Scacco al re: Elisabetta I contro Filippo II

La religione e la politica trasformarono la sovrana britannica e il re spagnolo da quasi sposi in rivali, in una lotta senza tregua per la gloria e il potere sul palcoscenico mondiale che sarebbe culminata con la vittoria della regina sul re

'Il ritratto dell’Armata', del 1588, rappresenta la regina Elisabetta I vittoriosa sulla Spagna, la cui disfatta è raffigurata alle sue spalle. La mano che indica il Nuovo mondo rivela le ambizioni dell’Inghilterra

'Il ritratto dell’Armata', del 1588, rappresenta la regina Elisabetta I vittoriosa sulla Spagna, la cui disfatta è raffigurata alle sue spalle. La mano che indica il Nuovo mondo rivela le ambizioni dell’Inghilterra

Foto: Woburn Abbey, UK / Bridgeman / Aci

Nell’estate del 1588 l’Inghilterra si preparava ad affrontare il suo nemico più potente e pericoloso, l’impero spagnolo. L’immensa armata navale di Filippo II si dirigeva verso le coste britanniche con il suo carico di soldati pronto a invadere il Paese. In previsione dell’attacco, la regina Elisabetta I pronunciò un discorso di fronte alle sue truppe di stanza a Tilbury Fort. I resoconti dell’epoca la descrivono come una specie di dea della guerra. In sella al suo cavallo, con i capelli ornati di piume e un’armatura sopra l’abito bianco, motivò i suoi soldati con un discorso infuocato: «So di avere il corpo debole e delicato di una donna; ma ho il cuore e lo stomaco di un sovrano, e per di più di un sovrano d’Inghilterra, e penso con disprezzo al fatto che […] il re di Spagna, o qualsiasi altro principe d’Europa, osi invadere i confini del mio regno».

La sconfitta finale degli spagnoli avrebbe consolidato il suo ruolo di leader carismatica di una potenza mondiale capace di tenere testa a Filippo II. Eppure un tempo il sovrano iberico aveva fatto parte della famiglia di Elisabetta ed era stato un suo timido alleato. All’inizio la loro relazione era stata pacifica, addirittura calorosa, ma ben presto i due regnanti si erano ritrovati sui lati opposti di uno scontro fra imperi e fedi che sarebbe durato fino alla loro morte.

Una sovrana improbabile

La futura regina Elisabetta I venne alla luce in una situazione complessa, che forse contribuì a plasmarne fin da subito il carattere. Il padre Enrico VIII aveva rotto con la chiesa cattolica per divorziare dalla prima moglie, Caterina d’Aragona, e sposare Anna Bolena, da cui sarebbe nata Elisabetta. Il re inglese sperava in una discendenza maschile e non accolse con gioia quella figlia. Anna Bolena cadde presto in disgrazia e fu giustiziata, mentre Enrico iniziava a cercarsi una nuova compagna che potesse dargli un figlio. E alla fine la trovò. Con la nascita di Edoardo, Elisabetta I divenne terza in linea di successione dopo il nuovo fratellastro e la sorellastra maggiore Maria, figlia cattolica del primo matrimonio di Enrico. Nel 1547 il sovrano morì ed Edoardo gli succedette, a soli nove anni. Ma il suo regno fu bruscamente spezzato da una malattia incurabile. Maria prese il suo posto nel 1553, per la gioia dei suoi sudditi cattolici e fra lo sgomento dei protestanti. Nonostante gli sconvolgimenti religiosi del regno di Enrico, Maria era rimasta devota alla fede romana e ora cercava un marito con cui dare all’Inghilterra un successore cattolico. Lo individuò nel principe Filippo di Spagna, figlio ventisettenne di Carlo V ed erede dell’impero spagnolo. Se i due futuri coniugi avessero avuto un discendente maschio, la protestante Elisabetta non sarebbe mai salita al trono.

