«La mia fede è la tua, non altra: e in essa soltanto posso trovare la forza di accettare […] Nella tua breve esistenza c’è stato tanto ardore, tanto lavoro, tanta gioia, da farla più ricca e felice di tante altre lunghissime vite: e non c’è stato in essa nulla di laido, di imperfetto, di malsicuro. È stata tutta luce: parabola breve dall’intensità luminosissima». Con parole dolcissime d’amore e ammirazione il 16 febbraio 1926 Ada Prospero scrive una delle ultime lettere al compianto marito Pietro Gobetti, intellettuale, giornalista, filosofo, ma anche editore dalla incrollabile fede antifascista, spentosi nella notte tra il 15 e il 16 febbraio in una clinica di Parigi, dove si trovava in esilio. Le squadracce fasciste lo avevano minato nel fisico, già di per sé cagionevole, a colpi di manganello. Ma nonostante le botte, le diffide, i sequestri, gli arresti e ora l’addio alla moglie Ada e al piccolo Paolo la mente di Piero era perfettamente lucida: «Essere sé stessi dappertutto». Consapevole dell’approssimarsi della fine, le ultime parole furono per Ada: «Non ti scriverò più perché sono molto stanco». E lei: «Il nostro piccolo sta sempre benissimo: ti mando una prima fotografia: non lasciarla troppo alla luce, perché non è fissata e quindi svanisce […] Caro – anche se non puoi scrivermi a lungo – mandami sovente qualche parola che mi rassicuri: che questa lontananza è davvero troppo triste se non è confortata da qualche viva parola».
Ada e Piero Gobetti
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Gentilissima signorina
Ada Prospero (1902-1968) e Piero Gobetti (1901-1926) si conoscevano sin da ragazzi perché oltre a frequentare lo stesso liceo intitolato a Cesare Balbo abitavano nello stesso stabile, al civico n.60 di via XX Settembre a Torino. La prima traccia scritta che consegna alla storia la loro relazione è una lettera datata 14 settembre 1918. Piero comunica alla «Gentilissima sig.na» la decisione di «fondare un periodico studentesco […] fatto da soli giovani» e sul quale Ada non avrebbe letto solo «notiziette» ma «pensiero». Ecco Energie Nove, una rivista nata allo scopo di «destare movimenti d’idee in questa stanca Torino», e per il quale Piero chiede ad Ada d’impegnarsi non solo come abbonata, ma anche come collaboratrice: «Non le sembri troppo tutto questo di cui la prego». Ada è entusiasta: oltre all’importo dell’abbonamento, alcuni giorni dopo invia a Piero alcuni indirizzi di amici potenzialmente interessati al giornale e poi conclude: «Mi preparo a discutere con calore, a confutare i suoi argomenti e, infine… a lasciarmi convincere». Col passare del tempo Ada divenne uno dei punti fermi della rivista, autrice di articoli letterari, di critica e analisi filosofica che denotano l’inizio di una forte passione per lo studio, la cultura e l’impegno civile Energie Nove è solo la prima di tre riviste (La rivoluzione liberale, 1922; Il Baretti, 1924) che caratterizzano la parabola editoriale breve ma intensa di Piero Gobetti in quella che è stata definita una «prodigiosa giovinezza» coronata anche dalla nascita di una casa editrice, la Piero Gobetti editore. Attorno alle riviste e alla casa editrice gravitarono personaggi di spicco della cultura italiana di allora del calibro di Benedetto Croce, Antonio Gramsci, Gaetano Salvemini, Giuseppe Prezzolini, Luigi Einaudi, Vilfredo Pareto e Giovanni Gentile.
