La spedizione di Magellano ed Elcano: prima parte

Il 10 agosto 1519 salpava la spedizione che completò per la prima volta la circumnavigazione del pianeta. Cinque navi con a bordo 250 uomini partirono sotto la guida del marinaio portoghese Ferdinando Magellano, che non avrebbe mai raggiunto le isole delle Spezie né completato il giro del globo

L’estate 1519 partiva da Siviglia una flotta sotto il comando di Ferdinando Magellano, veterano di mare portoghese che aveva convinto il re di Spagna ad abbracciare l’idea di raggiungere da ovest le isole delle Spezie. Né lui, né il giovane sovrano che si fidò della sua intuizione, né Juan Sebastián Elcano, l’esperto marinaio basco che si era appena arruolato su una delle navi, potevano immaginare che quella spedizione avrebbe finito per circumnavigare per la prima volta il pianeta, facendo la storia.

Fame e fatica per tutti, morte per molti, gloria per pochi eletti: fu questo il bilancio dell’impresa che per la prima volta percorse tutto il mondo. La storia di quanti sopravvissero per raccontarla e di quanti morirono nel tentativo ci è arrivata attraverso diversi uomini, in particolare il pilota greco Francisco Albo, il marinaio spagnolo Ginés de Mafra e il cronista italiano Antonio Pigafetta. Solo la versione di quest’ultimo, «un fedelissimo di Magellano», secondo Lola Higueras, storica navale ed ex direttrice del Museo navale di Madrid, venne pubblicato integralmente dopo il ritorno della spedizione. Sarebbe stata la visione di quest’uomo con l’anima del reporter a condizionare più di tutte l’attuale narrazione su una spedizione che senza averlo progettato fece il giro del mondo.

Mappamondo che mostra la via compiuta da Magellano ed Elcano realizzato da Battista Agnese, Atlante nautico, Venezia, 1544

Mappamondo che mostra la via compiuta da Magellano ed Elcano realizzato da Battista Agnese, Atlante nautico, Venezia, 1544

Foto: Pubblico dominio

Alle origini di un’impresa storica

Come si può realizzare un’impresa simile senza proporselo? Dalla metà del XV secolo l’Europa era stata presa da una febbre di scoperta di nuovi mondi, nuovi porti e nuove rotte commerciali. La presa di Costantinopoli nel 1453 da parte del sultano Maometto II aveva aperto una nuova era. Non solo per l’impero ottomano, ma anche, paradossalmente, per l’espansione di un continente che, con la via delle spezie in mano turca, non aveva potuto che mettersi in mare e affrontare i mostri che popolavano le mappe. Alla fine del secolo, quando la scoperta dell’America dimostrò che c’erano ancora delle terre da esplorare, gli studiosi avevano già iniziato a intuire che il mondo non finiva con un salto nel vuoto e che la sfericità della Terra era più di un’ipotesi. La spedizione che nel 1519 stava partendo da Siviglia stava per dimostrarlo.

Dalla metà del XV secolo l’Europa era stata presa da una febbre di scoperta di nuovi mondi, nuovi porti e nuove rotte commerciali

Furono diversi i fattori che concorsero a fornire le circostanze e il momento idoneo: i progressi tecnologici nella progettazione delle navi, negli strumenti di navigazione e nella cartografia, lo sviluppo di un pensiero più globale con la fine del Rinascimento e, naturalmente, un incentivo potente: la ricerca delle ricchezze che attendevano al di là del mare.

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Un mondo ancora sconosciuto

Fernando Magellano riuniva le conoscenze, l’esperienza e la motivazione, acquisite durante le spedizioni al servizio del re di Portogallo. Il trattato di Tordesillas nel 1494 aveva diviso un mondo ancora non del tutto conosciuto tra i due vicini peninsulari. Il regno portoghese aveva già fondato delle colonie in Africa, in stile fenicio, costeggiando il continente fino al capo di Buona Speranza, risalendo la costa africana fino ad arrivare in India e a raggiungere, nell’attuale Indonesia, le mitiche isole delle Spezie, le uniche al mondo a produrre chiodi di garofano, cannella e noce moscata: mercanzie che in Europa avevano un’altissima domanda. Magellano, che aveva già navigato in quelle zone e ne aveva intravisto le possibilità, cercò di offrire al re del Portogallo la possibilità di finanziare una spedizione per raggiungere le isole da un percorso più breve, da occidente.

Magellano in un ritratto postumo (anonimo del XVI o XVII secolo), Mariners Museum, Newport News, USA

Magellano in un ritratto postumo (anonimo del XVI o XVII secolo), Mariners Museum, Newport News, USA

Foto: Pubblico dominio

Un’idea innovativa?

