
Additato un tempo come traditore, Guy Fawkes è diventato oggi un simbolo di ribellione e la sua effigie è stata adottata da vari movimenti di protesta
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Verso la fine di ottobre del 1605 un nobile inglese, lord Mounteagle, ricevette una lettera misteriosa. Insieme agli altri lord inglesi e al re, Mounteagle avrebbe dovuto partecipare all’inaugurazione del parlamento il 5 novembre, pochi giorni dopo. Al tempo la tensione in Inghilterra era alta. Molti protestanti sospettavano che alcuni membri della minoranza cattolica stessero complottando per rovesciare la monarchia e imporre un regime cattolico con finanziamenti e aiuti stranieri. La lettera, anonima, conteneva informazioni importanti: «Mio signore, per l’amore che porto ad alcuni dei vostri amici, mi sta a cuore la vostra salvezza. Pertanto vi avverto, se vi è cara la vita, di escogitare una scusa per evitare di presentarvi a questo parlamento, […] anche se non ci sarà nessun segno di sommossa, pure vi dico che riceverà un colpo terribile». Il misterioso mittente sollecitava Mounteagle a bruciare la lettera dopo averne letto il contenuto. Il nobile, un cattolico, non lo fece. Salvandosi dal terribile castigo che avrebbe presto travolto alcuni dei suoi correligionari, inoltrò la missiva a Robert Cecil, primo ministro di re Giacomo I. La lettera arrivò quindi al sovrano, che inizialmente mise in dubbio l’autenticità della minaccia.
Cionostante, il 4 novembre il conte di Suffolk svolse un’ispezione del palazzo di Westminster e della zona circostante, dove il parlamento inglese si sarebbe dovuto riunire il giorno dopo. Il conte riferì di non aver trovato alcun motivo sostanziale di preoccupazione, ma di essere stato insospettito da una cantina in affitto a privati che conteneva una quantità insolitamente grande di legna da ardere. Quello stesso giorno sir Thomas Knyvett, un funzionario reale minore ma affidabile, diresse una seconda ispezione degli edifici attorno al parlamento. Anche Knyvett fu incuriosito dalla cantina e soprattutto dall’uomo che la sorvegliava: non aveva i tipici abiti del guardiano, ma indossava mantello, stivali e speroni – una tenuta che sembrava più adatta a una rapida fuga a cavallo.

L'arresto di Guy Fawkes, vestito con cappello e speroni, avvenuto il 4 novembre del 1605.
Foto: Bridgeman / Aci
Nascosti dietro la legna da ardere gli uomini di Knyvett scoprirono 36 barili di polvere da sparo. L’uomo, che aveva detto di chiamarsi John Johnson, fu trovato in possesso di lunghe micce. Knyvett aveva appena svelato un’incredibile cospirazione per far saltare in aria i membri di entrambe le camere del parlamento, il re, la maggior parte della famiglia reale e i principali ufficiali di stato. L’obiettivo era quello di instaurare un regime cattolico romano nell’Inghilterra protestante, con la figlia di Giacomo I, Elisabetta – che non sarebbe stata presente alla seduta parlamentare – in veste di governante fantoccio. Arrestato e torturato, John Johnson confessò di essere originario dello Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, e che il suo vero nome era Guy Fawkes. Pur non essendo il leader della rivolta, Fawkes divenne il volto più celebre della Congiura delle polveri, ancora oggi la più nota cospirazione della storia inglese. La sua cattura è stata ricostruita in innumerevoli libri e film: una figura alta e barbuta con stivali, mantello scuro e cappello scuro a tesa larga. È sua l’effigie che ogni anno, il 5 novembre, brucia sui falò di tutta Inghilterra.
Misure drastiche
Per capire le motivazioni di quell’uomo arrestato una notte di novembre di oltre quattrocento anni fa è necessario esaminare la situazione dell’Inghilterra e dell’Europa di allora. Fawkes e i suoi complici furono spinti a organizzare un attacco terroristico contro il loro stesso governo dai contrasti religiosi avvenuti mezzo secolo prima. L’instabilità politica e religiosa seguita alla Riforma aveva provocato una contrapposizione tra cattolici e protestanti in tutta Europa. In Inghilterra i conflitti religiosi avevano portato nel 1558 all’ascesa al trono di Elisabetta I. L’anno seguente la regina e i suoi consiglieri decretarono un “compromesso” religioso, che prevedeva una chiesa nazionale protestante, alla cui guida c’era la stessa sovrana inglese, ma che manteneva alcuni tratti cattolici nell’organizzazione, come i vescovadi, i tribunali ecclesiastici e alcune pratiche liturgiche precedenti alla Riforma.

