La nascita della civiltà egizia

Tra il IV e il III millennio a.C. i primi faraoni estesero il loro potere lungo tutto il Nilo. Le loro tombe, ritrovate ad Abydos nel XIX secolo, svelano gli albori della civiltà egizia

Per il loro riposo eterno, i primi re dell’Egitto scelsero una zona poco accessibile e desertica sulla sponda ovest del Nilo, presso la città di Abydos, circa 150 km a nord di Luxor. In questo luogo, oggi chiamato Umm el-Qaab, non furono sepolti solo i sovrani del periodo Protodinastico (I e II dinastia, 3065-2686 a.C. circa), ma anche i loro predecessori dell’era predinastica, che avevano completato l’unificazione del Paese.

Narmer (o Aha), unificatore dell’Egitto e primo re della I dinastia. Tavoletta di Narmer (dettaglio). III millennio a.C. Museo Egizio, Il Cairo

Narmer (o Aha), unificatore dell’Egitto e primo re della I dinastia. Tavoletta di Narmer (dettaglio). III millennio a.C. Museo Egizio, Il Cairo

Foto: Dea / Album

Scegliendo di essere seppelliti accanto a loro, i primi re dell’Egitto unito vollero presentarsi in veste di successori: in questo modo, l’ubicazione delle loro tombe giustificava e legittimava il loro potere regale. Ma c’è di più. L’architettura delle nuove sepolture dei faraoni cambiò progressivamente, secondo un’evoluzione che permette di leggere il passaggio a un nuovo ordine politico, in cui il faraone andava assumendo una posizione sempre più centrale. Le concezioni sulla morte iniziarono così a riflettere una società gerarchizzata, al cui vertice si trovava il re, in virtù del suo duplice ruolo religioso e politico: mediatore tra gli dei e i comuni mortali e garante dell’ordine cosmico.

Al servizio eterno del re

Le tombe dei re della I dinastia (3065-2890 a.C. circa), scavate nel suolo desertico, erano formate da una camera principale rivestita di legno, che ospitava il corpo del re, e da più camere secondarie. Anche queste ultime erano usate come tombe e la qualità dei reperti in esse rinvenuti mostra l’elevata posizione sociale delle persone che vi erano sepolte. La struttura di questi complessi funerari indica che la tomba reale e quelle a essa associate furono costruite e occupate contemporaneamente: la copertura, infatti, risulta essere stata realizzata in un’unica soluzione, senza aggiunte successive. Tale circostanza dimostrerebbe che, all’epoca, l’élite egizia, o parte di essa, accompagnava il proprio re nell’aldilà per continuare a servirlo. Non siamo però in grado di stabilire se queste sepolture fossero il risultato di sacrifici rituali.

Oltre alla loro tomba, i primi tre sovrani dell’Egitto unificato, Aha, Djer e Djet, e Merneith, la madre del quarto, reggente per un certo periodo, costruirono dei recinti funerari colossali di mattone crudo, con un impasto a base di argilla essiccata. Queste costruzioni si trovano a circa due chilometri dalle loro tombe. Quello di Djer misurava cento metri di lunghezza per cinquantacinque di larghezza e il muro che lo circondava, di uno spessore fino a tre metri, raggiungeva gli otto di altezza. All’esterno, i muri di tali recinti erano decorati con sporgenze e rientranze; al loro interno, un immenso spazio aperto ospitava le cappelle per il culto del sovrano defunto.

La piramide a gradoni del faraone Djoser, che si trova nella necropoli di Saqqara, costituisce il primo esempio di piramide egizia giunta sino a noi

La piramide a gradoni del faraone Djoser, che si trova nella necropoli di Saqqara, costituisce il primo esempio di piramide egizia giunta sino a noi

Foto: Olimpio Fantuz / Fototeca 9X12

Durante la seconda metà della I dinastia, a partire dal regno di Den, figlio di Merneith, la camera funeraria del re – la più grande di Umm el-Qaab – fu rivestita in pietra e comparve un nuovo elemento: la scala di accesso alla camera, che permetteva di collocare la copertura sulla tomba reale prima della morte del sovrano. A un’estremità della tomba di Den c’era un’altra stanza sotterranea con una scala indipendente; questo locale misterioso è stato ritenuto un precursore del serdab, lo spazio che nei recinti funerari dell’Antico regno (2686-2135 a.C. circa) ospitava la statua del ka, il soffio vitale del defunto, con le stesse fattezze di quest’ultimo. I primi cinque re della II dinastia (2890-2686 a.C. circa) furono sepolti probabilmente a Saqqara, quattrocento chilometri a nord di Abydos, ma gli ultimi due, Peribsen e Khasekhemui, tornarono a costruire le loro tombe e i recinti funerari ad Abydos. Le loro sepolture appaiono tuttavia piuttosto diverse da quelle dei re della I dinastia: le camere principali sono infatti più piccole e circondate da camere secondarie adibite a magazzini, mentre non sono state rinvenute altre tombe associate a quelle reali.

