La smania della villeggiatura nel XVIII secolo

L'estate era l'occasione, per i nobili italiani, di esibire sfarzo e ricchezze. Come racconta un cronista d'eccezione: Goldoni

Nelle città italiane del XVIII secolo, quando si avvicinava la bella stagione molti iniziavano a spazientirsi; sembrava che tutti pensassero solo all’organizzazione delle imminenti vacanze estive. «Dove andate in vacanza quest’anno?», erano soliti domandarsi i personaggi delle opere teatrali di Carlo Goldoni, il grande scrittore veneziano che lasciò nelle sue numerose commedie un ritratto particolareggiato della società italiana della metà del XVIII secolo.

Festa alla villa Widmann, Andrea Pastò, 1750 circa. Galleria dell'Accademia Carrara, Bergamo

Festa alla villa Widmann, Andrea Pastò, 1750 circa. Galleria dell'Accademia Carrara, Bergamo

Foto: Scala, Firenze

Rimanere in città d’estate era, infatti, inconcepibile: «Un anno senza andare in villeggiatura? Che direbbero di me? Non avrei più ardire di mirare in faccia nessuno», proclama un personaggio goldoniano della Trilogia della villeggiatura (1761); l’invidia per quelli che erano partiti era, infatti, insopportabile: «Tutti vanno in campagna e non voglio che dicano ch’io resti a fare la guardia, a Livorno».

Goldoni affermava, a proposito della villeggiatura, nell’introduzione dell’opera, che «l’innocente divertimento della campagna è diventato a’ dì nostri una passione, un delirio, un disordine».

In realtà, nel XVIII secolo non si parlava di vacanze estive, bensì di villeggiatura. Il termine faceva riferimento alle ville, residenze in campagna che divennero molto popolari nel Rinascimento. A quell’epoca, infatti, gli aristocratici di città come Roma, Firenze o Venezia erano soliti recarsi ogni anno presso le loro abitazioni estive, che a volte erano degli autentici palazzi: un esempio sono le famose ville dell’architetto Andrea Palladio (Andrea di Pietro della Gondola, 1508-1580).

La rotonda, villa progettata dal Palladio per la famiglia veneziana degli Almerico

La rotonda, villa progettata dal Palladio per la famiglia veneziana degli Almerico

Foto: AKG / Album

Il benessere della campagna

Durante la stagione estiva, in epoca rinascimentale, i villeggianti si recavano presso le proprie residenze in campagna per supervisionare i lavori nelle loro tenute agricole e contemporaneamente godersi un periodo di riposo a contatto con la natura. Si trattava solitamente di soggiorni brevi; appena si concludeva il raccolto o la vendemmia, infatti, i nobili facevano ritorno alle proprie case in città.

Nella prima metà del XVIII secolo, invece, si verificarono dei cambiamenti sostanziali rispetto al passato nelle abitudini vacanziere: prima di tutto il periodo di svago si allungò; a Venezia si contavano perfino due stagioni, la prima dalla metà di giugno alla metà di luglio e la seconda dagli inizi di settembre a metà novembre; complessivamente la villeggiatura durava dunque quasi quattro mesi, sebbene spesso i mariti facessero ritorno in città prima delle mogli, le quali proseguivano la vacanza da sole. Ma la principale differenza è che il soggiorno non veniva dedicato alla cura della campagna, bensì al puro e semplice divertimento.

In Le smanie per la villeggiatura, la prima delle commedie della trilogia, un altro personaggio, un anziano, dà testimonianza del cambiamento delle abitudini vacanziere dicendo: «Ai miei tempi, quando era giovine, si anticipavano le villeggiature e si anticipava il ritorno. Fatto il vino si ritornava in città; ma allora si andava per fare il vino, ora si va per divertimento, e si sta in campagna col freddo, e si vedono seccar le foglie sugli alberi».

Carlo Goldoni. Pietro Longhi, XVIII secolo. Casa Goldoni, Venezia

Carlo Goldoni. Pietro Longhi, XVIII secolo. Casa Goldoni, Venezia

Foto: Dea / Album

Le vacanze divennero una moda, un segno di distinzione sociale. Infatti, amici e conoscenti frequentavano gli stessi luoghi: «Sì, è pur troppo vero, chi vuol figurare nel mondo, convien che faccia quello che fanno gli altri», afferma Leonardo, un altro personaggio della Trilogia, criticando le nuove abitudini dei villeggianti rispetto ai valori di austerità e risparmio propri delle generazioni precedenti.

Andare in campagna richiedeva tra l’altro lunghi preparativi. I servitori impiegavano circa un mese per mettere insieme tutto il necessario per il viaggio e sistemarlo in grandi bauli. «Oggi la campagna è di maggiore soggezione della città», si lamenta Paolo, un servitore vinto dalla montagna di cuffie da giorno, berretti da notte, pizzi, mantelli e mantelline da preparare per la vacanza in villa.

