanti iniziano «il formidabile volo che dovrà portarli oltre oceano», come titola il Corriere della Sera. Li comanda Italo Balbo, ministro dell’Aeronautica, ex squadrista e importante gerarca fascista. È lui che ha concepito questa impresa aviatoria denominata crociera aerea del Decennale, per celebrare il decimo anniversario della fondazione della regia aeronautica. Gli equipaggi delle squadriglie, chiamati ‘atlantici’, trasvolano l’oceano Atlantico, giungono in Canada e poi a Chicago. Questa è la meta principale del volo perché lì si tiene l’esposizione internazionale Century of Progress. L’esposizione offre al regime una colossale vetrina propagandistica per mostrare al mondo l’immagine di un’Italia tecnologicamente avanzata, dotata di una potente aeronautica in grado di compiere imprese formidabili. Ma a parte i toni propagandistici, il volo di massa suscita un’impressione enorme sull'opinione pubblica statunitense. La sera del 19 luglio lo squadrone proveniente da Chicago giunge a New York, sorvola il porto salutato da lunghi colpi di sirena delle navi alla fonda, fra cui il Rex, il poderoso transatlantico italiano che meno di un mese dopo compirà un’impresa leggendaria. «Su una fungaia di ciminiere sventolano tirati i gran pavesi: i marinai sono sulle tolde piccoli puntini neri compatti», annoterà lo stesso Balbo. La folla è ovunque, sui tetti dei palazzi, giù nelle strade. All’idroscalo dell’aeroporto del Floyd Bennet Field le autorità militari e civili accolgono Balbo e i suoi.

Gli equipaggi della squadra atlantica pronti per il grande volo in formazione da Roma a Chicago e ritorno immediatamente prima della partenza da Orbetello. Al centro, Italo Balbo. Orbetello, 15 giugno 1933

Gli equipaggi della squadra atlantica pronti per il grande volo in formazione da Roma a Chicago e ritorno immediatamente prima della partenza da Orbetello. Al centro, Italo Balbo. Orbetello, 15 giugno 1933

Foto: TopFoto.co.uk / Cordon Press

C’è il console italiano Antonio Grossardi e i rappresentanti di spicco della comunità italo-americana, come Generoso Pope, giunto in rappresentanza del sindaco. Pope è un forte sostenitore di Mussolini e del fascismo negli Stati Uniti, ma all’indomani dell’attacco di Pearl Harbor sosterrà poi la guerra contro l’Italia. Vi è anche Carnera, fresco di titolo. Al passaggio del corteo che conduce gli atlantici all’Hotel Ambassador, la folla applaude. L’entusiasmo aumenta quando le cinquanta automobili attraversano la zona bassa di Manhattan, abitata da migliaia di italiani. Ci sono tricolori esposti alle finestre delle case e sui balconi. Quella sera il sindaco John Patrick O’Brien offre un banchetto d’onore. L’indomani Balbo con alcuni ufficiali si reca a Washington invitato per un pranzo d’onore dal presidente Franklin Delano Roosevelt, che gli confida come la crociera abbia suscitato una forte impressione nella popolazione americana. L’indomani, 21 luglio, a New York si tiene il clou delle manifestazioni: lungo una sezione di Broadway da Battery sino alla City Hall si svolge una colossale parata d’onore, la cosiddetta ticker-tape parade. Uno squadrone di polizia a cavallo scorta le cento autovetture con tutti gli equipaggi. Scrive Balbo: «Si procede a passo d’uomo, piovono a miriadi i pezzettini di carta colorati, i coriandoli, le stelle filanti». La folla assiepata ai lati delle strade agita bandierine italiane e americane, mentre dai palazzi continua incessante la pioggia di carta. Alla City Hall il sindaco O’Brien pronuncia il discorso di benvenuto. New York conta all’epoca circa sette milioni di abitanti, dei quali circa un milione sono italiani o di origine italiana. «New York si può considerare la più grande città italiana del mondo» dice, per poi affermare come lo spettacolo degli idrovolanti che sorvolano Manhattan e Brooklyn «è stato incomparabile e commovente». Al pomeriggio Balbo pronuncia un discorso al Madison Square Garden Bowl rivolgendosi agli «italiani di New York», a cui porta il saluto dell’Italia di Mussolini. E aggiunge: «Ospiti della grande America, esaltate, insieme con il tricolore, la bella bandiera stellata: esse s’intrecciano al vento, né mai il passato le disunì, né mai le dividerà l’avvenire».

