Alla fine dell’VIII secolo, mentre Carlo Magno andava forgiando il suo grande impero nel continente europeo, l’Inghilterra era divisa nei sette regni creati da sassoni, angli e iuti, i popoli germanici che tre secoli prima avevano invaso la Britannia sullo sfondo dell’ormai declinante dominio romano. Tra questi si distingueva il fiorente regno sassone di Wessex, al punto che i suoi monarchi ambivano a diventare sovrani di tutti gli inglesi. Dopo aver esteso la sua supremazia su tutta l’Inghilterra meridionale Egbert, re di Wessex, avanzò verso nord, occupando nell’829 anche il regno anglo di Northumbria.
La miniatura mostra i vichinghi danesi diretti in Inghilterra nell’865. X secolo. Museo di Oslo
Foto: Pierpont Morgan Library / Scala
Secondo la Cronaca anglosassone, nel 787 tre navi approdarono sulla costa del Wessex. Si trattava di un gruppo di uomini agguerriti proveniente dall’altro lato del Mare del Nord. Erano chiamati vichinghi, “ladri del mare”, un nome che li identificava come individui dediti a crudeli razzie e saccheggi. Tornarono cinque anni dopo, nel 793, ma questa volta sulla costa della Northumbria, dove saccheggiarono il prestigioso monastero di Lindisfarne e un anno dopo non risparmiarono quello di Jarrow. Nella decade successiva all’870 gran parte dell’area settentrionale dell’Inghilterra fu conquistata dai vichinghi. Ma le vicende più memorabili di questa storia erano ancora di là da venire.
Queste ebbero inizio nell’inverno dell’878, quando i vichinghi penetrarono nel Wessex. Fu un momento critico, in cui il regno anglosassone fu sull’orlo del collasso. Tuttavia resistette, grazie all’intelligenza politica e militare del suo re, Alfred, le cui virtù sarebbero state celebrate mille anni dopo da Voltaire: «Non so se mai sia stato sulla terra uomo più degno di rispetto per la posterità, che Alfred il Grande», disse di lui il filosofo francese.
Il monarca cacciò i vichinghi dalle sue terre e fondò città fortificate e fiorenti mercati al fine di riscuotere imposte sufficienti a mantenere un esercito permanente. Gli scontri erano continui, per la presenza di un forte insediamento vichingo in un’area che comprendeva l’Anglia orientale e le regioni settentrionali di Mercia e Northumbria. Gli anni successivi videro l’avvicendarsi di saccheggi e accordi di pace: i discendenti di Alfred dovettero scegliere tra la diplomazia o la guerra.
Gioiello del re Alfred. Oro e cristallo di rocca. IX secolo. Ashmolean Museum, Oxford
Foto: Bridgeman
La resistenza
Nel 937 il re Athelstan, nipote di Alfred, giunse a un epico scontro nella battaglia di Brunanburh: l’esito fu un trionfo che segnò l’unione dell’Inghilterra sotto lo scettro della dinastia sassone di Wessex ed ebbe grande risonanza anche nel continente europeo. Tra l’altro, il duca di Sassonia Ottone il Grande, che con il tempo avrebbe cinto la corona del Sacro romano impero germanico, già nel 929 aveva sposato Edith, sorella di Athelstan, per rafforzare i legami con la nascente monarchia nazionale inglese.
Dalla sua posizione privilegiata, Edith contribuì alla strategia politica del marito esortandolo a fondare il grande monastero di Magdeburgo, punto chiave dell’espansione tedesca verso est. Ma seguì da vicino anche la politica del fratello Athelstan che, preoccupato di assicurarsi la sottomissione della Cornovaglia, si accinse a fortificare la città di frontiera di Exeter. In seguito, nel 973, il nipote di Athelstan, Edgar, si fece incoronare re nella città di Bath, un luogo disseminato di reperti di epoca romana, con il desiderio di emulare – senza riuscirci – la grandiosa proclamazione a imperatore di Ottone I a Roma.
Indubbiamente le terre governate dal casato di Wessex erano coese e Athelstan era stato uno dei re più potenti del suo tempo, ma vi erano segnali d’allarme all’orizzonte. Da una parte una forte tensione cresceva all’interno della casa reale tra gli eredi al trono; dall’altra la presenza inquietante dei vichinghi incombeva ancora sulla frontiera settentrionale del regno. Le due circostanze si trovarono a convergere alla morte di Edgar, nell’anno 975. Quando si riunì il Witan, l’assemblea degli uomini più autorevoli del reame, per eleggere l’erede del defunto re, i notabili dovettero scegliere tra due personaggi dal temperamento molto diverso.
Nell’anno 793 i vichinghi sbarcarono a Lindisfarne, nell’attuale Northumberland, saccheggiarono il monastero e uccisero tutti i monaci
Foto: Ian West / Age Fotostock
Il primo, Edoardo, figlio della prima moglie del sovrano, era un adolescente spietato e instabile, la cui candidatura suscitava forti opposizioni. Il secondo, Ethelred, era figlio di Elfrida, la seconda moglie del monarca nonché la donna più potente e ambiziosa del regno. Ethelred aveva molte credenziali per essere incoronato, tranne una: l’età. Aveva solo sette anni. Come era prevedibile, il Witan preferì Edoardo. Elfrida si ritirò risentita e da quel momento si cominciò a respirare un clima da guerra civile. Nel 978 il re Edoardo si diresse sulla costa del Wessex per cacciare. Lì fu circondato da un drappello di uomini armati e brutalmente ucciso. L’evento destò grande scalpore perché era la prima volta nella tradizione sassone che veniva assassinato un re unto; ne seguì inevitabilmente un periodo di instabilità.
