Sinuhe, le avventure di un egizio in esilio

Dopo l’assassinio di Amenemhat I, e temendo possibili rappresaglie, Sinuhe fugge dall’Egitto e si rifugia nel Vicino Oriente, dove diventa un uomo ricco e rispettato. Così cominciano le Avventure di Sinuhe, uno dei racconti più famosi dell’antico Egitto

 

 

«La Residenza era nel silenzio, i cuori in pena, i Due Grandi Cancelli erano stati chiusi, i cortigiani in lutto, i notabili nell’angoscia». Questa descrizione dell’atmosfera di desolazione che regna alla corte d’Egitto per la morte di Amenemhat I apre Le avventure di Sinuhe, la composizione letteraria più nota dell’antico Egitto, considerata un capolavoro.

Tavola con le offerte per il defunto. Stele funeraria. XII dinastia

Tavola con le offerte per il defunto. Stele funeraria. XII dinastia

Foto: Erich Lessing / Album

 

 

Le numerose copie che si conservano di questo testo costituiscono la prova della popolarità che ebbe in epoca faraonica. Fu molto utilizzato dagli apprendisti scribi, ragione per cui si sono conservati fino a 28 ostraka (frammenti di ceramica o di pietra usati per scrivere e disegnare) e sette papiri che raccolgono differenti parti del racconto. Di nessun altro testo letterario egizio possediamo un tale numero di copie.

Grazie agli ostraka e ai papiri è stato possibile ricostruire dal principio alla fine il testo delle Avventure di Sinuhe, la cui storia si svolge all’inizio della XII dinastia, a partire dalla morte di Amenemhat I e nel corso del regno di suo figlio Sesostri I. Il testo è ricco d’azione, con l’inserimento di dialoghi che ne accrescono la vivacità, e addirittura con trascrizioni delle lettere scambiate tra il monarca e il protagonista, il che conferisce più realismo alla narrazione.

Tutte le versioni conosciute del racconto di Sinuhe furono redatte in scrittura ieratica, una semplificazione di quella geroglifica, che era la più utilizzata dagli scribi. Questi ultimi erano soliti scrivere con inchiostro nero, e usavano quello rosso per i titoli o gli enunciati principali oppure per le revisioni e le correzioni che i maestri facevano allo scritto originale. Questi dettagli, così come la calligrafia personale di ogni scriba, sono visibili nelle diverse copie conservate. Lo stile del testo, dal canto suo, corrisponde in maggior parte al genere del verso narrativo. In alcune versioni, lo scriba segnò alcuni punti con inchiostro rosso per separare le frasi principali, forse per formare versi accoppiati.

Un nobile al servizio del faraone

Il protagonista della storia è Sinuhe, il cui nome significa “figlio del sicomoro”, un personaggio presentato al principio del testo come il «nobile, leader, giudice, portatore del sigillo reale, amministratore dei distretti del sovrano nelle terre degli asiatici, vero conoscente del re, suo amato, seguace» e «servitore» della regina Neferu, la grande sposa reale di Sesostri I, il che denota la sua importanza e la sua vicinanza al faraone e alla sua famiglia. D’altro canto, questa introduzione richiama i testi autobiografici usualmente iscritti in molte tombe e nei quali il defunto sfoggiava il proprio “curriculum”.

Anche altri testi, come Le avventure di Unamon, narrano le peripezie dei loro protagonisti fuori dall’Egitto, in questo caso durante un viaggio per nave a Biblo. Modellino di nave del Medio Regno. Ashmolean Museum, Oxford

Anche altri testi, come Le avventure di Unamon, narrano le peripezie dei loro protagonisti fuori dall’Egitto, in questo caso durante un viaggio per nave a Biblo. Modellino di nave del Medio Regno. Ashmolean Museum, Oxford

Foto: Bridgeman / Aci

 

 

Le Avventure di Sinuhe si aprono con la morte di Amenemhat I nel 30° anno del suo regno, un regicidio che non è descritto nel racconto, ma del quale parlano altri documenti storici. Il faraone fu assassinato nel suo palazzo mentre dormiva, come è riportato nelle Istruzioni di Amenemhat, un testo nel quale lo spirito del re racconta la propria morte al figlio e successore e lo consiglia su questioni di governo. Nelle Avventure di Sinuhe non si dice neppure se la morte di Amenemhat avesse provocato rivolte a Iti-Tawy, la capitale fondata dal faraone, come se si fosse deciso di tacere sulla morte del re e la reazione di Sinuhe.