L'idea non era nuova, come sottolinea lo storico José Luis Comellas. Colombo l'aveva già presentata ai Re Cattolici trent’anni prima, con risultati noti a tutti. È probabile che entrambi i navigatori abbiano attinto alla stessa fonte: la carta di Toscanelli, oggi perduta, che "dimostrava" che la distanza a ovest era notevolmente inferiore a quella della "rotta portoghese". Il monarca Manuele I del Portogallo rifiutò la proposta di Magellano, forse perché non aveva bisogno di una rotta alternativa, o forse su suggerimento del suo Consiglio dei matematici, che intuitivamente trovò delle dissonanze nelle distanze stabilite da Toscanelli. C'erano effettivamente delle discrepanze: basandosi sui calcoli di Tolomeo, Toscanelli pensava che la Terra fosse più piccola di un quarto rispetto alla realtà e stimava la sua circonferenza a 29mila chilometri invece dei 40mila che conosciamo oggi. Un errore di calcolo.

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Rifiutato dal re portoghese, Magellano arrivò in Spagna accompagnato da Rui de Faleiro, un prestigioso cosmografo che sosteneva di essere in grado di calcolare la longitudine geografica, l'ambita variabile che mancava quando si effettuavano le misurazioni in mare. I due assicuravano di conoscere un "passaggio" attraverso le Americhe per costeggiare il nuovo continente e raggiungere il mare del Sud che Vasco Núñez de Balboa aveva avvistato cinque anni prima. E non solo: riuscirono a dimostrare che le Molucche si trovavano nella parte spagnola del trattato di Tordesillas. Un’affermazione rischiosa, non conoscendo le dimensioni del mondo, ma così attraente - e redditizia, se vera - che il monarca spagnolo non ebbe bisogno di molto altro per metterli al comando di una flotta.

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Nel marzo 1518 fu firmato a Valladolid l’accordo tra il re spagnolo e il navigatore portoghese. Vi si stabilivano gli obiettivi (cercare un passaggio attraverso il sud delle Indie che portasse alle isole Malucche e verificare che si trovassero in territorio spagnolo), gli obblighi (non entrare in conflitto con le tribù locali, non sforare in territorio portoghese e informare subito gli altri capitani della rotta) e la ricompensa (l'ingresso nell'ordine di Santiago, una partecipazione ai profitti e un sistema di signorie sulle nuove terre scoperte).

Re Carlo di Spagna in un ritratto di Bernard van Orley, 1517 circa

Re Carlo di Spagna in un ritratto di Bernard van Orley, 1517 circa

Foto: Pubblico dominio

La spedizione, che costò otto milioni di maravedís (oggi corrisponderebbero a 1,5 milioni di euro), fu finanziata dalla Corona di Castiglia. Nonostante le voci secondo cui il re del Portogallo avrebbe cercato in tutti i modi di sabotare la spedizione, mentre le navi venivano rifornite a Siviglia, il sogno di Magellano sembrava sul punto di concretizzarsi. Ci fu solo un cambiamento rispetto alla proposta iniziale: Rui de Faleiro sarebbe rimasto a terra. Juan de Cartagena prese il posto del cosmografo come socio di Magellano, responsabile della San Antonio. «Ciò istituì una direzione bicefala nella spedizione», dice Luis Mollá. «E una direzione bicefala in mare non funziona mai».

Finanziata dalla Corona di Castiglia, la spedizione costò otto milioni di maravedís (che oggi corrisponderebbero a 1,5 milioni di euro)

250 uomini, cinque navi e una grande avventura

Il 20 settembre 1519, quaranta giorni dopo essere salpate da Siviglia, le navi iniziarono la traversata oceanica da San Lucar de Barrameda con provviste sufficienti per due anni. Nessuno immaginava che la spedizione sarebbe durata più a lungo. Da quel momento in poi, a prescindere da Corone, re o nazionalità, ci sarebbero stati solo uomini, circa 250 a bordo di cinque navi. In quanto tali, il loro comportamento, i loro successi e i loro errori sarebbero semplicemente il risultato delle emozioni umane.

