Neith, la dea guerriera

Neith è una divinità tra le più arcaiche che la storia dell’antico Egitto ricordi. Il suo emblema più antico erano due frecce incrociate e un arco che la identificavano come una dea legata alla guerra e alla caccia

La città di origine della dea Neith era Sais, nel delta del Nilo, ma il suo culto era diffuso in tutto il Paese e durante i primordi della storia egizia: dal Protodinastico all’inizio dell’Antico regno (dal 3000 al 2575 a.C. circa) fu la dea più venerata d’Egitto. Nei due millenni seguenti perse un po’ d'importanza, per poi tornare in auge durante la XXVI dinastia (665-525 a.C.) che aveva posto la sua capitale proprio a Sais, prendendo il nome di dinastia saitica. Molti miti che la riguardano si perdono nelle nebbie dei tempi, ma quel poco che è rimasto permette di capire quanto fosse potente questa antica divinità.

Statuetta di Neith, 305-30 a. C.

Statuetta di Neith, 305-30 a. C.

Foto: Cordon Press

Prime attestazioni del culto

Il culto della dea Neith è attestato fin dai primordi della storia egizia, durante le prime dinastie di faraoni, quando le piramidi erano ancora un miraggio lontano. Dalla tomba del re Aha della I dinastia (3000-2890 a.C. circa) nella necropoli di Abido, nel sud dell’Egitto, proviene un'etichetta d'ebano che rappresenta una prima testimonianza riguardante la dea. Queste etichette venivano attaccate ai vasi posti all’interno delle tombe, che erano ricolmi di bevande e oli, e servivano a identificarne il contenuto e indicarne la provenienza. Erano sempre riccamente decorate, offrendo così un interessante repertorio di questa arte così arcaica. Nell’etichetta in questione è rappresentato il re Aha mentre si reca in visita a un tempio, fatto di canne ed elementi vegetali, dalla cui sommità emerge un’insegna divina formata da due frecce incrociate. Quest'insegna indica che la divinità venerata al suo interno era Neith.

Sempre da Abido viene una stele funeraria a nome della regina Merneith della I dinastia, il cui nome significa “amata da Neith”. Il nome della dea era infatti molto diffuso nell’onomastica dell’epoca e ciò ci fa comprendere la sua grande importanza. Neith perse in parte di rilievo durante il Medio e il Nuovo regno, ma in epoca tarda e in età greco-romana riacquistò tutta la sua importanza, tanto che perfino lo studioso greco Erodoto parla della dea Neith e del suo maestoso tempio a Sais, descrivendone dettagliatamente le cerimonie e identificandola con Atena.

Dettaglio di una stele dedicata alla regina Merneith ad Abido

Dettaglio di una stele dedicata alla regina Merneith ad Abido

Foto: Juan R. Lazaro, CC BY 2.0

Dea della caccia e della guerra

Neith era la protettrice del re durante le battute di caccia e le guerre, tanto da essere chiamata “colei che prepara il cammino”, ovvero la dea che precedeva il re in battaglia. Il segno geroglifico del suo nome, che spesso compare sul capo della dea, mette in evidenza il suo carattere guerriero: rappresenta infatti due archi legati insieme. Neith aveva un carattere estremamente bellicoso, come si evince dal mito della disputa tra il dio Horo e il dio Seth.

Dettaglio delle pareti della tomba di Nefertari. Sulla testa di Neith compare il geroglifico con il suo nome

Dettaglio delle pareti della tomba di Nefertari. Sulla testa di Neith compare il geroglifico con il suo nome

Foto: Cordon Press

La storia racconta che, dopo l’assassinio del dio Osiride (antico faraone d’Egitto) da parte del fratello Seth, il figlio del dio morto, Horo, iniziò a combattere contro lo zio che rivendicava per sé il trono dell’Egitto. La guerra tra le due divinità durò moltissimi anni, tanto che il dio del sole Ra per porre fine alla questione indisse un processo in cui si decidesse una volta per tutte a chi dovesse andare il trono d’Egitto. A tutti gli dei presenti al processo la scelta parve ovvia: il trono andava al figlio di Osiride, Horo. Ra però non ne era così convinto: a lui Seth piaceva proprio a causa della sua forza, mentre riteneva Horo debole e troppo giovane per governare.

Venne allora interpellata la dea Neith. Il dio Thot le scrisse una lettera per chiederle il suo saggio consiglio. La riposta della dea non tardò ad arrivare: «Date la funzione di Osiride a suo figlio Horo, non commettete questi grandi atti di ingiustizia, che non sono al loro posto: altrimenti io mi adirerò e il cielo cadrà sulla terra».

