Quella notte il cielo sembrava essersi abbattuto su una coppia in una villa dell'Aventino, uno dei quartieri più esclusivi di Roma. La donna era seduta su una sedia, sconvolta, mentre l'uomo giaceva a terra coperto dai segni evidenti dei colpi ricevuti dagli schiavi del dominus della villa. Con lo sguardo perso sul costosissimo mosaico con scene di caccia che adornava il giardino, il signore della casa attendeva pazientemente il ritorno dei suoi schiavi, che aveva incaricato di trovare qualunque cittadino di Roma che, entro venti ore (il limite massimo stabilito dalla legge per tenere prigioniero l'amante della moglie), potesse confermare l'adulterio della sua sposa con quell'uomo.
Questa storia in effetti avrebbe potuto svolgersi allo stesso modo in qualsiasi casa dell'antica Roma, dal momento che, secondo la lex Iulia, promulgata dall'imperatore Augusto e alla quale ogni cittadino romano doveva attenersi, gli accusati di adulterio non venivano sottoposti soltanto a una punizione fisica e pecuniaria, ma anche a una ben peggiore per la mentalità romana: l'esilio.

Affresco pompeiano con scena erotica
Foto: Cordon Press
Sole e dimenticate
Una delle tante frasi attribuite a Giulio Cesare è che «la moglie di Cesare non deve soltanto essere onesta, ma anche apparire al di sopra di ogni sospetto». Questo principio fu portato a norma di legge dal suo successore Augusto nel 18 a.C. L'imperatore promulgò la lex Iulia de adulteriis coercendis, che puniva le spose che commettevano adulterio e i loro amanti con l'esilio. L'obiettivo della legge era di fare da esempio, soprattutto alle classi elevate dell'Urbe. Quel che però l'imperatore non sapeva era che nel giro di poco la legge che lui stesso aveva promosso si sarebbe rivoltata contro di lui.
Augusto promulgò la lex Iulia de adulteriis coercendis, che puniva le spose che commettevano adulterio e i loro amanti con l'esilio. L'obiettivo della legge era di fare da esempio, soprattutto alle classi elevate dell'Urbe
Questa legge non era diretta solo alle donne (che pure erano le uniche che potevano essere accusate di adulterio): anche gli uomini che andavano a letto con una donna sposata venivano puniti (se la donna era nubile, invece, non era considerato un crimine). Se alle donne venivano confiscati la metà della dote e un terzo dei loro beni, anche gli uomini perdevano la metà dei loro averi. In caso non fossero già stati uccisi dal marito oltraggiato (un'opzione contemplata dalla legge), entrambi venivano esiliati a vita su un'isola, separati l'uno dall'altro, ovviamente.
Una delle isole su cui trascorsero i loro ultimi giorni molte donne di classe alta accusate di adulterio era un isolotto vulcanico, ampio appena un chilometro e mezzo, situato di fronte alle coste di Napoli, nell'arcipelago ponziano. Si chiamava Pandataria, toponimo latinizzato della parola greca che significa "cinque bestie", e dal Medioevo lo si conosce come Ventotene.

Giulia maggiore, figlia di Augusto ed esiliata a Pandataria per adulterio
Foto: Pubblico dominio
Donne imperiali
Giulia, la figlia di Augusto, nota anche come Giulia maggiore, fu una delle prime donne della famiglia reale a finire imprigionata nell'isola di Pandataria. Quando aveva diciotto anni era andata in sposa al generale Marco Vipsanio Agrippa, braccio destro di suo padre e molto più anziano di lei. Gli incarichi di Agrippa lo costringevano spesso ad assentarsi da Roma (cosa che non gli impedì di generare con Giulia cinque rampolli), aumentando l'infelicità della giovane.
Alla morte di Agrippa, Giulia sposò Tiberio Claudio Nerone, figlio di Livia, la terza moglie di Augusto. Ma il nuovo marito la ignorava completamente e Giulia cercò consolazione tra le braccia di altri uomini. Cronache dell'epoca raccontano che la sfrenatezza di Giulia giunse al punto che il segreto divenne un pettegolezzo noto in tutta Roma, fino ad arrivare alle orecchie del padre che, infuriato e addolorato, si vide costretto a esiliarla sulla minuscola Pandataria.
Alla morte di Agrippa, Giulia sposò Tiberio Claudio Nerone, figlio di Livia, la seconda moglie di Augusto. Ma il nuovo marito la ignorava completamente e Giulia cercò consolazione tra le braccia di altri uomini
Anche altre isole svolsero la funzione di presidio per le donne della famiglia imperiale accusate di adulterio: nel Mediterraneo non mancavano gli isolotti sperduti. Giulia minore, una delle figlie di Giulia maggiore, fu mandata in esilio come la madre nel'8 d.C., a seguito di un'avventura con il senatore Decimo Giunio Silano, che dopo la condanna dell'amata andò in esilio volontario (da cui rientrò sotto il regno di Tiberio). Giulia fu inviata su un'isola nel piccolo arcipelago delle Tremiti, l'isola Trimerus (l'attuale San Domino), dove sembra che diede alla luce un bambino, frutto della sua relazione con Silano.

