Masaniello e la rivolta dei "Lazzari"

La parabola di un pescivendolo che divenne capitano generale di Napoli, una delle città più importanti d’Europa, e che nel 1647 sollevò la popolazione contro le autorità spagnole del vicereame

Finalmente la divina bontà, per mostrare quanto sia immensa una scintilla della sua provvidenza, ha mandato il Davide per liberare un popolo così fedele, dalle troppo crudeli et inhumane tirannidi della saulitica nobiltà». Quel Davide era, agli occhi dell’autore anonimo della Succinta Relatione sulla rivolta avvenuta a Napoli nel 1647, Tommaso Aniello, detto Masaniello, nato in quella città il 29 giugno 1620 da Francesco d’Amalfi, un riparatore di scarpe. Pur essendo poche e incerte, le notizie emerse dalle fonti dell’epoca descrivono la sua famiglia povera e travagliata, appartenente ai ceti bassi cittadini. La madre Antonia Gargano, la sorella Grazia Francesca e la moglie Berardina Pisa facevano le prostitute e Masaniello veniva spesso deriso proprio grazie alle frequentazioni della consorte con alcuni suoi conoscenti. I fratelli erano due, Antonio Carmine e Giovanni Battista. La parte più carente d'informazioni è quella relativa agli anni dell’infanzia, dell’apprendistato e della formazione.

Tuttavia, grazie alla passata e recente storiografia è possibile ricostruire i tratti importanti di un povero pescatore, spesso dedito al contrabbando, che per dieci giorni governò una delle città più grandi dell’Impero spagnolo e d’Europa, divenendo quasi un sovrano assoluto in grado di guidare migliaia di persone pronte a eseguire i suoi ordini. Un avvenimento senza precedenti storici immediati. All’epoca dei fatti era un ragazzo di 27 anni, di bell’aspetto, statura media, capelli lunghi e scuri, più magro che grasso e con occhi pronti a osservare tutto. Scalzo, in camicia e calzoncini di tela e un berretto da marinaio, vivace ma nel complesso garbato, Masaniello lavorava alla “Pietra del Pesce” e vendeva, insieme al fratello, cartocci di carta straccia (cuoppi) e scarti di pesce, servendo anche a domicilio e facendo ogni tipo di servizio pur di sopravvivere.

La rivolta guidata da Masaniello a Napoli nel luglio del 1647. Il popolo insorge in piazza del Mercato, centro economico della città, nei cui pressi viveva Masaniello. M. Cerquozzi, Galleria Spada, Roma

La rivolta guidata da Masaniello a Napoli nel luglio del 1647. Il popolo insorge in piazza del Mercato, centro economico della città, nei cui pressi viveva Masaniello. M. Cerquozzi, Galleria Spada, Roma

Foto: DEA / Bridgeman / ACI

 

 

Dal carattere scherzoso, girava spesso per taverne a procurarsi il cibo, attraendo i clienti con i suoi modi, interveniva nelle liti per risolvere le questioni, dimostrando un certo senso della giustizia, sapeva suonare la cetra e per quanti lo seguivano rappresentava una figura coinvolgente. Abitava in una casa piccola, con due sole camerette, ma alimentava all’aria aperta la sua esuberanza, il suo carisma e la sua capacità d'imporsi sugli altri.

Tasse e gabelle

La vicina piazza del Mercato era il centro principale del commercio cittadino, ma anche il luogo della riscossione delle imposte da parte degli ufficiali del governo spagnolo, che a Napoli aveva istituito un viceregno che sarebbe durato fino al termine della Guerra di successione spagnola, nel 1713. Durante la prima metà del XVII secolo la Spagna degli Asburgo aveva dovuto affrontare una serie di lunghi conflitti e, a causa delle numerose spese belliche, la pressione fiscale in città era aumentata soprattutto a partire dal primo anno del viceregno di Monterey (1631-1637).