Principessa Elisabetta nella torre. Olio di Robert Alexander Hillingford, XIX secolo. Collezione privata

Principessa Elisabetta nella torre. Olio di Robert Alexander Hillingford, XIX secolo. Collezione privata

Foto: Bonhams, London / Bridgeman / Aci

La notizia delle nozze tra Maria e Filippo provocò un forte malcontento. Nel marzo del 1554 alcuni protestanti inglesi congiurarono per rovesciare Maria e mettere sul trono Elisabetta, ma la rivolta fu schiacciata, i cospiratori vennero giustiziati ed Elisabetta fu rinchiusa nella torre di Londra. Due mesi più tardi, dopo aver proclamato la sua innocenza, fu messa agli arresti domiciliari a Woodstock Palace, un centinaio di chilometri a nord della capitale. Quattro mesi dopo, il promesso sposo di Maria si presentò in Inghilterra per le nozze, con una flotta di 180 navi e un seguito di diecimila soldati spagnoli. Pur essendo un fervente cattolico romano, Filippo era contrario all’idea di processare Elisabetta, perché temeva di suscitare le ire dei protestanti. Il suo intervento salvò la futura regina, ma questa mossa gli si sarebbe rivoltata contro.

Tutto in famiglia

Sei anni più vecchio di Elisabetta, Filippo aveva sposato Maria a malincuore. Era solito riferirsi alla moglie come “mia zia”, non solo perché lei aveva 11 anni più di lui, ma anche perché era la figlia della sua prozia, Caterina d’Aragona. Per molti aspetti avrebbe forse preferito sposare Elisabetta, ma all’epoca i matrimoni reali erano guidati soprattutto da ragioni strategiche. Il padre di Filippo, Carlo V, era l’uomo più potente d’Europa e governava un impero che comprendeva la Spagna, l’Olanda, il sud Italia e il Nuovo mondo. Il sovrano voleva avvicinarsi all’Inghilterra, anche perché i suoi due nemici storici – Francia e Scozia – erano in procinto di stringere un’alleanza matrimoniale tra loro. Nel 1554 Carlo conferì a Filippo il governo dei regni di Napoli e Sicilia, nel tentativo di rafforzare la posizione del figlio. Molti dei sudditi di Maria non apprezzavano la separazione tra Chiesa inglese e romana voluta da Enrico VIII dopo che il papa si era rifiutato di riconoscere il suo divorzio. Durante il regno di Edoardo VI il Paese si era ulteriormente allontanato dal cattolicesimo imboccando la via di una riforma in senso protestante. Maria pensava che Filippo, in qualità di re consorte, avrebbe potuto aiutare a invertire la rotta.

Elisabetta I (a destra) e la sorellastra Maria con il marito Filippo di Spagna (all’estrema sinistra) accompagnano Enrico VIII in questa allegoria seicentesca della dinastia Tudor

Elisabetta I (a destra) e la sorellastra Maria con il marito Filippo di Spagna (all’estrema sinistra) accompagnano Enrico VIII in questa allegoria seicentesca della dinastia Tudor

Foto: Fine Art / Getty Images

   

La regina si guadagnò il soprannome di Maria la Sanguinaria a causa delle persecuzioni degli eretici e dei roghi su cui bruciarono centinaia di protestanti. La sovrana adorava il marito, ma non riuscì ad avere da lui quell’erede che forse le avrebbe permesso di restaurare il cattolicesimo in Inghilterra. I suoi brutali atteggiamenti non giovarono inoltre alla popolarità del consorte, contro cui furono orditi vari complotti. Filippo non trascorreva molto tempo in Inghilterra, preferendo i territori paterni in Olanda. Fu lì che nel 1558 lo raggiunse la notizia della morte della moglie. La sua reazione fu pragmatica com’era stata anni prima la decisione di sposarla. Mentre il re francese ne approfittò per attaccare immediatamente Elisabetta, definendola una “bastarda” inadatta al governo, Filippo sostenne il suo diritto di successione al trono. Entro la fine dell’anno la figlia di Enrico VIII e Anna Bolena era la nuova regina d’Inghilterra.