In aggiunta, oltre all’abbigliamento, i villeggianti portavano vassoi e candelabri d’argento e prodotti alimentari come per esempio caffè, cioccolato e diverse spezie. Le donne rinnovavano il proprio guardaroba in occasione della vacanza; una testimonianza di questa abitudine è offerta sempre nell’opera teatrale dell’autore veneziano, che porta sulla scena una giovane donna in trepidante attesa di un abito francese all’ultima moda, che alla vigilia della partenza non ha ancora ricevuto.

Interno di villa Pisani, affrescato da Jacopo Guarana (XVIII secolo). Questa villa patrizia si trova a Stra (Venezia)

Interno di villa Pisani, affrescato da Jacopo Guarana (XVIII secolo). Questa villa patrizia si trova a Stra (Venezia)

Foto: Dea / Album

Tempo di divertimento

Per far fronte alle ingenti spese della villeggiatura estiva, molti non esitavano a contrarre ingenti debiti.

Il proprietario della villa vi si recava in calesse o carrozza, accompagnato da alcuni suoi invitati. La servitù viaggiava separatamente in un’altra carrozza, talvolta più persone condividevano lo stesso mezzo per ridurre i costi del trasporto. Molti veneziani si trasferivano nei luoghi di villeggiatura utilizzando un’elegante imbarcazione, il burchiello, con la quale attraversavano la laguna veneta partendo da Fusina.

L’itinerario fluviale si snodava lungo il Brenta e i suoi canali, per raggiungere, infine, Padova. Questa zona era molto amata dall’alta società veneziana e su entrambe le rive del fiume si trovavano numerose ville: nel XVI secolo se ne costruirono circa duecentocinquanta, mentre nel XVIII si arrivò a circa quattrocento unità.

Burchiello, imbarcazione tipica di Venezia. Olio di G.D. Tiepolo, XVIII secolo

Burchiello, imbarcazione tipica di Venezia. Olio di G.D. Tiepolo, XVIII secolo

Foto: Dea / Album

Con le loro imponenti facciate, veri e proprio capolavori architettonici, i giardini e i parchi, queste residenze offrivano ai visitatori un panorama davvero unico: «Chi naviga sopra il fiume Brenta rassembra andare a diporto in mezzo a una Città per il corso di 16 miglia che forman quasi un continuato Borgo», testimoniava nel 1697, in una sua opera, il cartografo ed enciclopedista Vincenzo Maria Coronelli.

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Molti invitati in villa

Le estati nelle ville del XVIII secolo si caratterizzavano per la grande frequentazione di persone. Si trattava di invitati o di vicini di casa, con i quali si organizzavano balli, pranzi, partite a carte o si intrattenevano conversazioni. Per fare numero non si esitava a invitare veri e propri opportunisti: «Se non vado con voi, andrò con qualchedun altro», sostiene uno dei personaggi della Trilogia della villeggiatura.

Nella commedia I malcontenti di Goldoni, un personaggio femminile, Leonilde, “fanciulla da marito”, racconta l’arrivo di un gruppo di villeggianti alla residenza di campagna: «Siamo andati in dodici in compagnia; e tutti uomini, donne, padroni, servitori, carrozze, cavalli, tutti alla nostra villa. Arrivati colà, trovammo preparata una sontuosa cena; dopo cena si giocò al faraone, e siccome il sonno andava prendendo ora l’uno, ora l’altro, e mio fratello ed io eravamo impegnati nel gioco, ciascheduno che aveva volontà di dormire, andò nel primo letto che ritrovò, e io fui obbligata dormir colla cameriera, e mio fratello sul canapè».

Un pittore veneziano della scuola di Pietro Longhi (1701-1785) illustra in questa tela diverse scene di una vacanza

Un pittore veneziano della scuola di Pietro Longhi (1701-1785) illustra in questa tela diverse scene di una vacanza

Foto: Erich Lessing / Album

Goldoni, sempre nell’introduzione alla Trilogia, riferisce che, una volta terminata la vacanza, molti dovevano fare i conti con i costi esagerati della villeggiatura: «I personaggi principali di queste tre rappresentazioni [...] sono di quell’ordine di persone che ho voluto prendere precisamente di mira; cioè di un rango civile, non nobile e non ricco; poiché i nobili e ricchi sono autorizzati dal grado e dalla fortuna a fare qualche cosa di più degli altri. L’ambizione de’ piccioli vuol figurare coi grandi, e questo è il ridicolo ch’io ho cercato di porre in veduta, per correggerlo, se fia possibile». Tuttavia, l’anno seguente, nessuno avrebbe saputo rinunciare a un’altra vacanza in villa.

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Per saperne di più

La città di Vicenza e le ville del Palladio nel Veneto. Andrea Leonardi, SAGEP, Genova, 2011.

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