Fu re d’Inghilterra per dieci anni, eppure non ne trascorse più di uno in patria. Difatti Riccardo non parlava inglese, bensì francese e la langue d’oc dei territori appartenuti alla madre Eleonora, duchessa d’Aquitania; territori che, in teoria, avrebbe dovuto governare. Sembrava quello il suo destino, ma la morte dei due fratelli maggiori e del padre, Enrico II, contro il quale Riccardo si era ormai stancato di combattere, lo portò al trono inglese nel 1189 e lo fece inoltre divenire signore di tutti i possedimenti continentali della sua famiglia, i Plantageneti: Bretagna, Normandia, Poitou... Nell’insieme, i suoi domini ricoprivano circa la metà dell’attuale Francia ed erano di gran lunga più estesi di quelli del sovrano francese di allora, Filippo Augusto, di cui Riccardo era però vassallo.
Riccardo in una vetrata del comune di Rochdale, 1867-1871
Foto: bridgeman / aci
Il monarca inglese si assentò dal suo regno tra il 1190 e il 1194, prima per combattere nelle crociate e poi perché prigioniero dell’imperatore tedesco, che lo arrestò al ritorno dalla Terra Santa e pretese un lauto riscatto per liberarlo. In quella parentesi, il re francese si alleò con il frustrato fratello minore di Riccardo, Giovanni Senzaterra, i cui territori – come suggerisce il nomignolo – erano piuttosto esigui. Giovanni voleva appropriarsi del trono inglese, e Filippo Augusto delle terre continentali di Riccardo, incapacitato a difendersi. Tuttavia Riccardo poté contare sull’inestimabile aiuto della madre Eleonora, che per ottenere la libertà del figlio prediletto riuscì a rimediare una somma probabilmente di 150mila marchi. E così Riccardo attraversò il canale della Manica nel marzo del 1194, si riprese il trono e, a maggio, salpò di nuovo per tornare sul continente.
L’ultima campagna
Una volta in Francia, si dedicò all’attività che più gli stava a cuore: la guerra. Avrebbe combattuto contro Filippo Augusto e i volubili vassalli francesi, che avevano approfittato della sua assenza per ribellarsi. Il trovatore Bertran de Born, legato ai Plantageneti e amante della guerra come Riccardo, gongolava. E quando Cuor di Leone sbarcò in Francia scrisse: «Molto mi piace la lieta stagione di primavera / […] Ed altresì mi piace quando vedo / che il signore è il primo all’assalto, / a cavallo, armato, senza tema, / che ai suoi infonde ardire / così, con gagliardo valore. / […] E quando sarà entrato nella mischia / ogni uomo d’alto sangue / non pensi che a mozzare teste e braccia: / meglio morto che vivo e sconfitto!».
La cattedrale di Canterbury, il cui arcivescovo Hubert Walter ebbe uno stretto legame con Riccardo
Foto: Stephen Dorey / Getty Images
Riccardo combatté, dilapidò, distrusse e imprigionò finché il re di Francia, prossimo alla sconfitta, chiese una tregua tramite la mediazione del legato pontificio. Il 13 gennaio del 1199 i due monarchi, che nove anni prima erano partiti insieme per le crociate, si ritrovarono faccia a faccia: Riccardo, in piedi su una nave ancorata lungo la Senna, ebbe così modo di parlare con Filippo Augusto, che era a riva, a dorso di cavallo. Si accordarono per una tregua di cinque anni, che avrebbe permesso a Riccardo di punire i vassalli traditori dell’Aquitania, come Aimar, visconte di Limoges, schieratosi con il re francese. Per vendicarsi, Riccardo attaccò i suoi possedimenti, tra cui figurava il castello di Châlus-Chabrol.
L’uomo con la padella
Il miglior resoconto di quanto successe nella piccola fortezza lo dobbiamo a Raoul, monaco di Coggeshall, nell’Essex. Con ogni probabilità, la sua dettagliata cronaca riproduce la testimonianza di qualcuno vicino al re, forse Pierre Millon, abate di Pin, nei pressi di Poitiers, nonché elemosiniere di Riccardo. Raoul riferisce che il sovrano attaccò Aimar durante la Quaresima, scelta che non depone certo a favore del re perché quello era un periodo sacro. Riccardo voleva castigare il visconte di Limoges per la sua codardia, anche se sotto poteva nascondersi un’altra ragione: secondo Raoul, «alcuni dicono che aveva trovato un tesoro di incalcolabile valore nelle terre del visconte» e quest’ultimo non aveva voluto consegnarlo al signore, risvegliando «l’astio del re nei suoi confronti».