Tommaso Aniello detto Masaniello. Ritratto attribuito a Onofrio Palumbo

Tommaso Aniello detto Masaniello. Ritratto attribuito a Onofrio Palumbo

Foto: Dea / Scala, Firenze

Fu, però, durante l’amministrazione del viceré Rodrigo Ponce de León, duca d’Arcos, in città dal febbraio 1646, che la situazione degenerò con il ripristino della gabella della frutta, un aumento di vari carlini (cinque o dieci) sulla frutta fresca e secca che pesava su quella parte della popolazione che faceva affidamento sui piccoli guadagni. Non pagarla poteva voler dire finire in carcere, così come accadde proprio alla moglie di Masaniello, Berardina, fermata dagli ufficiali del governatore della gabella sulla farina, perché ne portava in braccio un sacco su cui non aveva pagato la tassa. Incarcerata per otto giorni, suo marito riuscì a liberarla solo pagando una grossa cifra, ricavata dalla vendita di quel poco che possedeva.

Secondo la tradizione questo avvenimento lo irritò profondamente, facendo nascere in lui il desiderio di vendetta. In realtà l’origine della rivolta che si sarebbe scatenata di lì a breve, pur avendo in quella antifiscale una delle ragioni principali, è da ricercare anche nella crisi economica che aveva investito l’intero regno, nel contesto politico-sociale della capitale e in quello internazionale. Intanto, manifestazioni di disapprovazione in città erano apparse già dal mese di maggio attraverso “cartelli” che minacciavano rivoluzioni.

La Basilica di Santa Maria del Carmen fu teatro di molti episodi legati alle vicende del 1647. Qui infatti Masaniello subì un fallito attentato e qui il suo corpo rimase sepolto fino al 1799

La Basilica di Santa Maria del Carmen fu teatro di molti episodi legati alle vicende del 1647. Qui infatti Masaniello subì un fallito attentato e qui il suo corpo rimase sepolto fino al 1799

Foto: L. Romano / ALBUM

 

 

 

Non perderti nessun articolo! Iscriviti alla newsletter settimanale di Storica!

I giorni della rivolta

Nella notte tra il 6 e il 7 giugno 1647 la casa della gabella sulla frutta a piazza del Mercato fu incendiata e distrutta e tra la fine del mese e i primi di luglio. Masaniello fu tra coloro che più cercarono di sollevare il popolo sia contro il grande fiscalismo imposto dagli spagnoli sia contro tutto il patriziato napoletano, considerato troppo accondiscendente nei confronti di una riscossione così sfrenata. Ritagliandosi un ruolo importante in una rivolta che rompesse i meccanismi con cui si introducevano le gabelle, riuscì a unire, nel tempo brevissimo dei primi giorni del moto, la plebe misera, disordinata e non qualificata, che lo riconobbe come suo portavoce, e il popolo organizzato nelle arti e corporazioni. Il 30 giugno il giovane garzone radunò il gruppo dei suoi lazzari, gli Alarbi, dai 200 ai 500 ragazzi minori di diciotto anni, che in occasione della festa della Madonna del Carmine del 16 luglio si esibivano al mercato. Armati di canne e lance, durante la sfilata davanti al Palazzo Reale imprecarono contro i notabili spagnoli affacciati al balcone e una settimana dopo, il 7 luglio, insieme a Masaniello sollevarono la popolazione al grido di «Viva il Re di Spagna, mora il mal Governo, e fora le gabelle» ed entrarono nel Palazzo. Durante la sommossa, che non aveva ancora un leader ma un comitato dirigente al Mercato, il duca d’Arcos si rifugiò nel convento di San Luigi, dove fu raggiunto dal cardinale Ascanio Filomarino, arcivescovo della città e intercessore tra i rivoltosi e le autorità spagnole.

