
Interno del tempio Franklin Roosevelt, presso la sede della Gran Loggia di Francia, a Parigi. Nata nel 1894, la loggia si stabilì qui nel 1910
Foto: Bertrand Rieger / GtresInterno del tempio Franklin Roosevelt, presso la sede della Gran Loggia di Francia, a Parigi. Nata nel 1894, la loggia si stabilì qui nel 1910
Tra il 1885 e il 1897 un avventuriero marsigliese che si faceva chiamare Léo Taxil convinse una buona fetta del mondo cattolico che la massoneria adorava il diavolo e che, di tanto in tanto, questi faceva la sua apparizione nelle logge. La fonte principale di tali informazioni sarebbe stata un’adepta pentita, tale Diana Vaughan, che gli avrebbe rivelato i segreti del “palladismo”, il termine con cui veniva definito il culto massonico di Lucifero. L’attività antimassonica di Taxil ricevette l’approvazione di numerosi esponenti della Chiesa, e lo stesso papa Leone XIII incoraggiò l’impostore a proseguirla. Per comprendere come fu possibile una mistificazione di simili proporzioni, bisogna situare i fatti nel contesto dell’auge antimassonica della fine del XIX secolo.
Una specificità cattolica
Fin dalla sua fondazione ai primi del XVIII secolo, la massoneria fu accompagnata da un forte antagonismo, soprattutto nell’Europa cattolica. Il fenomeno fu rafforzato da un susseguirsi di condanne ecclesiastiche, la prima delle quali fu la bolla pontificia di papa Clemente XII In eminenti apostolatus specula, del 1738. Questa posizione teorica si tradusse in una serie di azioni concrete, che segnarono l’inizio di una lunga storia di persecuzione della massoneria. Nel 1814, per esempio, Vittorio Emanuele emanò un decreto con il quale proibiva le associazioni segrete e, soprattutto, quelle della massoneria.
L’ostilità si intensificò notevolmente dopo la Rivoluzione francese del 1789. Nelle sue Memorie, che illustrano la storia del giacobinismo, il gesuita Augustin Barruel attribuì alle logge la responsabilità degli eventi rivoluzionari. Cominciò a prendere forza l’idea dell’esistenza di una cospirazione massonica universale contro la religione e l’ordine stabilito. Per tutto il XIX secolo si moltiplicarono le opere di denuncia di questa presunta congiura contro il trono e l’altare, spesso scritte da ecclesiastici francesi, quali monsignor de Ségur. Allo stesso tempo, le nuove condanne papali identificavano i massoni con Satana, a cominciare dalla bolla Quo graviora emessa da Leone XII nel 1825.

Cerimonia di ricevimento in una “loggia di adozione” (aperta, cioè, alle donne) durante il periodo dell’impero napoleonico. Acquerello. 1810-1815. Musée de la Franc-maçonnerie, Parigi
Foto: Akg / Album
Tuttavia fu alla fine dell’ottocento che il contesto divenne particolarmente favorevole all’intensificarsi delle campagne antimassoniche. Il 1870 fu un anno doppiamente traumatico per la Chiesa: segnò la fine del potere temporale del papa, con la conquista dello stato pontificio da parte del neonato Regno d’Italia, e l’inizio della Terza repubblica in Francia, che si caratterizzò per le misure a favore della laicità. Di fronte alla perdita di autorità e di influenza, la reazione della Chiesa e dei cattolici più conservatori si manifestò su diversi piani, uno dei quali fu la lotta antimassonica. In un mondo in rapido cambiamento, la massoneria appariva un nemico facilmente identificabile, un paradigma di modernità e secolarizzazione su cui far ricadere la responsabilità dell’attuale degrado morale. D’altro canto questa strategia era favorita dall’anticlericalismo degli stessi massoni.
L’ondata antimassonica culminò nel 1884, quando papa Leone XIII lanciò un appello a smascherare la massoneria nella sua enciclica Humanum genus: «Togliere alla setta massonica le mentite sembianze, e renderle le sue proprie», scriveva il pontefice. Ebbe così inizio una campagna internazionale senza precedenti, che registrò svariate iniziative contro la «setta massonica»: dalla pubblicazione di libri e riviste alla fondazione di società, fino alla diffusione di lettere pastorali.
L’anima dell’impostura
A modo suo, Léo Taxil fu tra coloro che risposero all’appello del papa. Nato a Marsiglia nel 1854, Marie Joseph Gabriel Antoine Jogand-Pagès (questo era il suo vero nome) era un giornalista di tendenze anticlericali e blasfeme che aveva fatto brevemente parte di una loggia del Grande Oriente di Francia – il Tempio degli amici dell’onore francese –, dalla quale fu espulso in seguito a un’accusa di plagio.