Quest’incisione del XVII secolo raffigura le torture inflitte ai preti Nicholas Owen e Edward Oldcorne in seguito alla Congiura delle polveri, con cui nessuno dei due aveva alcun legame
Foto: Scala, Firenze
Molti cattolici inglesi rifiutarono il compromesso del 1559. Nell’Europa di quel periodo era comunemente accettato il principio secondo cui tutti i sudditi di uno stato dovevano aderire alla sua religione ufficiale. Per raggiungere questa uniformità, il regime elisabettiano proibì quindi il culto cattolico, compresa la celebrazione di battesimi, matrimoni e funerali. Essere cattolico praticante era punibile per legge. Si stabilirono delle multe, che potevano essere molto pesanti per i trasgressori recidivi e per chi rifiutava di frequentare le funzioni della Chiesa d’Inghilterra. Stampare o importare libri cattolici iniziò a costituire reato di alto tradimento. I preti cattolici inglesi educati all’estero che entravano in Inghilterra furono dichiarati traditori, così come chi li aiutava, li ospitava o li nascondeva. Tutti coloro che assumevano cariche amministrative, dai membri del parlamento agli insegnanti, dovevano rinnegare il potere del papa e prestare giuramento a Elisabetta come capo della Chiesa.
Intanto, mentre l’Inghilterra era coinvolta in una serie interminabile di conflitti con i cattolici irlandesi, i consiglieri della regina iniziavano a temere un intervento spagnolo in aiuto ai cattolici inglesi. Questi ultimi speravano proprio in un sostegno armato della Spagna a un’eventuale ribellione. La propaganda protestante inglese non perdeva occasione di sottolineare le atrocità commesse in nome del cattolicesimo. Alla popolazione venivano costantemente ricordate le 289 persone mandate al rogo in cinque anni dalla precedente sovrana cattolica, Maria I, e la bolla papale del 1570 che aveva dichiarato Elisabetta illegittima incoraggiando i sudditi alla ribellione. Alla fine del XVI secolo era ancora vivo il ricordo della Invencible armada, la flotta inviata nel 1588 da Filippo II di Spagna per ristabilire il cattolicesimo in Inghilterra e poi sconfitta da Elisabetta.
Le questioni religiose dominavano la scena anche dall’altra parte della Manica. In Francia le guerre di religione vedevano contrapporsi cattolici e protestanti. Più a nord, la protestante repubblica olandese era coinvolta in un aspro conflitto con la Spagna. Il Sacco di Anversa del 1576 da parte delle truppe spagnole aveva dato ai protestanti inglesi l’ennesimo esempio della ferocia cattolica.

Il Sacco di Anversa del 1576, uno dei tanti misfatti delle malpagate truppe spagnole che finirono per innescare la rivolta olandese contro il dominio di Filippo II
Foto: DHM / Bridgeman / ACI
Dopo la morte di Elisabetta I, nel 1603, in molti speravano che il suo successore, Giacomo I (che aveva governato in Scozia con il nome di Giacomo VI), avrebbe inaugurato una nuova epoca di pace. Il figlio della cattolica Maria Stuarda era protestante, ma i cattolici inglesi si auguravano che sarebbe stato più comprensivo nei loro confronti. Anche gli inviati spagnoli pensavano che, con Giacomo al trono, non fosse più il momento opportuno per fomentare una rivolta cattolica in Inghilterra. Le relazioni internazionali si tranquillizzarono. Con la firma del trattato di Londra del 1604, l’Inghilterra accettò di porre fine agli aiuti ai protestanti olandesi in cambio della rinuncia spagnola a fornire assistenza militare ai cattolici inglesi.
Catesby e gli altri
Questi sviluppi contribuirono a calmare gli animi di una parte dei dissidenti cattolici inglesi. Il cattolicesimo britannico era dominato dalla gentry, la classe agiata dei proprietari terrieri cui non mancava né denaro né influenza politica. Molti di loro preferirono adeguarsi agli aspetti negativi della situazione, conformandosi pubblicamente agli accordi religiosi del 1559 ma continuando a praticare in privato la propria religione. Qualche cattolico dissidente puntava invece a ribellarsi al dominio dei protestanti in Inghilterra. L’adesione di re Giacomo al compromesso del 1559 e la prosecuzione di politiche intolleranti spinse alcuni di loro a impegnarsi più attivamente per collocare un monarca cattolico sul trono. Uno di questi era Robert Catesby, rampollo di una famiglia della gentry cattolica del Warwickshire (Midlands). Anche se oggi è meno conosciuto di Guy Fawkes, fu in realtà lui a organizzare quella che sarebbe diventata nota come la Congiura delle polveri.