La costruzione di un amore
L’amore tra i due giovani nasce e cresce insieme alla rivista e al loro reciproco appassionarsi alle dottrine filosofiche, politiche e alla letteratura. Una relazione prima intellettuale che amorosa, sbocciata tra le pagine del filosofo Benedetto Croce, le traduzioni dal russo e la comune passione per Dante Alighieri. A tal proposito «sul piano intellettuale e politico Piero è il maestro, Ada l’allieva […] mentre su quello amoroso i rapporti sembrano invertirsi». Come affermano gli studiosi Pietro Polito e Pina Impagliazzo, «Ada accetta l’accostamento alla Beatrice dantesca, con orgoglio si sente la sua Beatrice, ma vive problematicamente il paragone non riconoscendosi nell’immagine idealizzata che Piero ha di lei». In ogni caso all’inizio del 1919 è Ada a mettere per iscritto in Canti di vita i propri palpiti: «Come l’uccello cerca il nido, come ogni cuore cerca l’amore, io dovevo venire verso di te […] Il tuo amore, lo vedo, lo intuisco talvolta è così puro così infinito che mi pare di perdermi in esso […] E in cambio cosa posso darti io? Ti do tutta me stessa e tutta la mia vita […] Le due di notte. Lavoro. Sono stanca. Depongo la penna, esco sul balcone, e la notte fiorita di stelle m’investe. E anche la tua finestra è illuminata, mio amore. Anche tu lavori ancora, forse ti sorrido nel cuore. Chi sa?». Allo stesso tempo Piero è consapevole di vivere un sentimento ormai maturo quando pochi mesi dopo, nell'articolo "Inizio di un diario" scrive: «Sì, ormai il mio affetto non è più turbamento interno, non è più tormentoso aspirare alla comprensione di un’anima o pretenzioso sentimento di essere utile a lei. Sento finalmente l’amore come verità, come serenità».
Il primo numero di Energie Nove, fondato da Piero Gobetti nel 1918
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Amore e Rivoluzione
Nel 1920 un’ondata di scioperi scuote le principali città italiane e in primis Torino, dove gli operai sono 200mila su 500mila abitanti. Il cosiddetto “Biennio Rosso” – ovvero le agitazioni operaie e contadine iniziate nel 1919 e che ebbero il loro culmine nell’occupazione delle fabbriche nel settembre del 1920 – s’insinua di diritto nelle epistole dei due innamorati. «Qui siamo in piena rivoluzione» scrive Piero ad Ada il 7 settembre 1920, affermando di seguire «con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo». Piero non si sente per il momento di «seguirli nell’opera loro», anche se nelle loro motivazioni egli scorge «la più grande battaglia ideale del secolo». Senza mezzi termine definisce quelle agitazioni come il frutto di un «movimento spontaneo e tutto altro che diretto a scopi materiali» che ha in mente di realizzare «una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali». Anche nelle lettera all’amata, l’analisi di Piero è sempre lucida e non priva di critica: «Operano [i socialisti, ndr] sul terreno della realtà, fabbrica per fabbrica, officina per officina. C’è una rigogliosa fioritura di varie iniziative che però determinano il problema non ancora risolto della coordinazione».
Anche Ada prende posizione, felice ma scettica: «È naturale che sentimentalmente io sia cogli operai che innalzano con ardore eroico un grido epico di nuova vita. Ma se ci rifletto […] non oso ancora sperare che sia qui la salvezza, che essi abbiano la forza e la costanza di resistere, di vincere e di progredire». Ada non teme che il movimento venga «represso nel sangue», ma ha paura che «quel manipolo di forti e coscienti sia troppo debole per trascinare la massa, e che la massa non abbia la forza di soffrire e di resistere ancora e preferisca cedere». Nel "Discorso ai collaboratori" di Energie Nove (30 Novembre 1920), tra i quali è compresa anche Ada, Piero Gobetti condensa le proprie speranze che negli anni successivi sarebbero state disattese: «Constatiamo. Oggi è morta l’idea di patria. Ce ne dobbiamo rallegrare. Abbiamo negato il mito sentimentale di un’Italia, madre di tutti, venerabile per le sue glorie, dolorante per le sue ferite. Fuori dalla puerilità della cara terra natia, sostituiamo alla patria lo stato […] Spezzare il movimento operaio oggi vale distruggere l’unica realtà ideale e religiosa d’Italia».
1920: fabbriche presidiate nel corso del "biennio rosso"
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Tirannide ed esilio
La marcia su Roma, alla fine di ottobre del 1922, segna la presa del potere da parte del fascismo dopo mesi di pestaggi, assalti alle Camere del lavoro e giornali socialisti e comunisti dati alle fiamme. L’evento non coglie impreparato Gobetti, che su Rivoluzione Liberale avverte: «Resteremo al nostro posto di critici sereni, con un’esperienza in più. Attendiamo senza incertezze, sia che dobbiamo assistere alle burlette democratiche sia che dobbiamo subire le persecuzioni che ci spettano». L’intellettuale non si tira indietro e la sua rivista diventa un baluardo di pensiero contro la tirannide fascista. I suoi articoli condensano un ideale chiaro secondo cui Mussolini «non ha alcuna preparazione politica» ed è privo di «idee precise e sicure». Nella critica di Gobetti la gloriosa rivoluzione fascista si riduce un colpo di stato realizzato da un'oligarchia mossa da «allegria studentesca». Già dal novembre 1922 egli auspica ciò che sarebbe stato il fascismo: una «nuovissima tirannide» che «facendo le elezioni coi mazzieri» renderà inutile il suffragio universale, restringerà la libertà di stampa, mentre «la politica estera di prepotenze del fascismo ci esporrà all’isolamento più dannoso». Gobetti e i suoi si considerano esuli in patria, e lui in particolare un «antifascista intransigente dal 1919 ad oggi e finché vivrò».
