Il pane e le rose: i lavoratori di Deir el-Medina

La documentazione di una città operaia egizia conservatasi nelle sabbie del deserto racconta la vita quotidiana degli artigiani che lavorarono alle tombe dei faraoni

Nel cuore del deserto occidentale, all'altezza di Tebe, sorge Deir el-Medina, una città egizia perfettamente conservata in cui abitavano gli artefici delle tombe delle Valli dei Re e delle Regine. Da qui viene una ricca documentazione che permette di gettare un po' di luce sulla vita quotidiana e sul lavoro degli antichi abitanti della valle del Nilo, che riserva molte sorprese per la sua modernità.

Deir el-Medina, Luxor, Egitto

Deir el-Medina, Luxor, Egitto

Foto: Diego Delso, tinyurl.com/3zdne3ru

Casa, tomba e lavoro

Deir el-Medina, in egizio Pa Demi, ovvero "la cittadina", fu costruita per ospitare i membri della comunità artigiana che costruì e decorò le tombe dei faraoni del Nuovo regno (1539- 1069 a. C.) ed è conservata particolarmente bene, sia per via della sua lontananza dalle terre bagnate dal Nilo sia per la sua breve vita. Abitata per tutto il corso del Nuovo regno, venne poi gradualmente abbandonata e lasciata in balia della sabbia, che ricoprendola l’ha preservata fino a noi. Di forma rettangolare, la pianta della città misurava 163 metri di lunghezza e cinquanta di larghezza ed era circondata da un muro che aveva una sola porta da cui si poteva uscire per recarsi al lavoro.

I contatti dei cittadini di Deir el-Medina con l'esterno erano ridotti al minimo per evitare che, in combutta con dei ladri, organizzassero furti all'interno delle tombe regali, di cui conoscevano l'esatta ubicazione. Una sorta di "prigionia dorata", dove in cambio della poca libertà di movimento i lavoratori ottenevano una casa, la possibilità di costruirsi una tomba sulla collina a occidente della città e cibo assicurato tutto l’anno. Inoltre, beneficiavano dei servizi della semedet, una squadra di uomini che portava al villaggio prodotti dall’esterno: acqua, legna, sterco di bovino essiccato da usare come combustibile, attrezzi da lavoro e tanto altro. Usufruivano anche del lavoro di un gruppo di domestiche, che a rotazione davano una mano all'interno delle abitazioni. Per l’epoca era una condizione di vita privilegiata.

Organizzazione del lavoro

Tuthmosi I, sovrano che inaugurò la necropoli della Valle dei Re, fu probabilmente il fondatore della città, che in epoca ramesside arrivò ad ospitare circa 120 nuclei familiari. Le case avevano in media una metratura di ottantasei metri quadri ed erano composte da varie stanze: atrio, sala, camera da letto, cucina, cantina e tetto piatto che fungeva da terrazzo.

Copia di Nina de Garis Davies di un rilievo raffigurante Thutmosi I con la madre Seniseneb. Metropolitan Museum of Art, New York

Copia di Nina de Garis Davies di un rilievo raffigurante Thutmosi I con la madre Seniseneb. Metropolitan Museum of Art, New York

Foto: Paul James Cowie (Pjamescowie), tinyurl.com/mrymstmh, tinyurl.com/2u9cyjhk

Il lavoro era molto ben organizzato nella comunità di Deir el-Medina: i lavoratori erano divisi in due squadre che, come l'equipaggio di una nave, lavoravano ognuno su di un lato della tomba. Il loro numero variò nel tempo, passando dalle quaranta alle sessanta unità. C'erano poi due capi operai, uno per la parte destra e l’altro per la parte sinistra della squadra, che dovevano dirigere il lavoro e assicurarsi che tutti facessero il loro dovere.

Infine c'erano due Scribi della tomba, che si occupavano dei pagamenti e controllavano che tutti gli operai fossero presenti in cantiere annotando il nome degli assenti e il motivo della loro assenza. Scrivevano tutto sui “giornali” amministrativi – diari dei lavori – dapprima su ostraka, cocci di pietra o schegge di calcare utilizzate come blocco per appunti, per poi trascriverli ordinatamente su papiri.