Nella storia si dice, invece, che Sesostri I in quel momento faceva ritorno da una campagna contro i libici, e che vennero inviati dei messaggeri per informarlo della morte di suo padre. A quella terribile notizia, e senza che venga spiegato nel testo, Sinuhe, che accompagnava l’esercito del principe ereditario, reagì come se venisse colto da un senso di colpa: «Un tremito mi percorse il corpo e fuggii a grandi balzi cercando un nascondiglio; mi misi tra due arbusti».

La fuga di Sinuhe

Sinuhe comincia la sua strana fuga risalendo il Nilo dalla parte occidentale del Delta all’altopiano di Giza, e all’altezza di un villaggio chiamato Negaur attraversa il fiume su una zattera senza timone, sfruttando il vento dell’ovest. Oltrepassata la cava di Gebel Ahmar, presso l’odierna Il Cairo, proseguirà a est del Delta, fino ai Muri del Principe, al confine orientale del Paese, una specie di sistema di fortificazioni eretto da Amenemhat I
per evitare le incursioni dei popoli asiatici. Quando giunge nella zona dei Laghi Amari, a nord dell’istmo di Suez, Sinuhe è in punto di morte: «Ebbi un attacco di sete. Ero disidratato, la mia gola era secca. Mi dissi: “Questo è il sapore della morte”».

Uno degli ostraka sui quali venne inscritta la storia di Sinuhe. XIX dinastia, British Museum

Uno degli ostraka sui quali venne inscritta la storia di Sinuhe. XIX dinastia, British Museum

Foto: British Museum / Scala, Firenze

 

 

In questo stato di prostrazione viene trovato da alcuni nomadi, che lo salvano. Numerosi documenti di quell’epoca parlano del pacifico ingresso di asiatici nella regione del Delta, per motivi commerciali – come si vede in una pittura della tomba del governatore Khnumhotep II a Beni Hasan – o semplicemente per trascorrere qualche tempo nelle fertili terre alluvionali che, specialmente in tempo di carestia, servivano da pascolo al bestiame.

Giunto a Qedem, vicino a Biblo, Sinuhe conosce Amunenshi, sovrano della regione dell’alto Retenu, in Siria. Quando questi gli chiede perché si trovi nel palazzo e il motivo del suo strano viaggio, Sinuhe non si dilunga sui gravi avvenimenti, ma sottolinea la propria innocenza: «Non fui accusato, non fui additato. Non si udì alcuna critica, non fu pronunciato il mio nome per bocca dell’araldo. Non so che cosa mi condusse in questa terra straniera». Subito dopo, Sinhue descrive la grandezza e le buone maniere del nuovo faraone, Sesostri I, e consiglia ad Amunenshi di scrivergli e di essergli leale come lo fu col padre Amenemhat I, con il quale aveva avuto relazioni diplomatiche. In quel momento, nulla fa presagire che Sinuhe, che in Egitto si era mostrato pauroso e sfuggente, persino codardo, si distinguerà per l’esatto contrario nel suo nuovo Paese.

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Soldato valoroso

Il nostro protagonista entra a far parte della tribù del principe Amunenshi e sposa la sua primogenita, diventando così un capo tribale e trasferendosi a vivere in un luogo di frontiera chiamato Iaa, descritto come un autentico giardino, una terra fertile, ricca di miele, olio, frutta, cereali e bestiame. Dopo molti anni, anche i suoi figli diventeranno capi di tribù. Sinuhe, inoltre, combatterà contro i beduini asiatici come comandante delle truppe del sovrano dell’alto Retenu, dimostrando continuamente il proprio valore.

Un giorno, un eroe e campione di Retenu sfida Sinuhe e i due concordano di battersi all’alba. Secondo le regole, le rispettive tribù rimangono in attesa, poiché, essendo l’autorità personale, il futuro della tribù sarà segnato unicamente dal risultato del duello tra i capi. In questo frammento, alcuni autori hanno voluto vedere il prototipo letterario dello scontro biblico tra Davide e il gigante filisteo Golia.