Horus colpisce con una lancia Seth, che ha preso la forma di un ippopotamo, mentre Iside li osserva

Horus colpisce con una lancia Seth, che ha preso la forma di un ippopotamo, mentre Iside li osserva

Foto: I, Rémih, CC BY-SA 3.0, https://bit.ly/3EeEiQg

Divinità creatrice

Divinità arcaica, il cui nome sembra significare “colei che è”, Neith veniva identificata con le acque stesse del Nun, l’oceano primordiale che ricopriva ogni cosa all’inizio dei tempi. Secondo un mito, la dea fuoriuscì dalle sue acque e creò tutto ciò che esiste, per poi viaggiare verso nord e fondare la sua città, Sais. Si racconta che creò il dio del sole Ra e anche il suo più acerrimo nemico, il serpente Apopi, e in quanto divinità cosmogonica – creatrice dell’universo – veniva detta “ la più antica madre degli dei”.

Neith è una delle rare divinità femminili a cui fu attribuita la funzione di demiurgo, ed è in virtù di questo suo legame con la creazione che divenne l’archetipo della figura materna. Secondo la tradizione, fu la madre del dio coccodrillo Sobek, probabilmente per il legame con le acque che condividevano. Madre, ma senza alcun compagno maschile, Neith è una divinità neutra, quasi asessuata.

Affresco della Valle delle Regine con la dea Iside e la dea Neith

Affresco della Valle delle Regine con la dea Iside e la dea Neith

Foto: Cordon Press

Neith come divinità funeraria

Nei Testi delle piramidi – la più antica raccolta di formule magiche e preghiere scritte sulle pareti delle piramidi della VI dinastia (2325-2175 a.C. circa) – si dice che la dea Neith avesse vegliato il defunto Osiride insieme a Serket (la dea-scorpione) e alle sorelle Iside e Nefti. Per questo motivo le quattro dee venivano rappresentate sui lati del sarcofago del faraone che, dopo la morte, veniva identificato con il dio Osiride e che proprio come lui avrebbe avuto le quattro dee a proteggerlo. La dea Neith era incaricata anche della protezione di uno dei quattro vasi canopi (i vasi che contenevano le viscere del defunto) posti all’interno tomba: a lei era affidato quello che conteneva lo stomaco. Anche le bende per le mummie erano sotto la protezione di Neith, poiché era tra l'altro la dea della tessitura.

Vaso canopo del 1290 a.C. contenete lo stomaco del defunto. Il vaso era sotto la protezione di Neith

Vaso canopo del 1290 a.C. contenete lo stomaco del defunto. Il vaso era sotto la protezione di Neith

Foto: Cordon Press

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Neith oltre l’Egitto

Per i greci gli egizi erano depositari di una grande sapienza, dovuta alla loro civiltà millenaria. Solone, in viaggio in Egitto, si sentì dire dai sacerdoti che i greci erano ancora dei bambini al confronto degli abitanti della terra del Nilo. Erodoto parlando dell’Egitto con trasporto e con grande entusiasmo non fece che rendere ancora più forte il senso di ammirazione che il suo popolo provava per questa antica civiltà. Platone nel Timeo racconta di come Solone proprio a Sais imparò dai sacerdoti della dea Neith la storia più antica della città di Atene:

C’è in Egitto, nel delta, là dove al vertice si divide il corso del Nilo, la provincia detta saitica, e di questa provincia è capitale Sais: da lì provenne anche il re Amasi. Secondo gli abitanti, fondatrice di questa città fu una dea, che in egiziano si chiama Neith, e in greco, come dicono loro, Atena: infatti essi sono molto amici degli ateniesi e si vantano di essere, in un certo senso, nostri parenti

Solone imparò la storia più remota delle città di Atene grazie agli archivi del tempio di Sais, dove si conservava la storia più antica dell’umanità. I greci identificarono Neith con la dea Atena poiché avevano molte caratteristiche simili: entrambe dee lontane dai turbamenti del sesso, quasi asessuate, protettrici della tessitura e della guerra. Nel suo libro Iside e Osiride Plutarco riferì di un'iscrizione presente nel tempio di Sais sulla statua della dea che diceva: «Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà, e nessun mortale mai sollevò il mio peplo». E in effetti, questa dea antichissima resisterà nel tempo, dalla prima dinastia egizia fino alla fioritura delle civiltà greca e romana: con fasi di alterna fortuna, il suo culto e il suo sacerdozio perdureranno nei secoli.

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