Il lavoro nello 'scriptorium'

L’obbligo di leggere i testi sacri richiedeva che i monasteri dovessero procurarsi libri, quindi in molti di essi vennero create biblioteche, che in alcuni casi assunsero grandi dimensioni. Per questo, i monasteri disponevano di amanuensi e miniaturisti che, con un lavoro lento e laborioso, trascrivevano, illustravano e decoravano i testi, in parte per possederli, ma fondamentalmente per preservarli

I monasteri medievali, come quello di Montecassino, disponevano di un vasto ambiente, detto scriptorium, nel quale veniva organizzata ed eseguita l’opera di trascrizione dei codici. I monaci amanuensi copiavano ognuno un manoscritto diverso o le singole parti di un’opera, oppure scrivevano insieme sotto dettatura dell’armarius o bibliotecario. I copisti, inoltre, lasciavano in bianco gli spazi destinati a iniziali e titoli, oltre che a illustrazioni e fregi, i quali venivano poi colmati dai miniaturisti, incaricati di realizzare le immagini, e dagli alluminatori, che rifinivano con pennellate d’oro le miniature già disegnate e colorate.

Miniatura dal 'De Universo' di Rabano Mauro, 1023

Miniatura dal 'De Universo' di Rabano Mauro, 1023

Foto: Dea /Dagli Orti / Age Fotostock

Inizialmente i monasteri non erano dotati di biblioteche vere e proprie, nel senso di spazi destinati alla conservazione e alla lettura dei libri. I codici venivano riposti in armadi o casse, sotto la custodia di un monaco detto armarius, come si osserva nella miniatura qui riprodotta , tratta dal De Universo (1023) di Rabano Mauro, codice di Montecassino.

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Nello 'scriptorium'

I libri in genere erano realizzati in pergamena, pelle animale variamente conciata. Nel XIII secolo iniziò a essere impiegata la carta, soprattutto per manoscritti non religiosi.

I monaci amanuensi approfittavano delle ore diurne per compiere il loro lavoro di trascrizione. Nel XIII secolo si servivano di lenti tonde e biconvesse per migliorare la vista. Il testo era disposto in genere su due colonne, talvolta su tre o quattro. Le pagine erano decorate con motivi geometrici, vegetali e zoomorfi, o con figure umane.

San Girolamo e i suoi discepoli in uno 'scriptorium' del monastero di Santa Maria del Parral (1490). Museo Lázaro Galdiano, Madrid

San Girolamo e i suoi discepoli in uno 'scriptorium' del monastero di Santa Maria del Parral (1490). Museo Lázaro Galdiano, Madrid

Foto: Bridgeman / Index

Nelle immagini che li ritraggono, i copisti sono spesso muniti di un coltellino, utilizzato per affilare la penna o per raschiare la pergamena, eliminando eventuali errori. Per scrivere si usavano piume di uccello. Per indurirle, venivano prima inumidite con l’acqua e poi sotterrate sotto la sabbia calda. Infine, la punta veniva affilata con un coltello.

Per ottenere l’inchiostro rosso impiegato nei manoscritti si ricorreva al minio (ossido di piombo). Per le opere più preziose si usavano anche inchiostri metallici, d’oro e d’argento.

Miniatura che mostra la creazione dell’uomo, dal 'De Universo', uno dei codici più preziosi conservati nell’abbazia di Montecassino

Miniatura che mostra la creazione dell’uomo, dal 'De Universo', uno dei codici più preziosi conservati nell’abbazia di Montecassino

Foto: Dea / Age Fotostock

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