Un ritratto di Léo Taxil, un ex massone convertitosi al cattolicesimo che descriveva la massoneria come un culto del diavolo
Foto: A. Harlingue / Roger-Viollet / Aurimages
Un anno dopo l’enciclica di Leone XIII, Taxil dichiarò di essersi pentito della sua empietà e di aver fatto ritorno all’ovile del cattolicesimo in cui era stato educato. Insieme ad alcuni collaboratori iniziò un’intensa attività di propaganda antimassonica, che si concretizzò nella pubblicazione di vari libri sui segreti della confraternita, come Les mystères de la Franc-maçonnerie, Les sœurs maçonnes e Les frères Trois-Points, tutti pubblicati nel 1886. Questi testi, improntati al sensazionalismo e con un certo gusto per i dettagli scabrosi, ebbero grande successo e vennero tradotti in varie lingue.
Tra le rivelazioni di Taxil c’era la descrizione del «palladismo» o «rito palladiano», un culto satanico riservato agli alti gradi della massoneria, che prevedeva l’apparizione di Lucifero in forme a volte piuttosto fantasiose – in un caso aveva assunto le sembianze di un coccodrillo che suonava il pianoforte. I particolari più sorprendenti della cerimonia furono rivelati da Diana Vaughan, una palladiana statunitense poi convertita al cattolicesimo.

Massoni vestiti da templari adorano il Bafometto in una loggia segreta. Illustrazione del libro Les mystères de la Franc-maçonnerie, pubblicato nel 1886
Foto: Isidora / Leemage / Prisma Archivo
In realtà era tutta un’invenzione di Taxil per rendere più credibili le sue menzogne. Diana era una semplice dattilografa, e il vero autore delle confessioni era lo stesso avventuriero marsigliese. Ma la cosa stupefacente è che la storia di Vaughan venne presa per buona e rilanciata dai più seri giornali religiosi; e fu anche avallata da molti studiosi cattolici (come i vescovi Léon Meurin e Amand-Joseph Fava), che la consideravano degna di fede. La conversione fittizia di Diana ricevette il plauso di vari rappresentanti della gerarchia ecclesiastica, tra cui alcuni cardinali, mentre solo una minoranza di voci cattoliche si levò per mettere in discussione le montature su una presunta massoneria luciferiana.
Taxil fu uno dei partecipanti più attesi al primo Congresso internazionale antimassonico, tenutosi a Trento nel settembre del 1896. Le rivelazioni del giornalista marsigliese e di Vaughan ebbero ovviamente un ruolo centrale nell’evento e furono accolte con entusiasmo dal pubblico. Ma, un po’ alla volta, l’impostura di Taxil cominciò a incrinarsi. Incalzato dalle domande di vari prelati tedeschi che diffidavano della reale esistenza dell’ex palladiana, Taxil mostrò una foto della donna.
Ciononostante, i dubbi sul conto di Vaughan continuarono a crescere. E così, il lunedì di Pasqua del 1897 Taxil svelò un inganno durato oltre dieci anni. L’annuncio, che suscitò un grande scandalo, fu fatto in occasione di una conferenza presso la Società geografica di Parigi e si concluse con queste parole: «Signori, confesso che ho commesso un infanticidio: il palladismo ora è morto perché suo padre l’ha assassinato».
Taxil aveva centrato tutti i suoi obiettivi: la provocazione, l’arricchimento personale e la beffa nei confronti del mondo ecclesiastico. La rivelazione del suo imbroglio contribuì a screditare momentaneamente gli eccessi dell’antimassoneria cattolica, in particolare le accuse di satanismo rivolte agli avversari.