I due giovani sovrani avevano molti punti in comune. Colti e intelligenti, in questa fase della loro vita amavano vestirsi in modo semplice, come richiesto tanto dall’etica protestante quanto da quella cattolica. Condividevano le stesse passioni: la caccia, specie con i falconi, e i cavalli. Ma fu comunque per ragioni strategiche che Filippo chiese a Elisabetta di sposarlo, dichiarando che si sarebbe fatto carico degli affari dell’ “amata sorella” con la stessa cura che dedicava ai suoi. Le nozze tra l’erede al trono francese, Francesco, e la regina cattolica di Scozia, Maria Stuarda, rappresentavano una minaccia sia per la Spagna sia per l’Inghilterra. Sembrava prudente contrapporvi un’alleanza anglo-iberica. Ma Filippo insisteva perché Elisabetta abbandonasse la sua fede: un passo troppo lungo per la giovane regina, che esitò e alla fine lo respinse, facendone il primo di una lunga serie di pretendenti rifiutati. Rimasero in buoni rapporti, che si sarebbero però deteriorati negli anni successivi.

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Sia Filippo sia Elisabetta credevano che i sovrani regnassero per volere divino. Tuttavia Dio poteva essere venerato in forme differenti. Il rapporto tra protestanti e cattolici era degenerato in conflitto ormai in tutta Europa. Quando nel 1570 il papa scomunicò Elisabetta, Filippo inizialmente non appoggiò la sua decisione. Ma col tempo l’istinto religioso ebbe la meglio su altre considerazioni di ordine politico. Era da sempre un fervente cattolico e aveva la convinzione messianica che il mondo dovesse essere purificato dall’eresia prima dell’avvento finale.

Cambio di fronte

Nel 1556 Carlo V abdicò e divise il suo impero, assegnando al figlio la Spagna, i territori americani e i Paesi Bassi. La Spagna era la potenza egemone a livello europeo e proprio per questo aveva anche molti nemici. I principali erano i protestanti, la Francia e gli ottomani. Filippo cercò di gestire in modo accorto queste minacce. Le navi provenienti dal Nuovo mondo cariche di oro e argento gli permisero nell’immediato di sovvenzionare i suoi eserciti. Ma sul lungo periodo il sovrano cominciò a ritrovarsi a corto di fondi. Per far fronte alle ristrettezze finanziarie, negli anni sessanta del ’500 impose nuove tasse agli olandesi, già esasperati dagli editti religiosi e dalle leggi contro i protestanti con cui il governo spagnolo cercava di riportare i Paesi Bassi alla fede cattolica. Scoppiò una rivolta, e Filippo si ritrovò incastrato in una lunga guerra. In un primo momento Elisabetta si mantenne in disparte, riluttante a immischiarsi nelle vicende di un altro Paese.

Allegoria di Filippo in groppa a una mucca che rappresenta i ricchi olandesi, le cui risorse vengono munte dallo spietato comandante del re. La mucca però si lascia condurre via docilmente da Elisabetta, sulla destra

Allegoria di Filippo in groppa a una mucca che rappresenta i ricchi olandesi, le cui risorse vengono munte dallo spietato comandante del re. La mucca però si lascia condurre via docilmente da Elisabetta, sulla destra

Foto: Granger / Album

Nel 1571 Filippo inflisse una sonora sconfitta all’impero ottomano nella battaglia navale di Lepanto. Nello stesso anno cambiò la sua posizione in merito all’Inghilterra protestante. Diede ordine al suo miglior generale, il duca d’Alba, di preparare un’invasione dell’isola britannica con un esercito di soli seimila uomini. Quando il duca gli disse che era una follia, Filippo ribatté che quella era la volontà divina. Era già stato capace una volta di riportare l’Inghilterra al cattolicesimo, grazie al suo primo matrimonio, e ora lo avrebbe fatto di nuovo. Iniziò a sostenere l’ascesa al trono inglese di Maria Stuarda, dichiarando che Elisabetta non era altro che una tiranna usurpatrice, mentre la «vera e legittima erede» era appunto la regina di Scozia, il cui marito era morto nel 1560 mettendo fine all’alleanza franco-scozzese.

