Specialmente in epoca medievale e tardo medievale la presenza di una reliquia in una chiesa era garanzia di prestigio e protezione, assicurando l’afflusso di pellegrini, oltreché di donazioni e, dunque, di ricchezze. Perciò, quando nel 1473 il vescovo di Perugia entrò in possesso di quello che era considerato l’anello nuziale della Madonna, non ebbe dubbi sulla necessità di costruire una cappella dedicata all’importante tesoro all’interno del duomo della città, commissionando le decorazioni ai migliori artisti locali.
Perugino, Autoritratto (1496-1500), conservato al palazzo dei Priori di Perugia
Foto: Scala, Firenze
E poco importa se la reliquia fosse in realtà arrivata in città dopo essere stata rubata dalla città toscana di Chiusi dal frate tedesco Winter di Magonza, con una giustificazione che sarebbe piaciuta al contemporaneo Niccolò Machiavelli. Il frate venne perdonato per il suo peccato e premiato per il fine raggiunto. Chiusi proverà a riprendersi la reliquia, con guerre e richieste formali, ma senza successo, e ancora oggi, nella navata sinistra della cattedrale di Perugia, la cappella di san Giuseppe conserva l’anello con cui l’anziano falegname avrebbe sposato la madre di Cristo a Gerusalemme. Non è più al suo posto originale, invece, la pala che Pietro Vannucci, detto il Perugino, realizzò tra il 1499 e il 1504 per decorare la cappella: confiscata in epoca napoleonica, a fine settecento, l’opera finì dopo varie vicissitudini in Normandia, e oggi è conservata al Musée des Beaux-Arts di Caen.
Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!
Iconografia ricorrente
Il Perugino dipinse la scena del matrimonio (un olio su tavola di 234 x 185 centimetri) inserendo i protagonisti in un contesto rinascimentale che aveva già utilizzato per un affresco nella Cappella Sistina. In Vaticano l’artista aveva illustrato la Consegna delle chiavi della Chiesa a san Pietro; nello Sposalizio della vergine, invece, ha immortalato il momento in cui san Giuseppe mette l’anello nuziale al dito della Madonna, che appare già incinta, come farebbe presupporre la mano libera posata sul ventre pronunciato. La fede nuziale di Maria, la stessa che è tuttora conservata nel duomo di Perugia, è un anello di quarzo verde e calcedonio.
In entrambi i dipinti compare un gruppo di persone e, alle loro spalle, uno sfondo analogo, costituito da una piazza realizzata usando le nuove regole della prospettiva teorizzate da Leon Battista Alberti e subito accolte da tutti gli artisti più moderni. L’edificio sullo sfondo e il pavimento a quadroni sono di gusto tipicamente rinascimentale e non rispecchiano l’architettura della Gerusalemme dell’epoca di Cristo.
Sposalizio della vergine, di Pietro Vannucci, detto il Perugino. Olio su tavola. Musée des Beaux-Arts di Caen, Francia
Foto: White Images / Scala, Firenze
L'episodio dipinto dal Perugino è raccontato nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, una raccolta di vite di santi popolare nel Medioevo. Secondo la vicenda narrata, Maria avrebbe sposato l’uomo il cui bastone fosse fiorito: l’unico che germogliò fu quello di Giuseppe. Alle spalle dell'uomo, un giovane riccamente vestito spezza deluso il suo bastone spoglio con il ginocchio. Sullo sfondo, in una scena analoga alla precedente, Perugino inserisce un uomo che prefigura il Cristo risorto.
Il quadro di Perugino ispirò poi anche il suo allievo Raffaello Sanzio, che nel 1504 realizzò un’opera analoga (stesso tema, stesso contesto), ma con un’abilità superiore a quella del maestro. Lo Sposalizio della vergine di Raffaello è esposto alla Pinacoteca di Brera, a Milano.
Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!
Per saperne di più
Perugino. Vittoria Garibaldi, Giunti Editore, Firenze, 2004