Dettaglio di 'La dama e l'unicorno', arazzo del XV-XVI secolo
Foto: Pubblico dominio
Non è un caso che molti romanzi fantasy siano ambientati in mondi dall’estetica medievale, come la Terra di Mezzo o Narnia. Quando pensiamo a unicorni, draghi, fate o elfi, li collochiamo spontaneamente in un contesto che, almeno visivamente, ricorda il Medioevo. Niente di che stupirsi: fu proprio in quest’epoca che si diffusero moltissimi dei miti e delle leggende che sono arrivati fino a noi.
Nell’Europa medievale l’esistenza di esseri soprannaturali, per lo più residui del paganesimo, era una nozione comunemente accettata. Alcuni di essi erano un lascito del mondo greco-romano, altri invece provenivano dalle diverse popolazioni che si erano via via convertite al cristianesimo. Il risultato fu la raccolta di leggende e bestiari specializzati che descrivevano queste creature come fossero vere e proprie enciclopedie.
Creature benefiche
Molte di queste creature, come gnomi, nani ed elfi, entrarono nell’immaginario collettivo a partire dai miti e dal folklore del nord Europa, ed erano descritte come dotate di talenti o qualità speciali: ad esempio, gli gnomi erano particolarmente saggi, e i nani erano grandi guerrieri. Spesso credenze di diversa provenienza si fondevano, come nel caso delle fate, che nell’immaginario medievale riunivano le caratteristiche delle fatae romane, delle nymphae greche e delle fays celtiche.
Alcune di queste creature erano benevole verso gli esseri umani, altre malvagie, ma per lo più potevano essere entrambe le cose, a seconda di come le si trattava. Così, per esempio, si pensava che i neonati venissero visitati dalle fate; se queste ricevevano una buona accoglienza benedivano il piccolo con dei doni, se invece si sentivano offese lo maledivano con qualche difetto, come la zoppia o la balbuzie, e punivano i suoi parenti con qualche disgrazia. Questa credenza durò per molto tempo e la si ritrova nei racconti di fate tradizionali, come La bella addormentata.
Non tutti gli esseri appartenevano al mondo invisibile: si riteneva che alcuni, almeno in teoria, si potessero vedere. È il caso del rappresentante più noto del bestiario medievale, l’unicorno, immaginato come un cavallo con un corno in fronte al quale si attribuivano poteri curativi. Anzi, i corni di unicorno erano venduti come prodotto di lusso e chi poteva permetterseli li pagava a peso d’oro, li triturava finemente e li mescolava alle bevande come una sorta di elisir di lunga vita o come antidoto contro qualsiasi veleno potesse essergli stato versato nel bicchiere. Alcuni di questi presunti corni si sono conservati nelle collezioni dei reali dell’epoca: si tratta in realtà di zanne di tricheco o di narvalo, animali allora poco conosciuti in Europa e commerciati dalle popolazioni scandinave.
Miniatura di unicorno (monocero) nel bestiario di Aberdeen
Foto: pubblico dominio
Draghi e altri mostri
Accanto a queste creature magiche, ne esistevano altre che si potevano invece classificare come mostri. L’appellativo non implicava necessariamente che fossero malvagi, bensì pericolosi, anche in modo non intenzionale, allo stesso modo in cui potevano esserlo le bestie selvagge come orsi o leoni. Nel bestiario medievale abbondavano soprattutto vestigia della mitologia greca, come le sirene, i basilischi o grifoni, ibridi di diverse creature.
Tra questi, il mostro medievale per antonomasia è senza dubbio il drago. Questo termina designa due tipi di animali molto diversi. Quelli orientali erano venerati come creature primigenie ed erano considerati simboli di buona fortuna; viceversa, i draghi europei e del Medio Oriente erano esseri maligni. Il riferimento più antico che conosciamo risale al 2000 a.C. circa: si tratta di Tiamat, una dea della mitologia babilonese dalla natura duplice che rappresentava tanto la distruzione quanto la creazione, due processi inevitabilmente connessi.
Si ritiene che il drago sia entrato nell’immaginario europeo grazie ai greci e ai fenici, che a loro volta l’avrebbero conosciuto attraverso i persiani. Già per loro era un essere malevolo, ma il cristianesimo gli diede una nuova dimensione associandolo a un’incarnazione del diavolo, creata per suscitare caos e sofferenza. Nell’Apocalisse si descrive Satana come “il grande drago” e “il serpente antico”, e leggende come quella di san Giorgio che sconfigge il drago, diffuse in tutta Europa, rappresentano il trionfo della fede cristiana sul Maligno. Malgrado ciò il drago era anche un simbolo di potere e, come altre creature mitiche quali l’unicorno o il grifone, figura spesso nell’araldica medievale.
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L’idea comune secondo cui l’ispirazione per questi mostri sarebbe sorta dai fossili di dinosauro è discutibile. In primo luogo, gli ibridi sono piuttosto comuni nella mitologia di tutto il mondo; in secondo luogo, ciò che si potrebbe riconoscere di un fossile senza l’aiuto delle moderne tecniche di estrazione e pulizia non sarebbe probabilmente sufficiente per attribuirlo a una creatura immaginaria invece che a un animale reale: non fu fino al 1824 che il primo fossile di dinosauro, specificamente un iguanodonte, venne classificato. Più probabilmente il mito del drago nacque a partire da una creatura reale molto temuta nell’antichità, il coccodrillo, che migliaia di anni fa pare fosse molto più diffusa di quanto lo sia oggi.
Creature mitologiche nel libro illustrato per bambini di Friedrich Justin Bertuch
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Il primo bestiario conosciuto del mondo occidentale è il Phisiologos, scritto tra il II e il IV secolo d.C. da un autore greco anonimo e tradotto in latino e altre lingue. Ma fu solo a partire dal XII secolo che la credenza in questi mostri si diffuse davvero grazie al Bestiario di Aberdeen, che raccoglieva, a mo’ di enciclopedia naturale, esseri tanto reali quanto immaginari. Questa patina di verosimiglianza bastò per mettere creature come draghi e unicorni sullo stesso piano di capre e cavalli; con la piccola differenza che non si sa di nessuno che allevasse unicorni: se così fosse stato, sarebbe stato l’affare del secolo.
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