Un’amara sorpresa toccò in sorte a quei pescatori romani che ritrovarono il cadavere di papa Formoso nel Tevere. La salma dello sventurato pontefice, protagonista di uno degli episodi più bizzarri e raccapriccianti della storia del Papato, era stata dissepolta nove mesi dopo la sua morte per essere sottoposta a un macabro processo postumo. Lo storico prussiano ottocentesco Ferdinand Gregorovius avrebbe definito l’avvenimento come “un fatto di barbarie inaudito, di cui nessuna età vide mai l’eguale”.
Il cadavere di Formoso è sottoposto a giudizio davanti a un tribunale presieduto da papa Stefano VI. Olio su tela di Jean-Paul Laurens, 1870. Musée des Beaux-Arts, Nantes
Foto: Bridgeman / Index
La fosca vicenda si colloca sullo sfondo convulso della Roma della fine del IX secolo: basta una rapida occhiata alla lista dei papi che in poco tempo si avvicendarono sul soglio pontificio per comprendere come la Città Eterna fosse tutt’altro che un’oasi di pace.
Un’epoca tumultuosa
Tra l’872 e il 965 si susseguirono a Roma ben ventiquattro papi – nove di questi in un lasso di soli otto anni (dall’896 al 904) –, molti dei quali furono assassinati o destituiti. Vi furono pontefici avvelenati, come Giovanni VIII, relegati in carcere appena un mese dopo l’elezione, come Leone V, o giunti al potere a soli diciotto anni, come Giovanni XII.
A quel tempo Roma era in balia di alcune potenti famiglie costantemente impegnate in sanguinose lotte per la conquista del trono papale. Tali conflitti si inserivano nel contesto di un più vasto scontro per la supremazia sulla Penisola, che vedeva protagonisti gli imperatori carolingi, i quali si fregiavano del titolo di re d’Italia e di protettori della Chiesa, e alcune influenti casate aristocratiche italiane. Tra queste vi erano i duchi di Spoleto e i marchesi del Friuli, che si contendevano il possesso del territorio coincidente con l’antico regno longobardo.
Formoso si trovò coinvolto in tali conflitti fin dall’864, anno della sua nomina a vescovo di Porto, una diocesi che dalla foce del Tevere arrivava a Civitavecchia. Da allora egli svolse molte missioni diplomatiche al servizio della Santa Sede, che lo portarono in Bulgaria, a Costantinopoli e alla corte di Carlo il Calvo, re dei Franchi occidentali.
Pur di contrastare la supremazia spoletina, Formoso cercò l’aiuto del re di Germania, Arnolfo di Carinzia
Tuttavia, l’uomo cadde in disgrazia sotto papa Giovanni VIII, il quale aveva inteso liberare l’amministrazione pontificia da alcuni membri dell’aristocrazia laica che vi avevano acquistato troppa importanza. Formoso, che era legato a questa fazione, fu accusato di aver tessuto intrighi contro il pontefice per usurpare il trono apostolico: così, fuggito da Roma insieme ai suoi seguaci, nell’876 fu condannato in contumacia, ridotto allo stato laicale e scomunicato.
Formoso si rifugiò dapprima alla corte del duca di Spoleto, poi in Francia, in attesa di tempi migliori. Questi sarebbero giunti con l’elezione del nuovo pontefice, Marino I, che nell’883 revocò l’anatema contro Formoso e gli restituì il vescovato di Porto. Sotto i due pontefici successivi, l’effimero Adriano III e Stefano V, Formoso conservò il suo incarico episcopale, fino a quando, nell’891, alla morte di Stefano V, non ascese al soglio pontificio.
La vergine e il bambino. Mosaico absidale della basilica di Santa Maria in Domnica a Roma, ricostruita da papa Pasquale X nel IX secolo
Foto: Bridgeman / Index
Alleato dell’imperatore
L’attenzione del nuovo pontefice fu subito catturata dalle intricate vicende politiche della Penisola. Nell’889, Guido da Spoleto, dopo aver sconfitto il rivale Berengario, duca-marchese del Friuli, era stato incoronato re d’Italia a Pavia e due anni dopo aveva costretto Stefano V a incoronarlo imperatore. Formoso dovette riconoscere il ruolo di Guido e incoronare anche il figlio di quest’ultimo, Lamberto, che fu così associato al trono imperiale. Tuttavia, Formoso maltollerava la supremazia del nuovo re d’Italia e si rivolse ad Arnolfo di Carinzia, re di Germania, perché liberasse l’Italia e la Santa Sede dai “cattivi cristiani”.