Il Nastro Azzurro in Italia

«Il mondo scruta il fascismo e non ci risparmia. Noi non dobbiamo mostrare insufficienze tecniche, anche se so che esistono». Così uno stizzito Mussolini commenta, il 30 settembre 1932, con Costanzo Ciano, ministro delle Comunicazioni, il guasto tecnico che ha fermato il grandioso transatlantico Rex a Gibilterra durante la sua traversata da Genova a New York. La grande nave, varata l’anno prima nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente, è di proprietà della Italia Flotte Riunite. Lunga 268 metri, larga quasi trenta e alta trentasette ha un nome che promette grandi cose, come dice il suo motto Regis nomen, navis omen (Nome regale, presagio per una nave). È il fiore all’occhiello della tecnica navale italiana, notevole il lusso e il comfort dell’allestimento di bordo. Figlia di quella tecnologia che il regime considera vitale, come ha osservato lo storico Lorenzo Benadusi, per «lo sviluppo economico e imperiale del Paese». Così, il Rex salpa da Genova il 10 agosto 1933 per una delle sue traversate Genova-New York. La rotta del Nord Atlantico è battuta dai veloci transatlantici inglesi, francesi e tedeschi, ma soprattutto è quella dove si attribuisce il prestigioso Nastro Azzurro, il riconoscimento alla nave commerciale che stabilisce il record di velocità nella traversata da est a ovest. Sinora in questsa competizione hanno dominato per lo più inglesi e tedeschi. Il transatlantico britannico Mauretania addirittura ha vinto il Nastro Azzurro per vent’anni consecutivi. Dal 1929 è, invece, in mani tedesche che lo detiene col Bremen.

Il transatlantico Rex conquista il Nastro Azzurro nel 1933. La velocità media della sua traversata atlantica fu di 28,92 nodi (53,56 chilometri orari)

Il transatlantico Rex conquista il Nastro Azzurro nel 1933. La velocità media della sua traversata atlantica fu di 28,92 nodi (53,56 chilometri orari)

Foto: Pubblico dominio

Il transatlantico Rex conquista il Nastro Azzurro nel 1933. La velocità media della sua traversata atlantica fu di 28,92 nodi (53,56 chilometri orari)

 

 

Il Rex comincia la sua traversata atlantica per tentare la conquista del Nastro Azzurro dallo scalo di Gibilterra. Il punto d’arrivo convenzionale è la nave faro di Ambrose, all’imbocco del porto di New York. In plancia c’è il comandante Francesco Tarabotto, ligure di Lerici. Giù in sala macchine, cuore del poderoso transatlantico, il direttore di macchina Luigi Risso, anch’egli ligure di Bogliasco. Tarabotto scruta l’orizzonte. Avanti tutta! Dalla plancia col telegrafo di macchina l’ordine arriva a Risso in sala macchine. La grande sfida è iniziata. Dinanzi alla poderosa prua del Rex ci sono 3181 miglia. Il transatlantico fila sulle acque dell’oceano e in un giorno copre addirittura 736 miglia a una media di 30,6 nodi di velocità. Quando transita di fronte alla nave faro di Ambrose, la guardia costiera americana di servizio al faro registra un nuovo record: 4 giorni, 13 ore e 58 minuti a una velocità media di 28,92 nodi. Il Nastro Azzurro è italiano! La notizia viene immediatamente diffusa e fa il giro del mondo. L’impresa è leggendaria. Alle 4.40 di mercoledì 16 agosto il Rex entra trionfalmente nel porto di New York suonando la sirena. Ha ventisette ore di anticipo sull’arrivo previsto. Tarabotto e Risso ricevono grandi onori. Viene addirittura stampata una cartolina col transatlantico in mezzo ai loro volti. La propaganda sfrutta la conquista del Nastro Azzurro per diffondere l’immagine di un’Italia ammodernata dal regime. A New York salgono a bordo autorità civili e giornalisti per congratularsi con Tarabotto e Risso che vengono intervistati. Frattanto gli idrovolanti di Balbo sono atterrati il 12 agosto a Ostia, quando il Rex era ancora in navigazione. Parrebbe quasi un’ideale passaggio di testimone fra passato e futuro, con l’aeroplano che sostituirà i transatlantici per raggiungere il Nuovo Mondo.