La folla decapita Giuseppe Carafa, accusato con il fratello di aver tentato di uccidere Masaniello. Dipinto di Micco Spadaro (1647 circa). Museo di San Martino, Napoli

La folla decapita Giuseppe Carafa, accusato con il fratello di aver tentato di uccidere Masaniello. Dipinto di Micco Spadaro (1647 circa). Museo di San Martino, Napoli

Foto: Scala, Firenze

Qui, assieme a Genoino, altro capo popolare che svolse un ruolo importante durante il moto, iniziò a negoziare con il viceré per elaborare le istanze che potevano portare a un cambiamento netto delle condizioni di vita in città. Intanto, dopo l’assalto alle carceri e la scarcerazione di migliaia di persone, Masaniello fu eletto capitano generale del popolo e venne organizzato un governo popolare armato accanto a quello politico del viceré. L’11 luglio, dopo essere scampato a un fallito attentato nella chiesa del Carmine, il capitano si recò a palazzo insieme al cardinale e a Genoino per incontrare il viceré, ristabilire la pace e avere la sua firma sui nuovi Capitoli del privilegio.

Il breve “regno”

Il duca d’Arcos firmò le carte nel Duomo il 13 luglio 1647 e durante la cerimonia Masaniello, che più di tutti aveva contribuito a ottenere questo risultato in favore del popolo, iniziò a dare segni di uno squilibrio che lo avrebbe condotto ad atteggiamenti sempre più folli, come l’ultimo discorso sul pulpito della basilica del Carmine, senza abiti e deriso dai presenti alla messa.

Giulio Genoino, giurista e presbitero, affiancò il capopopolo nelle difficili e delicate negoziazioni con il viceré di Napoli. Assieme a Masaniello, è considerato l’artefice della rivolta del 1647

Giulio Genoino, giurista e presbitero, affiancò il capopopolo nelle difficili e delicate negoziazioni con il viceré di Napoli. Assieme a Masaniello, è considerato l’artefice della rivolta del 1647

Foto: Dea / Scala, Firenze

 

 

Dagli onori di cui aveva iniziato a godere presso la corte spagnola si ritrovò nudo, senza corona e senza regno, chiuso nella cella del convento dove fu raggiunto da amici corrotti dagli spagnoli, che lo fucilarono, lo decapitarono e ne trascinarono il corpo per le strade, prima di gettarlo in un fosso. La testa fu consegnata al duca d’Arcos come prova della sua morte e i congiurati furono tutti premiati dalla Corona di Spagna. Il 18 luglio 1648, dopo aver recuperato il corpo di Masaniello e per tenere buono quel popolo che lo aveva scelto come capitano, vennero celebrati funerali solenni e il feretro fu portato in processione per tutta la città, quasi come un santo. Restò sepolto nella basilica del Carmine fino al 1799 quando, dopo la fine della rivoluzione napoletana, re Ferdinando IV di Borbone ordinò la dispersione delle ceneri per cancellare i segni della ribellione.

Dopo la sua morte, a continuare la battaglia come capitano generale fu Gennaro Annese, che con il sostegno di Enrico II di Guisa proclamò la Real Repubblica Napoletana, durata fino al dicembre 1648, quando Don Giovanni d’Austria, figlio del re Filippo IV di Spagna, ristabilì il viceregno. Il 13 settembre, due mesi dopo i funerali, fu ancora Masaniello a comunicare attraverso un cartello e a intervenire nella vicenda politica per avvisare «che non si fiassero né del viceré, né del Toraldo, né del Palombo né dell’eletto che li tradivano e che facendo nuova sollevazione per uscire da sì fatti travagli avessero gridato libertà o chiamato il governo del Pontefice».

Il Palazzo Reale di Napoli, nel centro cittadino, venne eretto agli inizi del XVII secolo per essere destinato a residenza dei viceré spagnoli. è oggi una sede museale e ospita la biblioteca nazionale

Il Palazzo Reale di Napoli, nel centro cittadino, venne eretto agli inizi del XVII secolo per essere destinato a residenza dei viceré spagnoli. è oggi una sede museale e ospita la biblioteca nazionale

Foto: Massimo Ripani / Fototeca 9x12

 

 

La rivoluzione del 1799: la repubblica napoletana

Leggi anche

La rivoluzione del 1799: la repubblica napoletana

Se vuoi ricevere la nostra newsletter settimanale, iscriviti subito!

Condividi

¿Deseas dejar de recibir las noticias más destacadas de Storica National Geographic?