Gli ultimi tre anni della sua vita scorrono veloci e intensi, spesso lontano dall’amata. L’11 febbraio 1923 Piero e Ada si uniscono in matrimonio, mentre a marzo nasce la Piero Gobetti editore, che in due anni pubblica oltre un centinaio di libri, alcuni scritti da autorevoli rappresentanti dell’antifascismo. Le sue parole “toccano” Mussolini che scrive al prefetto di Torino d’informarlo e «vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore di governo e fascismo». Dopo la scomparsa e il ritrovamento del corpo del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1924, per cui Gobetti chiede le dimissioni di Mussolini, arrivano le prime diffide cui seguono vertenze giudiziarie volte a sopprimere la sua attività giornalistica ed editoriale. Il 5 settembre dello stesso anno, mentre esce di casa, viene aggredito e pestato da una squadra fascista. Segue una lunga serie di sequestri di articoli per tutto il 1925 fino all’11 novembre, quando La Rivoluzione Liberale è costretta a cessare le pubblicazioni. Segnato nel fisico dalle botte prese dai fascisti e a causa di uno scompenso cardiaco, Gobetti decide di partire «per Parigi dove farò l’editore francese, ossia il mio mestiere che in Italia mi è stato interdetto». La decisione è sofferta ma inevitabile. Ada ne è consapevole nonostante la creatura che porta in grembo: «Hai deciso di partire ed è giusto: tu sei fatto per esprimere liberamente tutta la tua attività in ogni minuto e questa inerzia forzata ti snerva e ti nuoce».
Il Baretti, rivista fondata da Piero Gobetti uscita come quindicinale di letteratura dal 23 dicembre 1924 al dicembre 1928
Foto: http://baretti.erasmo.it
Commiato
Il 28 dicembre Ada dà alla luce il piccolo Paolo, che dopo un mese di vita viene privato dell’affetto del padre costretto a partire per Parigi. La speranza è quella di ricongiungersi in Francia appena possibile: «Anch’io penso con fede e gioia alla vita nuova che ci costruiremo laggiù, sotto un altro cielo», scrive Ada. E ancora: «Se qui ci sentiamo europei, a Parigi ci sentiremo soprattutto italiani. E questa sarà la nostra dignità». Ma le condizioni di Piero, ammalatosi di bronchite, si aggravano. Nell’ultima lettera per Ada, datata 11 febbraio, Piero scrive di essere molto stanco e per questo non scriverà più né a lei né agli amici. Piero Gobetti si spegne nella notte tra il 15 e il 16 febbraio del 1926 e viene sepolto nel cimitero di Père Lachaise. Nei giorni successivi Ada continuerà a scrivergli: «Amore mio, creatura mia, non ti sono stata vicina là, nella stanza d’albergo, nella stanza della clinica, quando più avresti avuto bisogno di me […] Non sentirai il tuo bambino chiamarti “papà”, non lo vedrai sorridere tenendoti le braccia. Ma almeno l’hai visto, ma almeno sapevi che c’era. E se hai compreso che morivi, certo ti è apparso come un dono di pace il pensiero che lui continua la tua vita […] Nella tua vita fatta di fatica e di lotta, il nostro amore è stato la gioia». Ada Prospero (1902-1968) e Paolo Gobetti (1925-1995) seguiranno l’esempio del giovane marito e padre Piero, partecipando come partigiani alla Guerra di liberazione dal nazifascismo nelle formazioni di Giustizia e Libertà.
La tomba di Piero Gobetti a Parigi
Foto: Di H5N1 di Wikipedia in italiano, CC BY-SA 3.0, https://rb.gy/fs4omv
Per saperne di più:
- La forza del nostro amore. Tracce di una vita. Piero e Ada Gobetti (a cura di Pietro Polito e Pina Impagliazzo), Passigli Editori, 2016.
- Avanti nella lotta, amore mio! Scritture 1918-1926. Piero Gobetti (a cura di Paolo di Paolo), Feltrinelli, 2016.
- Matteotti. Piero Gobetti, Nova Delphi, 2012.
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