Tra le antiche culture del Mediterraneo, nessuna risulta tanto affascinante e allo stesso tempo tanto enigmatica quanto quella degli etruschi. La loro lingua non ha alcun collegamento evidente con nessun’altra, tra quelle conosciute. Il loro modo di vivere la sessualità sconcertava i contemporanei, così come la posizione sociale delle donne, che condividevano la vita pubblica e domestica con gli uomini in termini di uguaglianza eccezionali per quel tempo. Lo storico Livio affermava che gli etruschi si riconoscevano per la loro straordinaria religiosità, e un autore cristiano, Arnobio di Sicca, fa dell’Etruria la culla della superstizione. Su di loro circolavano anche leggende fantastiche come quella che ci trasmette uno scrittore greco del II secolo, Claudio Eliano: «Gli etruschi, quando andavano a caccia di cinghiali e di cervi, non si servivano solo dei cani e delle reti, com’era usanza presso gli altri popoli, ma anche della musica. Essi dispiegavano tutt’intorno le reti per tendere le trappole alle fiere, poi interveniva un esperto suonatore di flauto a suonare con il suo strumento una melodia che fosse la più dolce e armoniosa possibile. Questa, diffondendosi nella silenziosa pace delle valli e dei boschi, arrivava fino alle cime dei monti, entrando nelle tane e nei giacigli delle fiere. [...] La musica li affascinava fino a farli uscire per andare incontro a quella voce al cui richiamo non sapevano resistere. In questo modo le belve dell’Etruria erano trascinate nelle reti dei cacciatori dalla suggestione della musica».

In questo affresco della tomba dei Leopardi, a Tarquinia, (470 a.C.) è dipinto un corteo comastico, di chiara origine greca
Foto: Scala, Firenze
A ogni modo, il grande enigma di questo singolare popolo, contraddistinto da straordinari livelli artistici e da una avanzata organizzazione dello stato, che sarà poi acquisita dai romani, è da sempre legato alle sue origini. Come era comparso in Italia un popolo così particolare? Da dove provenivano e in che circostanze si era avviata la presunta emigrazione che li portò in Etruria, la regione dove vissero almeno dall’VIII secolo a.C.?
Chi erano gli etruschi?
Nell’antichità esisteva una teoria riguardo all’origine degli etruschi, raccontata dallo storico Erodoto nelle sue Storie, opera che fu scritta nel V secolo a.C. Parlando dei lidi, un popolo che viveva nell’ovest della penisola anatolica, Erodoto spiega che a un certo punto della loro storia il re ordinò che metà della popolazione si dirigesse via mare verso l’ovest del Mediterraneo per sfuggire alla carestia che si era abbattuta su di loro. Scrive Erodoto: «Il re, divisi in due gruppi tutti i lidi, ne sorteggiò uno per rimanere, l’altro per emigrare dal Paese e a quello dei gruppi cui toccava di restare lì mise a capo lui stesso come re, all’altro che se ne andava pose a capo suo figlio, che aveva nome Tirreno. Quelli di loro che ebbero in sorte di partire dal Paese scesero a Smirne e costruirono navi e, posti su di esse tutti gli oggetti che erano loro utili, si misero in mare alla ricerca di mezzi di sostentamento e di terra, finché, oltrepassati molti popoli, giunsero al Paese degli umbri, ove costruirono città e abitano tuttora». Da Tirreno, il capo della spedizione, i lidi avrebbero preso il nome di tirreni; allo stesso modo, il territorio dell’Etruria viene chiamato Tirrenia da Erodoto. Tirreno avrebbe condotto la sua gente fino in Italia insieme al fratello Tarconte, il leggendario fondatore di Tarquinia.
Anche lo storico greco Ellanico di Mitilene, contemporaneo di Erodoto, chiama tirreni gli etruschi, però attribuisce loro una diversa origine. Secondo Ellanico, gli etruschi avrebbero provenienza orientale, ma non sarebbero lidi, bensì pelasgi, la mitica popolazione che occupò la Grecia prima dell’arrivo delle genti di lingua greca, cioè gli elleni. Secondo diverse leggende, i pelasgi si erano stabiliti in diverse zone del Mediterraneo, tra cui l’isola di Lemno, nell’Egeo, e quella di Troade, nel nordovest dell’Anatolia. Un’altra variante della stessa teoria faceva provenire Tirreno e Tarconte dalla Misia, nell’Anatolia occidentale.