Stoppini e orario di lavoro

La settimana lavorativa durava otto giorni, a cui ne seguivano due di riposo durante i quali gli abitanti di Deir el-Medina potevano dedicarsi all’ozio o alla costruzione della tomba per la propria famiglia. Le ore di lavoro giornaliero erano otto e sono state calcolate utilizzando come “testimoni” gli stoppini utilizzati dai lavoratori per illuminare i corridoi ipogei delle tombe.

L'insediamento operaio di Deir el-Medina

L'insediamento operaio di Deir el-Medina

Foto: Olaf Tausch, tinyurl.com/39dmjv67

Gli stoppini, piccoli frammenti di lino attorcigliati, erano collocati all'interno di una ciotola colma di olio di lino (in cui veniva messo anche del sale per evitare la formazione di fumo) e avevano una lunghezza di 25-30 cm. Il numero degli stoppini consumati al mattino era identico a quello consumato nel pomeriggio e data la loro durata si può affermare con quasi assoluta certezza che l’orario di lavoro era proprio di otto ore, divise tra mattina e pomeriggio, con una pausa per il pranzo e un veloce riposo.

Il salario degli operai

Il ventottesimo giorno di ogni mese gli operai di Deir el-Medina ricevevano un salario in natura, data l’assenza di qualsiasi tipo di moneta. La paga base erano razioni (chiamate khar) di grano e di orzo, che servivano per fare il pane e la birra e bastavano a soddisfare le esigenze di una famiglia con cinque figli. In occasione di feste, o quando personaggi importanti andavano in visita alla città, si distribuivano razioni extra chiamate meku, “ricompense”, che consistevano in sale, fagioli, aglio, carne, frutta, vino.

I pittori avevano lo stesso salario degli operai, ma nelle ore libere guadagnavano qualcosa di più andando a dipingere sulle pareti delle tombe degli artigiani, che a loro volta arrotondavano lo stipendio facendo lavoretti extra di vario genere, come confezionare vestiti. Anche gli Scribi della tomba, che avevano una paga base piuttosto bassa, guadagnavano un extra molto sostanzioso scrivendo lettere, testamenti e transazioni commerciali per gli abitanti della comunità.

Questo 'ostrakon' di Deir el-Medina segnala l'assenza di due lavoratori morsi da uno scorpione

Questo 'ostrakon' di Deir el-Medina segnala l'assenza di due lavoratori morsi da uno scorpione

Foto: Cordon Press

Assenze dal lavoro

Gli Scribi della tomba annotavano le presenze e le assenze dal lavoro: oltre a motivi gravi come il lutto c’era l’assenza per malattia, che non veniva mai specificata. Nei casi di malattia più grave, un collega poteva assentarsi dal lavoro per fare da “infermiere” e assistere il malato. Numerose assenze erano giustificate da motivi più futili: «Kham era alla sua festa», oppure «Nakht era alla sua festa con la figlia», o ancora «Neferhotep faceva la birra per la sua festa».

Altre cause di assenza potevano essere i litigi avvenuti sul posto di lavoro o in famiglia, come il caso dell’operaio Terermontu, assente dal lavoro perché «si è picchiato con sua moglie». Sembra che gli operai potessero assentarsi dal lavoro con una certa libertà, come l’operaio Merisekhmet, assente per due giorni perché malato e successivamente per altri diciassette perché si sentiva debole.

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Sciopero!

Durante il regno di Ramesse III (1187-1156 a.C.) ebbe luogo il primo sciopero egizio che la storia ricordi, che è stato descritto sul cosiddetto Papiro dello Sciopero, proveniente da Deir el-Medina e conservato al Museo egizio di Torino. Nell’anno ventinovesimo del regno di Ramesse II la squadra dei lavoratori, al grido «abbiamo fame!», incrociò le braccia smettendo di lavorare per parecchi giorni, e quando le autorità cercarono di convincerli a riprendere il lavoro la loro risposta fu: «È a causa della fame e della sete se siamo arrivati a tanto; non ci sono più né vesti né unguenti, né pesci, né verdure; scrivete in merito a ciò al faraone, il nostro buon signore, e scrivete al visir, il nostro superiore, affinché ci siano date le provviste». Purtroppo i ritardi nel pagamento dei salari continuarono e vi furono altri scioperi fino a che ai lavoratori non fu dato quanto pattuito… il pane e le rose.

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Per saperne di più

Vivere nell’antico Egitto. Deir el- Medina, il villaggio degli artefici delle tombe dei re. Enrica Leospo, Mario Tosi, Giunti, Firenze, 1998

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