Alla fine dell’893 Arnolfo scese nella Penisola; Milano e Pavia gli resero omaggio ma, una volta giunto a Piacenza, il re tornò indietro. In seguito, la morte di Guido rese possibile un riavvicinamento tra Lamberto e Formoso. La tregua, però, fu breve e nell’895 il papa si appellò di nuovo ad Arnolfo. Il sovrano tornò in Italia e marciò su Roma, dove nel frattempo era entrata, con un corpo dell’esercito spoletino, l’imperatrice madre Ageltrude.
Secondo voci dell'epoca papa Formoso fu avvelenato dai sostenitori dei re spoletini e morì tra atroci sofferenze. Incisione colorata tratta da La storia dei papi. J. Hergenrother, 1898.
Foto: Bridgeman / Index
Quest’ultima prese prigioniero Formoso e lo rinchiuse in Castel Sant’Angelo, ma alla fine fu costretta alla fuga dal re di Germania, nel febbraio dell’896. Il pontefice fu liberato e dopo pochi giorni incoronò Arnolfo imperatore, rinnegando apertamente Lamberto. Pochi mesi dopo, Formoso, reo di aver invitato in Italia uno straniero, morì a ottant’anni, probabilmente avvelenato. In un’epoca così turbolenta, densa di intrighi e rancori, l’esito della vicenda non poteva che essere questo.
Gli succedette Bonifacio VI, che spirò dopo soli quindici giorni di pontificato. Fu allora eletto Stefano VI, un antico rivale di Formoso e sostenitore di Lamberto di Spoleto, il quale, approfittando della debolezza di Arnolfo, colpito nel frattempo da apoplessia, entrò trionfalmente a Roma con la madre Ageltrude. Secondo un’ipotesi controversa, furono proprio i due sovrani della dinastia spoletina a esigere la condanna di Formoso e, dunque, l’annullamento di tutti gli atti del suo pontificato, oltre alla pubblica umiliazione dell’acerrimo nemico.
Il fatto che quest’ultimo fosse morto e sepolto non rappresentò alcun ostacolo: il defunto pontefice venne processato, anche se a tal fine fu necessario riesumarne la salma.
Successore di Formoso dopo il breve pontificato di Bonifacio VI, Stefano VI ne fece processare il cadavere. Incisioni colorate tratte da La storia dei papi. J. Hergenrother, 1898
Foto: Bridgeman / Index
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Il processo a un cadavere
La farsa venne organizzata fin nei minimi particolari. Al principio dell’897, Stefano VI fece dissotterrare il cadavere di Formoso e ordinò di portarlo in una delle principali basiliche romane, forse la Basilica lateranense, dove comparve di fronte a un concilio, presieduto dai cardinali, i vescovi e numerosi alti dignitari ecclesiastici. Il corpo, abbigliato con i paramenti pontifici, fu messo a sedere su un seggio e un diacono ebbe l’incarico di rispondere, in nome del defunto, alle accuse scagliate contro di lui.
L’avvocato di Stefano VI si rivolse alla salma, notificandole i capi d’accusa. Innanzitutto, si contestava a Formoso di aver contravvenuto alle disposizioni canoniche, che proibivano la traslazione da una sede vescovile a un’altra, passando da Porto a Roma: la sua elezione a pontefice era dunque illegale. Si narra che il papa vivente chiese al morto con furia sconsiderata: “Come hai potuto, per la tua folle ambizione, usurpare il seggio apostolico, tu che pure eri già vescovo di Porto?”. Probabilmente, l’avvocato difensore non osò replicare, in ogni caso la sentenza di condanna fu inappellabile. Il sinodo sottoscrisse l’atto di deposizione di Formoso, dannò il papa in eterno e annullò tutti i suoi atti, al punto che tutti coloro ai quali egli aveva conferito gli ordini sacerdotali dovettero essere consacrati di nuovo.
Giovanni VIII fu avvelenato dai suoi familiari. Sembra che, poiché il veleno tardava a fare effetto, venne finito a martellate in testa. Mosaico della Basilica di San Paolo fuori le Mura, Roma
Foto: Oronoz / Album
Eppure, ciò non era ancora sufficiente: il suo corpo fu spogliato delle vesti pontificali e gli furono recise le tre dita della mano destra, con cui impartiva la benedizione. Poi, il cadavere fu trascinato via lungo le strade di Roma e gettato infine nel Tevere tra le grida di una folla immensa. L’inaudito oltraggio, però, non rimase impunito a lungo. Nell’agosto dello stesso anno, travolto da una sommossa, lo stesso Stefano VI fu destituito e morì strangolato in carcere.
L’anno dopo, Giovanni IX riabilitò Formoso e proibì ogni futuro processo contro persone morte. Nel frattempo, le spoglie del defunto papa, miracolosamente ritrovate, avevano fatto ritorno nella Basilica di San Pietro. La fosca vicenda del suo processo sarebbe rimasta impressa nella memoria collettiva come uno dei più oscuri capitoli nella storia della Chiesa.
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