L’invasione alla fine non ci fu, ma tra Spagna e Inghilterra era ormai inimicizia aperta.

La sfida della regina

Elisabetta controllava saldamente il regno. Il suo linguaggio colorito, il suo spirito pungente e il piacere con cui si mostrava al popolo – spesso ammantata di simboli di potere – facevano di lei una figura allo stesso tempo popolare e riverita. Si vantava della sua ascendenza puramente inglese e si guadagnò l’affettuoso soprannome di “buona regina Bess”. Seppe mettere uno contro l’altro i nobili britannici e gli alleati stranieri, lusingandoli con la speranza di un matrimonio e seducendoli con la sua padronanza delle lingue, la sua profonda cultura e la sua capacità di comporre sonetti.

L’abdicazione dell’imperatore Carlo V in favore del figlio Filippo (inginocchiato) nel 1556. Opera di Louis Gallait. 1841. Musée des beaux- arts, Tournai, Belgio

L’abdicazione dell’imperatore Carlo V in favore del figlio Filippo (inginocchiato) nel 1556. Opera di Louis Gallait. 1841. Musée des beaux- arts, Tournai, Belgio

Foto: Bridgeman / Aci

Ma sullo scacchiere internazionale non poteva competere con Filippo II, nel cui regno vivevano circa 50 milioni di persone. Nello stesso periodo la popolazione totale dell’Inghilterra non raggiungeva i quattro milioni. Anche se con Elisabetta la potenza navale del Paese era cresciuta, la marina era ancora fortemente dipendente da navi mercantili e private per la difesa delle coste. Le principali esplorazioni britanniche dell’epoca, come le spedizioni di Martin Frobisher in Groenlandia e Canada e la circumnavigazione del globo di Francis Drake (1577-1580), erano state dei notevoli successi, ma non rappresentavano una minaccia per la Spagna. Filippo II aveva un’arma in più, perché poteva contare sui porti delle Americhe. Nonostante quest’evidente inferiorità, la regina trovò altri modi per mettere in difficoltà la Spagna. Uno dei più riusciti fu la pirateria, che le permise di arricchirsi colpendo allo stesso tempo il trasporto dei tesori americani verso la penisola iberica. Molti dei più grandi corsari dell’epoca erano inglesi, temprati lupi di mare come William Hawkins e lo stesso Drake. Elisabetta finanziò le loro scorribande, incoraggiandoli a saccheggiare gli avamposti spagnoli nei Caraibi e ad assaltare le flotte provenienti dal Nuovo mondo.

Nel 1585 Elisabetta iniziò a sostenere attivamente gli oppositori di Filippo nei Paesi Bassi. Le azioni di disturbo contro il re di Spagna si trasformarono in un’aggressione su larga scala dopo che la regina scoprì l’ennesimo complotto contro di lei. Elisabetta prima sostenne economicamente i ribelli grazie al bottino dei corsari, poi nel 1585 ordinò a Drake di raggiungere le coste della Galizia e mettere a ferro e fuoco la regione. Per dieci giorni fu un susseguirsi di devastazioni, rapimenti, saccheggi e profanazioni di chiese. Due anni più tardi Drake avrebbe ripetuto l’impresa a Cadice. L’aggressione inglese suscitò una veemente reazione da parte spagnola. Una quindicina di giorni dopo la spedizione di Drake, Filippo decise di contrattaccare, ma con maggiore forza. Coniugando il suo amore per le azioni audaci alla sua ossessiva pianificazione dei dettagli, riprese in mano l’idea di invadere l’Inghilterra. Il sovrano supervisionò personalmente l’organizzazione di una campagna senza precedenti: 130 navi partirono alla volta delle coste britanniche con 30mila uomini a bordo. L’obiettivo era restituire il regno britannico al cattolicesimo.