Sinuhe si impossessa del bestiame del nemico dopo averlo sconfitto in duello. la pittura della tomba di Nebamon raffigura un giovane che guida una mandria di vacche. XVIII dinastia. British Museum

Sinuhe si impossessa del bestiame del nemico dopo averlo sconfitto in duello. la pittura della tomba di Nebamon raffigura un giovane che guida una mandria di vacche. XVIII dinastia. British Museum

Foto: British Museum / Scala, Firenze

 

 

Questo è il momento culminante della storia: Sinuhe riesce a sconfiggere il rivale e a strappargli tutti gli averi, raggiungendo l’apice della sua gloria nel Paese d’adozione. Con il prolungarsi del suo soggiorno e l’avvicinarsi della vecchiaia, però, il suo cuore soffre per la lontananza dall’Egitto: «La mia casa è bella, la mia posizione privilegiata, ma il mio pensiero è sempre al palazzo. Oh! Qualunque sia il dio che ha ordinato questa fuga, sii clemente, e permettimi senza indugio di tornare a vedere il luogo nel quale il mio cuore è sempre rimasto […] Che cosa è più importante di far sì che il mio corpo possa essere sepolto nella terra in cui nacqui?».

Non morire in terra straniera

Il desiderio di Sinuhe di tornare in Egitto giunge alle orecchie del faraone Sesostri I, che in una lettera lo esorta a fare ritorno: «Non morire in terra straniera, che non ti seppelliscano i cananei, che non ti avvolgano in una pelle di pecora come sarcofago […], pensa al tuo corpo e ritorna». Sesostri non formula accuse o rimproveri, ma nella sua risposta alla missiva reale, Sinuhe insiste a dire che non sa perché sia fuggito: «Non avevo previsto questa fuga, non era nel mio cuore, non l’avevo premeditata, non so che cosa mi abbia portato in questo luogo […] Avevo paura, anche se non ero inseguito».

Prima di fare ritorno in Egitto, Sinuhe lascia le sue proprietà e il comando della tribù al figlio maggiore. Il viaggio si svolge lungo la rotta di Horus, via militare e commerciale che seguiva la costa palestinese in direzione della fortezza di Tjaru, la porta d’ingresso dell’Egitto. Una volta a palazzo, l’esule si prostra dinanzi al re. La vista del faraone colpisce Sinuhe, che rivive le proprie paure a affida la propria vita al monarca: «Io ero come un uomo afferrato dall’oscurità, il mio ba se n’era andato, il mio corpo perdeva le forze, il mio cuore non era nel mio corpo, e non distinguevo tra la vita e la morte».

La Cappella bianca di Sesostri I fu edificata nel recinto di Karnak per commemorare il giubileo del faraone. Nel Nuovo Regno l’edificio fu smontato e i suoi pezzi usati come riempimento nel terzo pilone del tempio

La Cappella bianca di Sesostri I fu edificata nel recinto di Karnak per commemorare il giubileo del faraone. Nel Nuovo Regno l’edificio fu smontato e i suoi pezzi usati come riempimento nel terzo pilone del tempio

Foto: Werner Forman / Gtres

 

 

Dopo gli anni trascorsi in Siria, l’aspetto e gli indumenti di Sinuhe sono quelli tipici di un cananeo, e per questo i principi egizi non sono in grado di riconoscerlo. Ma non è così per il re : «Egli non ha nulla da temere. Egli non deve avere paura. Egli sarà un amico tra i nobili, e la sua posizione sarà in mezzo ai cortigiani».

Quando esce dal palazzo, Sinuhe è accompagnato a casa di un nobile, dove viene lavato e agghindato: «Mi furono tolti molti anni di dosso, venni rasato, mi pettinarono i capelli. Abbandonai la sporcizia del deserto e gli indumenti di coloro che viaggiano nella sabbia, e mi vestii con lino, mi cosparsi con l’olio migliore, e dormii su un letto». Sinuhe rinuncia al suo aspetto cananeo per rinascere nuovamente come egizio grazie alla volontà del faraone. Gli viene donata la casa di una persona importante, gli si dà abbondante sostentamento e – cosa più importante – gli si concede una tomba di pietra e decorata, con un corredo completo e il servizio funerario assicurato. Potrà così finire i suoi giorni in Egitto, dove era sempre rimasto il suo cuore. «Fu Sua Maestà a renderlo possibile [...] Rimasi nei favori del sovrano sino al momento di lasciare questo mondo».

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