Il regno del Congo fu fondato intorno all’anno 1400 da Nimi a Lukeni, sovrano della popolazione kongo o bakongo. All’inizio del XVI secolo si estendeva a nord e a sud della foce del Congo, su una superficie di oltre 300mila chilometri quadrati, e contava circa tre milioni di abitanti. Era uno stato relativamente centralizzato nel quale la monarchia era sacra – come nell’antico Egitto e nell’Europa del XVII secolo –, sebbene di carattere elettivo. I congolesi, oltre a essere agricoltori e commercianti, erano famosi per l’abilità nella lavorazione del ferro e nella fabbricazione di tessuti molto pregiati, di armi e di oggetti di rame, piombo e ceramica. Praticavano il culto degli antenati – come nella Roma antica – e dei numi tutelari.

Loango, all’epoca una delle città più sviluppate del continente africano, faceva parte del regno del Congo. Incisione a colori, XVIII secolo
Foto: Granger Collection / Age Fotostock
Il viaggio di Diogo Cão
Nel 1482 una spedizione navale portoghese guidata dall’esploratore Diogo Cão, finalizzata all’apertura di una rotta marittima diretta con l’India, raggiunse la foce del Congo. Poco tempo dopo, nel corso di un altro viaggio, Cão risalì il corso del fiume e fu così che venne a contatto con il potente stato congolese. I portoghesi furono impressionati «dalla grandezza e dalle ricchezze del regno». A quanto riportarono, dalla costa alla capitale, Mbanza Kongo, la strada «era sicura, pulita e ben mantenuta, e vi si trovava cibo in abbondanza». All’epoca il sovrano, o mani Kongo (re del Congo), era Nzinga a Nkuwu. Cão lo descrive seduto «su un podio riccamente addobbato, a torso nudo, con un copricapo di foglie di palma e una coda di cavallo adorna d’argento che gli ricadeva sulle spalle, una cintura stretta da un panno di damasco che il nostro re gli aveva inviato e un bracciale d’avorio al braccio sinistro». I portoghesi, che consideravano i congolesi «uomini come loro», mostrarono rispetto: in segno di omaggio, il comandante portoghese «baciò la mano» a Nzinga a Nkuwu.
Primi contatti
Con questo primo abboccamento, nel 1487 furono stipulati accordi di amicizia e collaborazione. I congolesi, meravigliati dalle conoscenze tecnologiche degli europei, richiesero artigiani e materiali, e ben presto dal Portogallo arrivarono muratori e carpentieri che s'installarono nella capitale. Fra i due regni si allacciarono inoltre relazioni diplomatiche. Nel 1489 Nzinga a Nkuwu inviò a Lisbona un’ambasciata e successivamente mandò alcuni giovani della sua corte a studiare in Portogallo. L’aiuto militare portoghese fu decisivo perché il re congolese avesse la meglio sui suoi nemici, in particolare sui bateke.
Grazie all’aiuto militare portoghese, il re Giovanni I del Congo sconfisse i suoi nemici
In cambio del loro sostegno, i portoghesi pretesero di poter divulgare il cristianesimo. Gli ambasciatori congolesi furono convertiti e battezzati, e nel 1491 vennero fondate le prime missioni, che costruirono chiese e scuole. Il re Nzinga a Nkuwu, o Ndozau, dovette accettare di essere battezzato e prese il nome di Giovanni I (João I), inaugurando una lunga serie di sovrani cristiani congolesi. Anche gli aristocratici si convertirono, e diedero vita a un partito cattolico pro-portoghese, detto degli esicongo.