Dopo il regno repressivo di Maria, Elisabetta fu accolta molto favorevolmente. Questo dipinto anonimo raffigura la regina su una portantina. Castello di Sherborne, Dorset, Inghilterra

Dopo il regno repressivo di Maria, Elisabetta fu accolta molto favorevolmente. Questo dipinto anonimo raffigura la regina su una portantina. Castello di Sherborne, Dorset, Inghilterra

Foto: Fine Art / Album

   

L’attacco dell’Armata

Nel maggio del 1588 la Grande y Felicísima Armada (in seguito sarcasticamente definita “invincibile” dai suoi avversari) salpò da Lisbona, che da sette anni era entrata a far parte dei domini di Filippo II insieme al resto del territorio portoghese. Si trattava della più grande flotta militare mai vista in acque europee. Il piano d’attacco era ben congegnato, ma aveva una debolezza di fondo. Infatti, se il sovrano spagnolo si era preoccupato di stabilire regole chiare per prevenire l’ubriachezza, il gioco d’azzardo e la sodomia tra i membri dell’equipaggio, non aveva prestato altrettanta attenzione a come coordinare tra loro i due eserciti di diversa provenienza. L’Armata apparve al largo delle coste inglesi il 30 luglio, con uno schieramento a forma di mezzaluna disposto su un fronte di tre miglia di larghezza. Gli inglesi avevano preparato dei falò sulle colline circostanti per segnalare l’arrivo dei nemici. Quando videro le colonne di fumo alzarsi lungo la costa, le piccole e agili imbarcazioni capitanate da Francis Drake cominciarono ad attaccare la massiccia flotta spagnola.

Il 6 agosto l’Armata ormeggiò al largo del porto francese di Calais. Avrebbe dovuto imbarcare l’esercito che si trovava a Dunkerque, a soli 40 chilometri di distanza, ma dei problemi di comunicazione ritardarono le operazioni. Nelle successive 36 ore avvennero due fatti determinanti. Innanzitutto la flotta fu attaccata da otto navi incendiarie inglesi, cariche di pece ardente e zolfo. Inoltre, quando i capitani spagnoli levarono le ancore per evitare i vascelli nemici infuocati, furono sorpresi da una violenta tempesta. Per mettersi in salvo avevano un’unica possibilità: una lunga e pericolosa rotta che circumnavigava la Scozia e l’Irlanda. Ma le burrasche non dettero tregua all’Armata, che al rientro in Spagna aveva perso più di metà delle navi e dei rispettivi equipaggi.

L’opera di Nicholas Hilliard raffigura l’umiliante sconfitta dell’armata spagnola nella Manica. Fu dipinta nel 1588, subito dopo la memorabile battaglia. Sala della Società dei farmacisti, Londra

L’opera di Nicholas Hilliard raffigura l’umiliante sconfitta dell’armata spagnola nella Manica. Fu dipinta nel 1588, subito dopo la memorabile battaglia. Sala della Società dei farmacisti, Londra

Foto: Akg / Album

   

La speciale medaglia voluta da Elisabetta per commemorare la vittoria recitava: Flavit Jehovah et Dissipati Sunt (“Dio soffiò e quelli si dispersero”). Di fronte a quello che uno storico dell’epoca definì «il più grande disastro che ha colpito il Paese in 600 anni», la Spagna entrò in lutto. L’impero di Filippo II era ancora enorme, ma niente sarebbe stato più come prima. Nel decennio successivo gli scontri navali tra i due regni proseguirono. Nel 1596 Cadice dovette soffrire un secondo attacco. Nel frattempo le guerre ininterrotte prosciugarono le finanze spagnole, che furono schiacciate dal peso dei debiti. Quando il re si spense nel 1598, la Spagna stava negoziando la pace con molti dei suoi avversari. Prima di morire nel 1603, Elisabetta fu omaggiata con l’appellativo di Gloriana. Di lei si diceva che avesse rinunciato agli uomini per sposare il suo Paese.

La rivalità tra britannici e iberici non sopravvisse alla morte dei due sovrani: nel 1604 il re Giacomo I – figlio della regina di Scozia Maria Stuarda, che un tempo era stata nemica di entrambi – firmò il trattato di pace che pose fine a più di 15 anni di conflitto.

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