Cartagena e Magellano si scontrarono fin dall'inizio. Il navigatore si rifiutava di considerare il personaggio imposto dal re come un suo pari, mentre il capitano della San Antonio, consapevole della sua posizione, si sentiva ignorato. Secondo alcuni autori, durante la prima sosta a Tenerife Magellano ricevette degli avvertimenti sul malcontento degli altri comandanti, che avrebbero potuto rivoltarsi contro di lui, e sulle manovre che il Portogallo stava attuando per sabotare la spedizione. Possiamo immaginare il disagio del navigatore: perseguitato dai suoi compatrioti, per i quali era un traditore, e sorvegliato dai comandanti spagnoli, secondo i quali poteva essere una spia dei portoghesi, Magellano, contrariamente agli accordi firmati con il re, si rifiutò di dare informazioni o di condividere le rotte, il che esacerbò i cattivi rapporti tra lui e Juan de Cartagena. Quest'ultimo lo rimproverò, chiedendo spiegazioni, e Magellano approfittò del confronto per sequestrarlo e sollevarlo dal comando della nave. Una manovra storicamente discutibile che forse, nel tentativo di evitare un ammutinamento, finì per provocarlo.

Juan de Cartagena messo ai ceppi su ordine di Magellano, illustrazione del 1909

Juan de Cartagena messo ai ceppi su ordine di Magellano, illustrazione del 1909

Foto: Pubblico dominio

Durante la seconda lunga sosta della spedizione nella baia di Santa Lucia, vicino all'odierna Rio de Janeiro, gli animi dell'equipaggio si placarono per un po', ma i disordini ripresero quando salparono quasi un mese dopo. Per settimane Magellano esplorò la foce di ogni fiume, il che fece pensare al suo equipaggio che il capitano non conoscesse il luogo che avrebbe dovuto collegare i due mari e che stessero navigando a caso. Probabilmente era vero, perché nessuno era mai stato più a sud del Río de la Plata. Tutte le mappe finivano lì. In previsione dell'inizio dell'inverno, il 30 marzo Magellano ordinò di fare ancora nella baia di San Julián, nell'attuale Patagonia argentina, e di razionare il cibo; le navi non si sarebbero mosse fino all'arrivo del bel tempo. Come sottolinea Comellas, «non c'è niente di peggio per un marinaio che stare fermo e consumare cibo». Il malcontento, diffuso e inarrestabile, aveva tutte le caratteristiche dell'ammutinamento.

Un ammutinamento punito con la morte

E ammutinamento fu. La notte del 1° aprile 1520 i capitani di altre due navi, Quesada e Mendoza, liberarono Juan de Cartagena con l'intenzione di formare un fronte comune per costringere Magellano a esaudire le loro richieste. La rivolta fu soffocata e il marinaio portoghese ordinò immediatamente la pena capitale per le persone coinvolte. «In mare l'ammutinamento è punibile con la morte», dice Mollá, «ma c'è da chiedersi se questo si possa chiamare ammutinamento, o almeno se Magellano avesse l'autorità di arrestare Cartagena, un suo pari».

Alcuni storici ritengono che Magellano agì con un eccesso di autorità e che questo finì per condizionare il suo rapporto con l'equipaggio e, quindi, l'andamento della spedizione stessa

Lola Higueras è più decisa nell'affermare che Magellano agì con un eccesso di autorità e che questo finì per condizionare il suo rapporto con l'equipaggio e, quindi, l'andamento della spedizione stessa. «Fece squartare i cadaveri di Quesada e Mendoza e abbandonò Cartagena - l'uomo nominato dal re e dal vescovo - e Sánchez Reina - un ecclesiastico che gli si opponeva - su un'isola deserta. Non osò giustiziarli personalmente e li lasciò al giudizio di Dio».

Luis Mendoza, uno degli artefici dell'ammutinamento contro Magellano in Patagonia, viene pugnalato. Incisione ottocentesca

Luis Mendoza, uno degli artefici dell'ammutinamento contro Magellano in Patagonia, viene pugnalato. Incisione ottocentesca

Foto: Pubblico dominio

All'ultimo momento l'ormai indiscusso capitano si permise di condonare l'esecuzione degli altri quaranta uomini coinvolti, tra cui Juan Sebastián Elcano, comandante della nave Concepción. «Non fu una questione di generosità», commenta Higueras. «È che non poteva permettersi di fare a meno di un intero equipaggio».

L’inverno durò circa sette mesi, con un breve tentativo di avanzamento in cui andò perduta la Santiago, ma non il suo equipaggio, che dovette essere distribuito tra le altre quattro navi. Durante questa attesa il freddo, lo scoraggiamento, l'inattività e il peso dei compagni morti o abbandonati si fecero sentire. Bloccati in quello che chiamavano puerto de Santa Cruz, nessuno di loro poteva sapere che il sospirato passaggio li attendeva a pochi giorni di distanza. Quando finalmente, dopo aver ripreso le vele, scoprirono nel dedalo di canali e baie che si aprono a ovest che l'acqua era ancora salata, Magellano scelse per la prima volta di sottoporre la decisione da prendere al giudizio del resto dei comandanti. Quello poteva essere il sospirato passaggio. Che cosa dovevano fare? Attraversarlo alla ricerca delle Molucche o tornare in Spagna per raccontarlo?