Agrippina e Germanico in un ritratto di Pedro Pablo Rubens. 1614. National Art Gallery. Washington
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Accusate di tradimento
Non furono solo le donne accusate di adulterio a finire i loro giorni sull'infausta Pandataria. Anche Agrippina maggiore, figlia di Giulia maggiore e Marco Agrippa, sposata con uno degli uomini più benvoluti di Roma, Germanico, vi morì. Agrippina accompagnò lo sposo in tutte le campagne militari a cui partecipò come generale. Quando Germanico morì ad Antiochia, capitale della provincia romana di Siria, forse avvelenato, Agrippina accusò Gneo Calpurnio Pisone, il governatore, di averlo ucciso.
La sposa addolorata si spinse ad accusare lo stesso imperatore Tiberio di aver architettato l'omicidio: e questa denuncia segnò la sua fine. Tiberio la esiliò a Pandataria accusandola di tradimento. Ma l'ira dell'imperatore non si placò: infuriato da una lettera accusatoria inviatagli da Agrippina, prima di esiliarla Tiberio ordinò che la frustassero con tanta violenza che la nipote di Augusto perse un occhio. Nel suo solitario esilio Agrippina decise di lasciarsi morire di fame.
Appena pochi anni dopo Pandataria accolse due delle figlie di Agrippina: Giulia Livilla e Agrippina minore. Le due furono esiliate sull'isola con l'accusa di aver fatto parte di una cospirazione per eliminare l'allora imperatore Caligola, loro fratello. Dopo la morte di questi Giulia Livilla a Agrippina minore tornarono a Roma, ma lì si scontrarono con Messalina, sempre più oltraggiata dall'affetto che il marito Claudio, nuovo imperatore e zio di entrambe le donne, aveva iniziato a dimostrare per loro.

L'imperatrice Messalina. Opera di Paul Rouffio. 1875
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Dopo una serie di macchinazioni ordite dalla stessa Messalina, Giulia Livilla fu accusata di adulterio con il filosofo Lucio Anneo Seneca (che fu esiliato in Corsica) e venne di nuovo spedita a Pandataria, dove morì assassinata un anno dopo, forse per ordine di Messalina.
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Ventotene nei secoli
Duemila anni dopo il dittatore fascista Benito Mussolini ripristinò l'antica tradizione e trasformò l'isola in una zona di confino, dove rinchiuse dissidenti politici come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che nel 1941 scrissero il Manifesto di Ventotene, uno dei testi fondanti del federalismo europeo. Ma non furono gli unici: tra gli ospiti illustri dell'ex Pandataria figura anche il futuro presidente della repubblica Sandro Pertini.
Benito Mussolini trasformò l'isola in una zona di confino, dove rinchiuse dissidenti politici come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni
In epoca romana l'isola di Pandataria, oltre che prigione, fu anche luogo di attracco per le imbaracazioni danneggiate dalle violente tempeste che flagellavano il Mediterraneo. Fu proprio in queste acque che un gruppo di archeologi sottomarini fece un'importante scoperta nel 2008: cinque imbarcazioni romane risalenti al I e al V secolo d.C., cariche di anfore iberiche, italiane e africane contenenti vino, garum (la famosa salsa di pesce assai apprezzata dai romani) e lingotti di metallo. Le navi più antiche misuravano circa diciotto metri di lunghezza, le altre tra i tredici e i venticinque metri. I relitti furono localizzati in un banco di sabbia a un centinaio di metri di profondità. Sembra che la piccola e infelice Pandataria abbia ancora molti segreti da rivelare...
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