Il re del Congo riceve l’omaggio di un gruppo di portoghesi, XVI secolo. Incisione colorata basata su un originale di Theodor De Bry
Foto: Everett Historical / Shutterstock
Gran parte della popolazione congolese respinse però la nuova religione, e lo stesso sovrano non ne accettava tutti i principi, per esempio la proibizione della poligamia, cosicché in breve tempo ritornò alle antiche credenze. «Tutto era avvenuto troppo rapidamente per poter credere a una vera accettazione del cattolicesimo», scriveva lo storico Ndaywel è Nziem.
A Giovanni I , morto nel 1506, succedette uno dei figli, che, appoggiato dai tradizionalisti, non era cristiano; ma un altro figlio del sovrano, Mvemba a Nzinga, un cattolico convinto, lo sconfisse con l’aiuto dei portoghesi e di San Giacomo, apparso in cielo spaventando i nemici, e salì al trono con il nome di Ndofunsu, o Alfonso I.
Un cattolico oltranzista
Ndofunsu parlava e scriveva bene il portoghese e confidava che il suo potere potesse essere rafforzato grazie all’adesione al cattolicesimo. I portoghesi non lo consideravano un «re vassallo del Portogallo», ma un «autentico sovrano», «il più potente ed eccellente sovrano del Congo». Nel 1512 Emanuele I del Portogallo gli scrive: «Potentissimo ed eccellentissimo re del Congo, inviamo i nostri saluti nel nome di Colui che amiamo e in cui crediamo, preghiamo Dio affinché ci conceda lunga vita e tanta salute quanto possiamo desiderare». Ndofunsu mostrò un fervore religioso quasi ossessivo, che sconcertò anche i portoghesi. Combatté la religione congolese, bruciando gli oggetti di culto e proibendone il possesso pena la morte (sorte che toccò a uno dei suoi parenti), e promosse un’“arte cristiana” basata sulla produzione di croci e crocefissi che i congolesi “riutilizzarono” dando loro significati autoctoni.

Crocefisso del regno del Congo. XVI secolo. Metropolitan Museum, New York
Foto: Rmn Grand-Palais
Favorì l’insegnamento della lingua portoghese, fece erigere numerose chiese e scuole destinate ai discendenti delle famiglie nobili dirette da sacerdoti europei di infimo livello intellettuale. Ndofunsu adottò l’etichetta di corte portoghese, con le sue gerarchie e i suoi titoli, e arrivò a mutare il nome della capitale, da Mbanza Kongo a San Salvador. Mandò il figlio Ndodiki (Enrique) a studiare a Lisbona e questi, a soli ventitré anni, divenne il primo vescovo cattolico nero.
I portoghesi pretesero di esercitare il controllo sulle esportazioni congolesi, proibirono la partecipazione commerciale di altri Paesi europei e tentarono di privare il mani Kongo di navi commerciali. Il governatore portoghese di São Tomé – un’isola del golfo di Guinea scoperta dai portoghesi nel 1470 che serviva loro da base – trattava con disprezzo gli inviati congolesi, tratteneva coloro che dovevano raggiungere Lisbona e si appropriava dei doni che il Portogallo e il Congo si scambiavano.
A ciò si aggiungevano le scorribande compiute dai pirati che facevano base sull’isola. Il conciliante Ndofunsu cominciò a mostrare insofferenza in merito all’adozione del diritto portoghese e alla pretesa che i portoghesi imputati di un qualche reato in Congo dovessero essere giudicati in Portogallo. A tutto ciò si sommava il commercio di schiavi, iniziato nel 1505, al quale Ndofunsu si opponeva recisamente. Il re voleva espellere dalle sue terre i trafficanti europei, che avevano complici fra gli aristocratici congolesi. Temendo lo spopolamento del territorio e la perdita di forza lavoro, nel 1526 Ndofunsu scrisse a Giovanni III del Portogallo, ignaro che questi avesse un diretto interesse nella tratta: «In ogni angolo del Paese agisce un gran numero di trafficanti. Essi portano la rovina: non c’è giorno che non rapiscano persone per metterle in schiavitù».

Soldato portoghese. Figurina del XVI secolo. Musée du Quai Branly, Parigi
Foto: C. Jean / Rmn Grand-Palais
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Disaccordi e conflitti
La tensione tra congolesi e portoghesi crebbe, mentre i culti tradizionali recuperavano terreno. Nel giorno di Pasqua del 1539 sicari portoghesi al soldo dagli schiavisti irruppero nella chiesa in cui Ndofunsu era raccolto in preghiera e gli spararono: «Hanno cercato di uccidermi davanti al vero Salvatore del mondo», dichiarò incredulo il re, che sarebbe morto nel 1543.
Da allora la storia del Congo fu contrassegnata dallo schiavismo, da violenti conflitti interregionali e dall’imposizione del cristianesimo. Il Paese perse di fatto l’indipendenza nel 1665, quando i portoghesi, con alleati africani, si batterono per il controllo della provincia di Mbwila contro l’esercito di Antonio I, che fu sconfitto e decapitato. Nei decenni seguenti il Congo fu dilaniato e smembrato dalla guerra civile. La dinastia dei sovrani cristiani perdurò formalmente fino al 1885, quando, con la conferenza di Berlino, il regno fu ripartito tra Portogallo, Belgio e Francia.
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Per saperne di più
Congo. David van Reybrouck. Feltrinelli, Milano, 2016
Africa. Biografia di un continente. John Reader. Mondadori, Milano, 2017