Ricostruzione di Château-Gaillard verso il 1200
Illustrazione 3D: Florent Pey / Akg / Album
Il castello di Châlus-Chabrol era difeso da una piccola ma coraggiosa guarnigione, che non si arrese nei tre giorni in cui il sovrano la attaccò con furia: mentre i suoi balestrieri impedivano che qualcuno si affacciasse dai merli, gli zappatori erodevano le mura per farle sprofondare.
E proprio lì, il 26 marzo, dopo la cena, il re si avvicinò alla torre, forse per controllare lo stato dell’assedio e scagliare qualche dardo contro i difensori: era senza armatura, con un solo elmo di ferro, e preceduto da un uomo provvisto di scudo. Successe l’impensabile. Secondo Raoul di Coggeshall «per tutto il giorno, prima della cena, un uomo armato era rimasto tra i merli della torre e aveva subito le frecce senza esserne ferito, perché si proteggeva con una padella. Ebbene, quell’uomo, che aveva osservato con attenzione gli aggressori, ricomparve all’improvviso. Tese la balestra, scagliò rapidamente dei quadrelli [particolare tipo di freccia per balestra, N.d.a.] verso il re, che lo guardava e applaudiva». Riccardo si chinò in avanti per proteggersi dietro lo scudo, ma non fu abbastanza veloce e il quadrello si conficcò nella spalla sinistra, vicino al collo. Riccardo, che aveva un coraggio proverbiale, salutò e perfino si congratulò con il tiratore. Quando poi giunse alla tenda provò a estrarsi da solo il quadrello e tirò l’asta, ma ruppe il legno. La punta di ferro rimase nel corpo.
Il fallimento della medicina
Venne subito chiamato un cerusico che, alla luce vacillante delle lanterne, incise la carne del monarca, allora obeso, finché riuscì ad arrivare alla punta di ferro e a estirparla in modo secco. Ne seguì una grave infezione. La carne attorno alla ferita si gonfiò e si annerì, il che non lasciava presagire nulla di buono. Forse il quadrello era avvelenato, affermò un altro cronista, Matteo di Parigi.
La miniatura del XIII secolo mostra due scene della vita di Riccardo: a sinistra, la prigionia in Germania; a destra, la ferita mortale davanti al castello di Châlus-Chabrol
Foto: Akg / Album
Per evitare che i nemici di Riccardo venissero a sapere del suo stato, solo quattro nobili ebbero accesso alla stanza dove riposava. Ma Riccardo capì che avrebbe presto reso l’anima a Dio e fece chiamare la madre Eleonora la quale, dalla morte di Enrico II, risiedeva a circa 240 chilometri, nell’abbazia di Fontevraud, dove pure si trovava la tomba del padre di Riccardo. Nel frattempo questi si confessò, prese la comunione e perdonò il balestriere che lo aveva ferito, lasciandolo in libertà. Gli inglesi avevano da poco espugnato il castello. L’uomo si chiamava Pierre Basile e, secondo il cronista Bernardo Iterio, era uno dei cavalieri che proteggevano la fortezza.
Il cuore del leone
La vita di Riccardo si spense il 6 aprile del 1199. A quanto racconta Matteo di Parigi, Riccardo «volle che il corpo fosse inumato a Fontevraud, ai piedi del padre, che aveva tradito; lasciò alla chiesa di Rouen il suo cuore indomito, poi ordinò che le sue viscere fossero sepolte nella chiesa del castello (di Châlus-Chabrol)». Affermò, infatti: «È il mio regalo per gli abitanti del Poitou». Il re riuscì a spiegare ad alcuni dei suoi uomini più leali il motivo di tale decisione: «Al padre affidava il corpo per la ragione spiegata; agli abitanti di Rouen il cuore, perché avevano dimostrato una fedeltà incomparabile; agli abitanti del Poitou, per la loro avversione, donava... il ricettacolo delle sue feci».
In questa miniatura del XV secolo, la badessa di Fontevraud accoglie il feretro con le spoglie di Riccardo. Sulla tela che copre la bara sono raffigurate le sue armi
Foto: BNF / RMN-Grand Palais
Morto senza eredi, Riccardo lasciò il regno inglese a Giovanni Senzaterra, che tanto gliel’aveva invidiato; tre quarti delle sue fortune al nuovo imperatore di Germania Ottone IV, suo nipote, e ordinò infine che l’altro quarto venisse distribuito tra i poveri. La madre, Eleonora d’Aquitania, morì a Fontevraud cinque anni più tardi, e fu sepolta tra il marito e Riccardo, il figlio prediletto e modello esemplare della cavalleria.