Elfrida approfittò dell’occasione per elevare suo figlio Ethelred al trono. Quest’ultimo fu subito sospettato di omicidio e, fatto ancora più grave, con il diffuso senso di precarietà crebbe il timore che di lì a poco sarebbero potuti tornare i vichinghi con i loro terribili saccheggi di città e villaggi. Non era un’esagerazione, perché nella vicina Northumbria, regione dell’Inghilterra settentrionale, dove molti aristocratici erano scandinavi, giravano continue voci di un’imminente invasione dei regni sassoni.
L’attacco di Osso di Corvo
Con la diplomazia si riuscì solo a procrastinare l’inevitabile. Furono elargite grandi somme ai vichinghi, affinché non superassero le frontiere; si preferiva pagare questo “riscatto” piuttosto che subire le loro incursioni, ancora più gravose economicamente e spaventose per la popolazione. Fu allora che entrò in scena il feroce Olaf Tryggvason, soprannominato Craccaben, “Osso di Corvo”, un norvegese con un fiuto eccellente per il bottino, che in poco tempo divenne il terrore delle rotte di navigazione inglesi. Agli inizi del decennio del 990 la fama di Tryggvason era tale che molti capi vichinghi si unirono alle sue spedizioni lungo le coste del Kent e dell’Essex. Durante uno di questi attacchi oltre novanta navi razziarono e diedero fuoco a tutto ciò che incontrarono al loro passaggio. Fu allora che si combatté la battaglia di Maldon, uno degli scontri più rilevanti avvenuti in Inghilterra nel primo millennio dell’era cristiana.
Moneta vichinga coniata in Irlanda. XI secolo. British Museum
Foto: W. Forman / Gtres
Nell’agosto del 991 Tryggvason si accampò nei pressi dell’isola di Maldon, a nord dell’estuario del Tamigi, non lontano da Londra. Lì giunsero i sassoni e li sfidarono a passare dal loro accampamento alla terraferma. Davanti al capo vichingo c’era il conte Byrhtnoth, con un modesto drappello di uomini armati. La battaglia fu feroce e sanguinosa; alla fine i sassoni ebbero la peggio e si diedero alla fuga abbandonando il cadavere del valoroso Byrhtnoth, che si era rifiutato di lasciare il campo. Dopo la sconfitta a Ethelred non rimase altra scelta che pagare a Olaf un pesante tributo di 10mila sterline: il primo di molti altri dazi che si sarebbero trasformati in imposte ordinarie poi dette danegeld.
Nel 994 l’avido Tryggvason tornò a esigere altri tributi, attaccò Londra e devastò i territori circostanti. Fu nuovamente pagato perché si ritirasse e questo valse a Ethelred, sovrano timido e codardo, il soprannome di Unroed, “lo sconsigliato”. L’ironia delle circostanze era palese: in Europa non c’era altro regno che riscuotesse più denaro di quello di Wessex, eppure esso diveniva ogni giorno più debole poiché il sovrano inglese non aveva alcuna strategia per tenere a freno le ambizioni vichinghe, eccetto il pagamento di riscatti permanenti.
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Nuovi re d’Inghilterra
Olaf non si trattenne quando si trattò di spremere le casse del regno e la gente cominciò a credere che gli attacchi dei suoi uomini fossero un preludio alla fine del mondo. Nonostante l’influente vescovo Wulfstan di Londra affermasse che nessuno poteva conoscere “il giorno né l’ora” della fine dei tempi, il popolo si convinse sempre più che la lama infuocata dei cavalieri dell’Apocalisse avesse la forma della spada vichinga. In un episodio che destò scalpore, i vichinghi bruciarono una chiesa a Oxford con dentro tutti i fedeli che vi si erano rifugiati.
I sovrani Emma e Canuto vicino alla croce. Liber Vitae. XI secolo. British Museum, Londra
Foto: Bridgeman
Si levò dunque un sospiro di sollievo quando Tryggvason si spostò in Norvegia con l’intento di essere incoronato re di quella terra. Ma il vuoto di potere che lasciò in Inghilterra fu presto colmato da un signore vichingo altrettanto freddo, crudele e calcolatore. Era danese, si chiamava Sven e il suo appellativo era “Barbaforcuta”. Tuttavia, dopo una prima fase in cui si dedicò al saccheggio, egli mutò strategia, con l’intenzione sempre meno celata di creare un regno danese in Britannia. Alla fine riuscì a isolare Ethelred. Quest’ultimo mandò la moglie, la colta e influente Emma, in Normandia, e anch’egli fu costretto all’esilio. Alla sua morte, nel 1016, i vichinghi s'impossessarono del trono grazie all’abilità del loro nuovo capo, Canuto il Grande, figlio di Sven. La sua prima mossa fu di sposare Emma, la vedova di Ethelred, garantendosi così il suo appoggio per un progetto politico che finì per trasformare i suoi successori in re degli inglesi, regalando un finale in grande stile alla storia dei vichinghi in Inghilterra.
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Millennium. La fine del mondo e la nascita della cristianità. Tom Holland. Il Saggiatore, Roma, 2010