Il recinto funerario di Peribsen è di dimensioni simili a quelli dei suoi predecessori. La tomba del suo successore, Khasekhemui, assomiglia invece a quella di Djoser, il primo re (o secondo per altre fonti) della III dinastia (2686-2613 a.C.), con la quale inizia l’Antico regno. Djoser riportò la necropoli reale a Saqqara e reintrodusse le tradizioni funerarie precedenti, ma riunì in un unico complesso la tomba, il recinto funerario, le cappelle e i magazzini, elementi fino ad allora rimasti divisi.

Benché siano state saccheggiate, le tombe reali di Abydos hanno fornito molti dati sugli albori della civiltà egizia. Le loro stanze sotterranee erano infatti provviste di tutto il necessario perché il sovrano continuasse a condurre un’esistenza piacevole anche nell’aldilà. Oltre a vari oggetti di pregio, come anfore di pietra finemente lavorate, in questi locali venivano collocati anche alimenti, oli, unguenti e vestiti.

Vaso heb-sed in alabastro, proveniente dalla tomba di Djoser a Saqqara. Museo egizio, Il Cairo

Vaso heb-sed in alabastro, proveniente dalla tomba di Djoser a Saqqara. Museo egizio, Il Cairo

Foto: Scala

Una apparente unificazione

Nonostante l’apparente unificazione culturale e politica della valle del Nilo (l’Alto Egitto) e della zona del Delta (il Basso Egitto), a cavallo tra il IV e il III millennio a.C. la maggior parte dei centri abitati era circondata da mura e mostrava, inoltre, una mancanza di uniformità nella pianificazione e nella progettazione. Questo non solo suggerisce un’importante iniziativa locale e una debole autorità centrale, ma riflette anche la realtà di un periodo storico turbolento, non privo di pericoli e minacce. Infatti, sui basamenti delle statue di Khasekhemui appaiono delle iscrizioni in cui si citano dei nemici sconfitti con le parole “nemici del nord 47.209”, il che farebbe presupporre una lotta spietata per il predominio sul Delta e sul Paese nel suo complesso. L’affermazione del potere reale si sarebbe manifestata nelle grandi costruzioni di Khasekhemui, come il favoloso tempio che eresse nella città di Hierakonpolis (odierna Kom el-Ahmar, ottanta chilometri a sud di Luxor), o il suo vasto recinto funerario nella necropoli di Abydos.

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Uno stato centralizzato

La nascita del regno unificato andò di pari passo, sotto la I e la II dinastia, con la centralizzazione politica, la stratificazione sociale e lo sviluppo di un’economia forte e di istituzioni religiose potenti. I titoli del faraone, come quello di Horus, il dio-falco legato al sole, indicavano il carattere divino del suo ruolo. Questo re-dio aveva il compito di guidare tutte le attività del Paese con l’aiuto di un ampio apparato burocratico. Tale ruolo del re è documentato a partire dalla III dinastia, ma è probabile che si fosse delineato già prima.

L’affermazione di una società sempre più gerarchizzata poneva il problema del sostentamento dei numerosi funzionari reali. A tale scopo, lo stato si adoperava per riscuotere le imposte sotto forma di prodotti agricoli o di lavoro fisico destinato alla realizzazione di opere pubbliche. Alla fine della II dinastia la “casa di redistribuzione” suddivideva i beni riscossi tra gli impiegati dell’amministrazione e dei templi. In questo nascente sistema amministrativo, il re concentrava nelle sue mani tutta la ricchezza del Paese, poiché controllava il commercio locale con le imposte e gestiva direttamente quello internazionale, che aveva raggiunto notevoli dimensioni. Al di sotto del re, dei funzionari e degli addetti ai templi si trovavano gli artigiani qualificati, mentre lo strato più basso della società era costituito da allevatori e agricoltori. Fu proprio il lavoro di questi suoi umili abitanti a trasformare l’antico Egitto in un Paese ricco e potente già dalla I dinastia. La coltivazione delle terre, rese fertili dal limo depositato dal Nilo durante la piena annuale, forniva infatti le eccedenze agricole necessarie ad alimentare il commercio e a sostentare burocrati e soldati.

Stele del re Djet ritrovata ad Abydos, appartenne al terzo re della I dinastia. Vi sono raffigurati il serekht e il dio-falco Horus. Museo del Louvre, Parigi

Stele del re Djet ritrovata ad Abydos, appartenne al terzo re della I dinastia. Vi sono raffigurati il serekht e il dio-falco Horus. Museo del Louvre, Parigi

Foto: White Images / Scala

Ad Abydos, 5000 anni dopo la loro costruzione, le tombe dei primi re di quel Paese potente continuano a sfidare la sabbia del deserto. Lì, nascosto in una cavità della tomba di Djer, nel 1900 fu ritrovato un braccio avvolto nel lino, adorno di bracciali con turchesi, ametiste, lapislazzuli e oro. Era forse appartenuto al sovrano stesso, poiché le pietre di un braccialetto rappresentavano il serekht, la facciata del palazzo reale, simbolo arcaico del re. Il braccio di chi un tempo aveva retto le sorti del primo stato della storia scomparve dopo che il tedesco Émile Brugsch, aiutante curatore del museo del Cairo, tenne per sé i braccialetti e si liberò delle ossa e delle bende, ritenendo che non fossero di particolare interesse.

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