Urna cineraria proveniente da Volterra, probabilmente opera del cosiddetto Maestro di Myrtilos. La defunta era una ragazza di 25 anni. Louvre, Parigi
Foto: White Images / Scala, Firenze
Quale fondamento storico si può attribuire a queste diverse leggende? Prima di tutto, è il caso di notare che esse situano la spedizione di Tirreno in un arco di tempo molto antecedente all’VIII secolo a.C., periodo al quale vengono fatti risalire i primi resti archeologici che permettono di identificare con chiarezza il popolo degli etruschi. Secondo alcune versioni, Tirreno e Tarconte sembrano essere coinvolti nella guerra di Misia, forse in fuga dopo la caduta della città o alleati dei troiani.
Con ciò, la loro esistenza viene collocata nella tappa finale dell’Età del bronzo e nella serie di grandi distruzioni e movimenti di popolazioni che avvennero in Grecia e nel Vicino Oriente intorno al 1200 a.C. Questi sconvolgimenti ebbero come protagonisti i popoli del mare, gruppi di guerrieri o pirati che navigarono attraverso il Mediterraneo orientale attaccando i grandi stati della regione, incluso l’Egitto faraonico. Si potrebbe allora essere portati a pensare che uno di questi “popoli” abbia potuto originare la leggenda della spedizione di Tirreno, anche se non è sicuro che si possa leggere “tirreni” nei documenti egizi che si riferiscono ai popoli del mare.
Una lingua da decifrare
Il fatto che uno dei popoli del mare avesse creato un insediamento in Etruria potrebbe spiegarsi con la ricchezza mineraria della zona. Infatti, la loro attività è collegata con le necessità di rifornimento di rame e stagno, i metalli con i quali si ottiene il bronzo. Inoltre, studi recenti hanno collegato il fenomeno dei popoli del mare a una serie di cambiamenti climatici che provocarono una consistente scarsità di risorse e, quindi, diedero origine a vaste correnti migratorie. In questo scenario s'inserirebbe bene una spedizione in cerca di nuove terre, come quella comandata da Tirreno, che venne provocata da una carestia.

Una delle tre lamine d’oro che rappresentano la “Stele di Rosetta” della lingua etrusca, con iscrizioni in etrusco e in fenicio. Villa Giulia, Roma
Foto: Bridgeman / Index
Un’altra ipotesi interessante per sciogliere l’enigma dell’origine degli etruschi è quella della loro lingua. L’ etrusco, che comparve tra il IX e il III secolo a.C., non ha nessuna parentela con le lingue italiche, che hanno una radice indoeuropea. Esso somiglia però a una lingua non-greca che ancora si parlava sull’isola di Lemno nel VI secolo a.C., secondo quanto testimoniato da un’iscrizione dell’epoca. Questo reperto suggerisce che in un tempo remoto i popoli di Lemno e quelli di almeno una parte dell’Anatolia occidentale parlassero una lingua comune, la stessa che potrebbe aver portato con sé un gruppo di tirreni appartenenti ai popoli del mare nella presunta marcia verso il territorio dell’Etruria.
A Lemno non si è rilevata nessuna connessione con la cultura etrusca, e ciò si potrebbe spiegare con il fatto che la cultura etrusca si sviluppò come tale solo dopo che quei popoli si furono stabiliti nella Penisola italica.
Altri autori sostengono invece che la lingua etrusca abbia un’origine più antica, anteriore al 3500 a.C. Fu allora che arrivarono in Etruria le prime comunità neolitiche, con un’economia basata sull’agricoltura, così come si era sviluppata nel Vicino Oriente. Quei gruppi di popolazione si erano spostati dall’Anatolia lungo le coste del Mediterraneo. La datazione dell’insediamento di quei popoli neolitici potrebbe sostenere la tesi alternativa sull’origine degli etruschi, che li vedrebbe stanziati in Etruria da tempi molto remoti.

Tumuli circolari nella necropoli etrusca della Banditaccia, presso Cerveteri
Foto: Georg Gerster / Age Fotostock
Le ricerche di Massimo Pallottino
La tesi dell’origine italica degli etruschi è antica quanto quella dell’immigrazione dal Mediterraneo orientale. Già nel I secolo a.C. lo storico greco Dionigi di Alicarnasso affermava che gli etruschi erano autoctoni, cioè che avevano sempre vissuto nello stesso territorio e che la loro cultura si era sviluppata nella stessa Etruria. Contro le tesi della migrazione dall’Anatolia o dalla Grecia, Dionigi argomentava che non esistono affinità culturali, religiose o linguistiche tra gli etruschi, i lidi e i pelasgi: «Sono forse più vicini alla verità quelli che sostengono che i tirreni non sono emigrati da nessun luogo, ma sono invece un popolo indigeno, poiché in ogni sua manifestazione presenta molti caratteri arcaici; sia per linguaggio sia per modo di vivere non lo si ritrova affine ad alcun altro popolo».
Gli studiosi del mondo etrusco non hanno mai risolto definitivamente il dilemma tra le due tesi. Oggi la spiegazione predominante combina infatti elementi delle due interpretazioni tradizionali. Nel 1984 l’archeologo ed etruscologo Massimo Pallottino spiegava che non bisognava chiedersi da dove fossero giunti gli etruschi, ma piuttosto come si era formata la loro cultura. La tesi di Pallottino coincide con la spiegazione di Dionigi di Alicarnasso, il quale affermava che la civiltà etrusca si era sviluppata in Etruria. È comunque certo che la cultura originaria degli etruschi si arricchì di apporti provenienti dal Mediterraneo orientale come anche dalle colonie greche del sud d’Italia. Tutto ciò sarebbe accaduto in un periodo di tempo molto lungo.
Gli studiosi hanno distinto diverse tappe nell’evoluzione della popolazione stabilitasi in Etruria. Dopo una lunga fase che coincise con il Neolitico, intorno all’anno 1700 a.C. iniziò la cultura appenninica dell’Età del bronzo; entrambi i periodi potrebbero spiegare alcune delle singolarità della cultura etrusca.