Si chiude un’epoca al Floyd Bennet Field

Quando Francesco De Pinedo tenta un nuovo volo record dal Floyd Bennet Field, è popolarissimo in America. La sua crociera delle due Americhe del 1927 lo ha reso celebre nell’opinione pubblica statunitense e nella comunità italo-americana. La cantante napoletana Gilda Mignonette, famosissima fra i connazionali emigrati, gli ha anche dedicato la canzone O volo ‘e De Pinedo. Nonostante la fama però, De Pinedo vive ai margini dalla scena aviatoria internazionale. Da tempo è in polemica con Balbo. Nel 1929 è all’ambasciata di Buenos Aires come addetto aeronautico e nel 1932 lascia addirittura il servizio attivo nell’aeronautica. Ma è difficile per uno come lui stare a terra, così progetta una nuova impresa per conseguire un nuovo record di distanza su volo rettilineo: da New York a Baghdad, 10mila chilometri in solitario con un aereo monoplano Bellanca. D’altronde è capace di compiere imprese impensabili, come anni prima ha scritto di lui l’illustratore Tarquinio Sini: «Le cose strane Americane non sono più. Sono più strane le italiane e De Pinedo lo dimostrò». E infatti, è nell’America che glorifica Charles Lindbergh, artefice del volo New York-Parigi nel 1927, che il nuovo cimento di De Pinedo non passa inosservato. Battezzato l’aereo ‘Santa Lucia’, alle 7 del mattino del 2 settembre, al Floyd Bennet Field il monoplano inizia la sua corsa di decollo di fronte a un migliaio di persone accorse per assistere all’evento. Passano pochi istanti e si consuma la tragedia.

Francesco de Pinedo. Copertina della rivista argentina El Gráfico. 1927

Francesco de Pinedo. Copertina della rivista argentina El Gráfico. 1927

Foto: Pubblico dominio

Il velivolo carico di tre tonnellate di carburante sbanda e si schianta contro la recinzione a bordo pista. Tre esplosioni e in appena due minuti le fiamme divorano il Bellanca. De Pinedo muore bruciato vivo fra i rottami. Ai funerali nella maestosa Saint Patrick Cathedral la partecipazione dei newyorkesi è commossa. Il feretro avvolto dal tricolore e dalla bandiera americana è accompagnato dal console italiano Grossardi, lo stesso che tanto calorosamente lo aveva accolto al suo arrivo a Melbourne nel 1925 durante il volo dei 55mila chilometri. Seguono autorità civili e militari, il sindaco O’Brian, esponenti della comunità italo-americana come Generoso Pope e Fiorello La Guardia, che di lì a due mesi sarà sindaco. Finisce così, alla Saint Patrick Cathedral quell’estate del 1933. Si chiude un’epoca. Otto anni dopo le bandiere italiana e americana che Balbo aveva proclamato indivisibili nell’avvenire sono lontanissime, come i ricordi di Carnera, degli idrovolanti, del Rex e di De Pinedo. Roma dichiara guerra a Washington. Sarà una folle lotta impari. A tal riguardo eloquente sarà il commento del giornalista Giovanni Ansaldo che, vicinissimo a Galeazzo Ciano, allora ministro degli Esteri e genero di Mussolini, gli sussurrerà: «Ma tuo suocero ha mai visto l’elenco telefonico di New York? – Quattro volumi contro le trentadue pagine di quello di Roma. – Se lo avesse visto non avrebbe dichiarato guerra».

Per saperne di più:

  • Francesco De Pinedo. In volo su tre oceani. Ovidio Ferrante, Mursia, 2005.
  • Primo Carnera, la storia della mia vita. A cura di Ido Da Ros, Dario De Bastiani Editore, 2013.
  • Transatlantico Rex. Il mito e la memoria. A cura di Paolo Piccione, Silvana Editoriale, 2013.
  • Italo Balbo, una vita fascista. Claudio G. Segrè, Il Mulino, 2020.

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