Copertina di un libro antimassonico dello scrittore cattolico Abel Clarin de la Rive pubblicato nel 1894
Foto: Leemage / Prisma ArchivoCopertina di un libro antimassonico dello scrittore cattolico Abel Clarin de la Rive pubblicato nel 1894
All’inizio del XX secolo il movimento antimassonico perse notevolmente forza, dimostrando così quanto era stato influenzato dai libri del giornalista marsigliese. Anche se l’idea di un culto di Lucifero non scomparve mai del tutto (se ne possono vedere tracce fino ai nostri giorni), il tema non fu più al centro del discorso antimassonico. L’impostura di Taxil non fu quindi un semplice aneddoto curioso, ma una frode che si protrasse per anni e che risulta particolarmente rappresentativa dell’epoca in cui avvenne. Fu una storia di truffatori e vittime inconsapevoli, di paure e desideri, che rivela il fascino quasi inconfessabile suscitato dalla massoneria, tanto più se ammantata di rivelazioni fantasiose dal contenuto più o meno scabroso.
La volontà di credere
Come nel caso di altre famose imposture, la durata e il successo della menzogna di Taxil dipesero più dalla disponibilità delle sue vittime che da un particolare merito proprio. In una certa misura questa mistificazione può essere spiegata solo dalla volontà dei destinatari di lasciarsi ingannare, dal desiderio di credere alla conversione dei propri nemici, per quanto improbabile possa sembrare. Le rivelazioni di Taxil andavano a confermare, in una versione ancor più estrema, i pregiudizi che gli antimassoni cattolici nutrivano da decenni in merito alla perversità della massoneria, al suo carattere anticristiano e ai suoi legami con Lucifero.
Qualcosa di simile accadde nel caso di un altro celebre falso, i Protocolli dei Savi di Sion, che neanche vent’anni dopo avrebbe riacceso la propaganda antimassonica in chiave più marcatamente antisemita. Si trattava di un presunto programma di dominazione mondiale orchestrato dagli ebrei, da realizzarsi con l’aiuto della massoneria, tramite guerre, rivoluzioni e la distruzione delle istituzioni tradizionali. I Protocolli erano stati elaborati da agenti della polizia segreta zarista, l’Ochrana, nella Parigi a cavallo tra i due secoli, subito dopo la fine della vicenda Taxil.

In questa caricatura apparsa nel maggio del 1897 sulla rivista Jugend Diana Vaughan svela alla Chiesa gli orrori della massoneria, ma è Taxil a dettarle la confessione
Foto: Mary Evans / Scala, Firenze
Tuttavia furono i timori suscitati dalla Rivoluzione russa del 1917 a favorirne la diffusione a livello mondiale nel primo dopoguerra, quasi vent’anni dopo la loro stesura. In questo caso la contraffazione permetteva di riaffermare i secolari pregiudizi antisemiti e, al contempo, dimostrava il suo presunto valore profetico in merito al complotto giudaico-bolscevico.
In sostanza, l’inganno di Taxil e i Protocolli attecchirono perché il terreno era già fertile; chi diffuse quelle mistificazioni seppe approfittare di contesti favorevoli alla loro accettazione. Nel romanzo Il cimitero di Praga Umberto Eco mette in bocca al marsigliese una frase che suggerisce quale fu il semplice meccanismo che consentì la più grande impostura antimassonica della storia: «La caratteristica principale della gente è che è disposta a credere a tutto».