Uno scavo in tre insediamenti inuit sui Monti Brooks (Alaska) ha portato a una scoperta sorprendente: una dozzina di perle di vetro veneziane datate nel XV secolo, quindi precedenti all'arrivo nel continente americano di Cristoforo Colombo. Il luogo del ritrovamento è un punto molto remoto; per questo motivo i ricercatori sono convinti che le perle abbiano percorso la Via della Seta e siano giunte in Alaska attraverso lo stretto di Bering.
Nello stesso luogo sono stati rinvenuti oggetti in metallo, come braccialetti di rame. Le fibre unite per legare insieme i reperti hanno permesso agli investigatori di effettuare la datazione al radiocarbonio, dalla quale è emerso che furono prodotti tra il 1397 e il 1488, così come riportato dalla rivista specializzata American Antiquity.
Moneta di scambio
Nel corso dell'Età Moderna le perle di vetro e altri oggetti simili durante furono ampiamente utilizzati come moneta di scambio con le popolazioni native. Si tratta di ciò che viene comunemente definito "moneta merce", in cui il valore risiede nell'oggetto barattato o nel materiale che lo compone, e che era il modo più comune di commerciare con i popoli che non coniavano monete. I gioielli e la bigiotteria erano particolarmente adatti a questo scopo in quanto piccoli e facili da trasportare.
Non a caso perle della varietà in questione, note come Early Blue o Ichtucknee Plain, sono state rinvenute in diversi luoghi del continente americano, come i Caraibi, la costa del Nord America e la regione dei Grandi Laghi. Solo che tutte quelle trovate finora risalivano almeno al XVI secolo, quindi a un periodo successivo all'arrivo di Colombo in America. Di conseguenza la presenza delle perle dall'altra parte dell'oceano non aveva mai generato incognite.
Nel ritrovamento recente, invece, la datazione risale al XV secolo. Come se non bastasse, il ritrovamento è avvenuto in Alaska, in una zona in cui la prima presenza documentata di popolazioni native risale al XVII secolo. È stata esclusa anche l'ipotesi che le perle siano state portate oltreoceano dai vichinghi, perché la zona del ritrovamento è troppo remota, e non si tratta certo di un luogo di passaggio.
I ricercatori sostengono quindi l'ipotesi che le perle debbano essere arrivate nel Nord America attraverso le rotte commerciali che partivano da Venezia e giungevano fin nel cuore dell'Asia. Anche così però, è decisamente sorprendente che abbiano raggiunto la fine del continente asiatico e siano approdate nella vicina America, a meno che non venga messo in discussione tutto ciò che credevamo di sapere su queste rotte.
I gioielli e la bigiotteria erano una moneta di scambio ideale perché piccoli e facili da trasportare
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Commercio a lunghissima distanza
La scoperta è di grande importanza per diversi motivi. La prima è che avvalora la tesi che in epoca precolombiana vi fosse un'attività commerciale attraverso lo stretto di Bering. In secondo luogo, è il primo campione documentato di prodotti europei che avrebbe raggiunto l'emisfero occidentale attraverso questa rotta. Infine, la sua datazione implica che l'uso di questo tipo di manufatti come valuta si è sviluppato prima di quanto si credesse finora, e il suo raggio d'azione fu decisamente più ampio. Secondo i ricercatori «il crescente insieme di prove nella regione dello stretto di Bering indica che dal I millennio d.C., se non prima, ci fu uno scambio di materiali non autoctoni dall'Asia nord-orientale all'Alaska nord-occidentale attraverso rotte indefinite».
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