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Tornare indietro o proseguire

Alla fine di novembre il passaggio che oggi conosciamo come stretto di Magellano fu attraversato per la prima volta. Pigafetta dà conto delle nebulose individuate nel cielo, che battezzarono con il nome del navigatore, e della stella che sarebbe stata chiamata Croce del Sud. Sulla terraferma, i lontani falò avvistati diedero il nome al mondo che si stavano lasciando alle spalle: Terra del Fuoco. Felici di trovarsi finalmente in un oceano ingannevolmente tranquillo, fecero rotta verso l'equatore e le tanto agognate isole. Non si fermarono nemmeno a fare rifornimento. Non avevano modo di sapere che stavano per affrontare il mare più grande mai navigato. Né che, da lì, si trovavano alla stessa distanza dalle Molucche che dal continente europeo.

'Scoperta dello stretto di Magellano', dipinto a olio di Álvaro Casanova Zenteno

'Scoperta dello stretto di Magellano', dipinto a olio di Álvaro Casanova Zenteno

Foto: Pubblico dominio

Per tre disperati mesi navigarono verso nord-ovest alla ricerca dell'equatore e delle Molucche, senza alcuna terra in vista, vittime del caldo, della bonaccia, della fame, della sete e dello scorbuto, passando accanto a isole che non videro mai. Una ventina di uomini morì. Avevano percorso più di 13mila miglia quando riuscirono a rifornirsi di frutta fresca su quella che oggi è l'isola di Guam, nelle Marianne. Quando le tre navi rimaste raggiunsero le isole di San Lazaro, oggi nelle Filippine, era chiaro che le Molucche, sulla linea dell'equatore, si trovavano più a sud.

Sulla terraferma, i lontani falò avvistati diedero il nome al mondo che si stavano lasciando alle spalle: Terra del Fuoco

«I suoi uomini cominciarono a sospettare che si fosse perso», racconta Mollá, «ma questo è impossibile». Juan Sebastián Elcano avrebbe in seguito sottolineato che il capitano «non aveva mai avuto intenzione di percorrere quella rotta». Gli storici ritengono che Magellano, in realtà, non avesse più tanta fretta di raggiungere le spezie. «Non dimentichiamo che avrebbe ottenuto la signoria di almeno due delle isole che avrebbe trovato», ricorda Higueras. «È possibile che i nuovi territori che trovò lo abbiano distolto dalla sua missione». Per Mollá, non fu l'ambizione a guidare il navigatore portoghese: «Aveva già ottenuto il passaggio che cercava, ora voleva qualcosa di più delle spezie. Aveva bisogno di stabilire nuove alleanze e di rendere omaggio al re».

Un prezzo molto alto

Queste alleanze gli costarono care. Humabon, il capo di Cebu, gli propose di sottomettere un capo rivale, Lapu Lapu, in modo da poter governare su tutte le isole, che avrebbe ovviamente messo al servizio del lontano re di Spagna. Magellano dovette ritenere che la piccola scaramuccia valesse la pena, accettò la proposta e partì per Mactan con quarantanove dei suoi uomini. Tutti sottovalutarono Lapu Lapu, il quale attendeva con 1.500 guerrieri accovacciati sulla spiaggia che gli spagnoli, con l'acqua fino alle cosce e le pesanti armature, scendessero a terra pronti per una battaglia impari. Contrariamente a quanto pensava Magellano, la vittoria non doveva essere conquistata dall'artiglieria, ma dal maggior numero di combattenti. Mollá attribuisce il risultato alla capacità strategica di Lapu Lapu, Higueras, all'arroganza di Magellano, il quale secondo lui «era incapace di valutare il rischio».

La morte di Magellano per mano dei guerrieri Mactan (raffigurazione del XIX secolo)

La morte di Magellano per mano dei guerrieri Mactan (raffigurazione del XIX secolo)

Foto: Pubblico dominio

Un addoloratissimo Pigafetta raccontò la morte di Magellano come quella dell'eroe che aveva sempre visto in lui, crivellato dagli indigeni mentre difendeva la ritirata del suo popolo. «Lo hanno ucciso, il nostro specchio, la nostra luce, la nostra consolazione, la nostra vera guida», scrisse l'italiano. Il capitano della spedizione non aveva ancora raggiunto le sospirate Molucche, che lo attendevano a circa 1.500 miglia più a sud. Il 27 aprile 1521 l'equipaggio delle uniche tre navi rimaste aveva appena perso la propria guida.

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La seconda parte dell'articolo sarà pubblicata martedì 6 settembre.

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