In questa incisione del 1794 è raffigurato Robert Catesby (secondo da destra), la mente della congiura, con sette complici. Nel XIX secolo la sua fama è stata eclissata da quella di Fawkes (terzo da destra)
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Quando, attorno ai trent’anni, architettò il complotto, Catesby aveva una personalità forte e carismatica, che usò per promuovere la sua convinzione che solo un gesto spettacolare e di estrema violenza avrebbe posto fine alla persecuzione dei cattolici inglesi. L’idea di usare polvere da sparo gli venne in mente nel 1603 e all’inizio del 1604 iniziò a reclutare complici. Il piano? Far saltare in aria il parlamento e re Giacomo I, nella speranza di instaurare un dominio cattolico. I primi a unirsi al complotto furono membri disillusi della gentry cattolica: i trentenni Thomas Winter e Jack Wright, e Thomas Percy, poco più anziano di loro. Winter era andato nelle Fiandre, che erano sotto il dominio spagnolo, in cerca dell’appoggio iberico, ma la Spagna non si era dimostrata interessata. Fortunatamente Winter trovò qualcuno cui invece l’interesse non mancava: Guy Fawkes, ex compagno di scuola di Wright.
Fawkes, che all’epoca si faceva chiamare Guido, combatteva nelle Fiandre a fianco degli spagnoli. Intelligente, tenace e calmo, era nato a York nel 1570 in seno a una famiglia di protestanti inglesi, ma in seguito si convertì al cattolicesimo. Winter venne a sapere della sua vasta esperienza in materia di esplosivi e lo convinse a unirsi al complotto. Nel maggio del 1604 i cinque uomini si incontrarono nella locanda Duck and Drake di Londra, dove fecero un giuramento di lealtà e, soprattutto, di segretezza. L’attentato prese forma nei mesi successivi. Percy andò a vivere in una casa vicino al parlamento, mentre Fawkes, con lo pseudonimo di John Johnson, fingeva di essere il suo servitore. I cospiratori iniziarono ad acquistare polvere da sparo. Al complotto si unirono nel frattempo nuovi membri, che apportarono ulteriori fondi: Robert Winter (fratello di Thomas), John Grant, Kit Wright e il servitore Thomas Bates. Nel marzo del 1605 Percy affittò una cantina sotto il palazzo di Westminster, dove venne trasportato l’esplosivo. Tre uomini ricchi e influenti – Ambrose Rookwood, Francis Tresham e sir Everard Digby – si unirono portando a 13 il numero totale dei congiurati.
Finalmente, nel novembre 1605, tutto sembrava pronto. I complici erano sorprendentemente riusciti a mantenere il segreto, per lo meno fino a quando lord Mounteagle non ricevette la famosa lettera. Gli studiosi si sono interrogati a lungo sull’identità del mittente. Un candidato è il cognato di Mounteagle, Francis Tresham, uno dei complici di Catesby, ma non sono state trovate prove a conferma di questa ipotesi. In ogni caso, una volta che lord Mounteagle rese nota la lettera, scattarono le ispezioni, e Guy Fawkes fu arrestato e condotto alla torre di Londra nelle prime ore del 5 novembre.
Esecuzione e conseguenze
Fawkes resistette agli interrogatori fino a quando, il giorno dopo, il re autorizzò l’uso della tortura. A quel punto cedette e confessò. Molti dei cospiratori nel frattempo erano fuggiti, ma le forze del re si misero rapidamente sulle loro tracce. Catesby, Percy e T. Winter furono uccisi in uno scontro a fuoco con i soldati di Giacomo I. Gli altri furono condannati per tradimento a essere impiccati e squartati. Fawkes si sottrasse alla pena: il giorno dell’esecuzione si buttò giù dal patibolo, rompendosi l’osso del collo. Ciononostante, il suo cadavere fu squartato e inviato «ai quattro angoli del regno». La reazione del re fu molto circospetta. Voleva evitare una repressione sanguinosa dei suoi sudditi cattolici e possibili tensioni diplomatiche con gli stati fedeli alla Chiesa romana. Il suo discorso al parlamento e i sermoni dei principali funzionari ecclesiastici sottolinearono l’odiosità del complotto, ma senza porre in dubbio la fedeltà della maggior parte dei cattolici alla corona. La natura miracolosa della scoperta della cospirazione si rivelò un importante strumento di propaganda. Già prima delle esecuzioni dei congiurati, il parlamento aveva approvato l’Atto di ringraziamento del 1606, che richiedeva a ogni chiesa inglese di tenere una funzione il 5 novembre in ringraziamento a Dio per aver sventato il complotto. Nel corso dei secoli, il giorno del ringraziamento si è trasformato nel Giorno di Guy Fawkes (o Notte dei falò). In tutto il Regno Unito la ricorrenza si celebra con fuochi d’artificio (che rappresentano la polvere da sparo) e falò, su cui vengono bruciate le effigi di Fawkes. Anche se non era stato lui a ideare la cospirazione, ne divenne il volto noto e fu destinato a una fama duratura.

Incisione della Notte di Guy Fawkes al castello di Windsor. La folla si raduna vicino al falò, mentre i fuochi d’artificio illuminano il cielo
Foto: British Library