Scultura in terracotta (IV sec. a.C.) oggi simbolo dell’arte etrusca, rinvenuta nel tempio dell’Ara della Regina, a Tarquinia. Museo Etrusco, Tarquinia
Foto: Scala, Firenze
A partire dall’anno 900 a.C., durante l’Età del ferro, si sviluppò la cosiddetta cultura di Villanova, la cui ultima fase, l’VIII secolo a.C., si considera già etrusca. Coloro che introdussero la cultura villanoviana erano indoeuropei, però non riuscirono a imporre la loro lingua in Etruria, e nemmeno la loro religione o l’organizzazione sociale. In questi diversi aspetti, gli etruschi riuscirono a mantenere tratti autonomi, che trasmisero poi ai romani. Per esempio, due parole fondamentali nella cultura di Roma come populus, “popolo”, e miles, “soldato”, sono di probabile origine etrusca. Alla fine di quell’epoca gli etruschi recepirono diversi elementi culturali trasmessi da fenici e greci: il loro alfabeto sarebbe nato dalla mescolanza di queste influenze, così come la loro arte orientalizzante, tra l’ VIII e il VI secolo a.C.
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Entra in gioco la genetica
Più recentemente alcuni ricercatori italiani hanno utilizzato in quest’ambito un nuovo metodo per risolvere l’enigma sull’origine degli etruschi: gli studi sul DNA. Un primo studio, pubblicato nel 2004 e condotto dal genetista Guido Barbujani, si è concentrato su ottanta campioni di ossa provenienti da tombe etrusche dell’Etruria, con datazione compresa tra il VII e il III secolo a.C. Dai campioni è stato possibile isolare il DNA mitocondriale, che si trasmette dalla madre ai figli senza alcuna variazione e rimane inalterato nel corso del tempo. La conclusione è stata che tale DNA presenta maggiori affinità con quello di alcuni abitanti dell’attuale Turchia che con quello degli attuali abitanti dell’antico territorio dell’Etruria. Tuttavia, quei risultati sono stati messi in discussione per l’impossibilità di assicurare la purezza del materiale genetico presumibilmente etrusco e la sua buona conservazione.
Un studio ancora più recente, pubblicato nel 2007 e diretto dal professor Antonio Torroni, si è basato su 322 campioni di persone vissute almeno per tre generazioni nel cuore stesso dell’Etruria: Volterra, Murlo e la valle del Casentino. Paragonando il loro DNA mitocondriale con campioni di altre popolazioni dell’Italia e di altri Paesi, in particolare Europa, Africa settentrionale e Vicino Oriente, si trovarono più similitudini con gli abitanti della costa turca dell’Egeo che con qualsiasi altra popolazione. Secondo gli autori della ricerca, questi risultati avrebbero appoggiato la tesi di un’immigrazione dall’Anatolia fino al nord della penisola italica, anche in più riprese e a gruppi di popolazioni; risulta invece più difficile dimostrare che essa avvenne dopo il Neolitico e, ancora di più, stabilirne la datazione.

Una sacerdotessa tra due guerrieri in una delle cosiddette "lastre campane". Louvre, Parigi
Foto: Scala, Firenze
Le analisi genetiche non apportano, quindi, prove risolutive sulle origini degli etruschi. Di fatto, desta maggior interesse scoprire il modo in cui si formò in Etruria il popolo degli etruschi, a partire da elementi culturali di origine molto diversa. Si tratta di sapere attraverso quale percorso si sviluppò questa cultura unica, caratterizzata da una straordinaria raffinatezza artistica. Così, le grandi doti politiche di questo popolo misero un inconfondibile sigillo a quella potenza che sarebbe stata poi ereditata, in buona parte, da Roma.
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Per saperne di più
Etruscologia. Introduzione alla conoscenza del mondo etrusco. Massimo Pallottino, Hoepli, Milano, 2016