Gambe, braccia, teste, mani, piedi, torsi, archi e scudi: una distesa di frammenti talmente vasta e insolita da provocare stupore, ansia, meraviglia. E anche pessimismo: non dev’essere stato facile, per i quindici specialisti restauratori, capire da dove iniziare per ricomporre quei cinquemila pezzi di pietra adagiati per 140 metri quadri nel centro di restauro di Li Punti, vicino Sassari. Una mole enorme di calcare e arenaria, ben dieci tonnellate, emerse dalla terra alla fine degli anni settanta del secolo scorso in una collinetta di Cabras, nella costa occidentale della Sardegna, e radunata dal 2007 al 2011 per il progetto di conservazione e restauro Mont’e Prama, Prenda ‘e Zenia. Il risultato di quattro anni di progetti, schede, disegni, fotografie, rilievi, studio, osservazioni, pulizia, tentativi di ricomposizione e montaggio (che hanno coinvolto decine di professionisti) è arrivato nel 2011: ventiquattro figure tra guerrieri, pugilatori e arcieri erano finalmente in piedi, imponenti e meravigliose.
Dal 2014 un piano intero del Museo archeologico di Cagliari è dedicato alle sculture di Mont’e Prama: in mostra 18 statue, 8 modelli di nuraghe e 7 betili
Foto: Toni Spagone / Age Fotostock
Insieme a loro, quindici modellini di nuraghe e alcuni betili (pietre considerate sacre). Venivano ricostruite così, a quarant’anni dalla scoperta, le uniche statue a tutto tondo e di grandi dimensioni della civiltà nuragica (diffusa tra il XVIII e l’VIII secolo a.C.) le più antiche del Mediterraneo occidentale. Un tesoro esposto a Cabras nel Museo civico “Giovanni Marongiu” e a Cagliari nel Museo archeologico nazionale, accompagnato da postazioni multimediali con le ricostruzioni in 3D ad altissima risoluzione create dal centro di ricerca Crs4. A queste ventiquattro statue se ne sono aggiunte altre tre ritrovate durante le campagne più recenti (2014-2016).
Un lavoro in corso
Lo scavo archeologico, invece, non è ancora aperto al pubblico. Lo studio infatti non è concluso: tutto fa pensare che il sottosuolo nasconda ancora informazioni preziose per ricostruire la storia e arricchire le nostre conoscenze sulla civiltà nuragica. Sappiamo per certo che Mont’e Prama, dove svettavano le sculture, forse ben più numerose di quelle che sono arrivate a noi, ospitava anche una necropoli che, con oltre cento tombe, è la più vasta finora conosciuta dell’Età nuragica. Quello che non si sa con certezza è chi erano le persone che abitavano e frequentavano quei luoghi e perché, circa tremila anni fa, quelle genti popolarono il sito di combattenti in pietra. A queste e altre domande gli studiosi cercano una risposta da anni. Dal 1974 per l’esattezza, quando si racconta che l’aratro di due agricoltori urtò contro un primo frammento di scultura. “Eccezionale ritrovamento archeologico nella penisola del Sinis, un aratro scopre un tempio punico”, titolava il quotidiano locale La Nuova Sardegna il 31 marzo 1974. Non si trattava di un tempio punico, lì sotto c’era qualcosa di diverso.
Con oltre cento sepolture questa necropoli è la più grande finora conosciuta della Sardegna nuragica
Foto: Art Collection / Age Fotostock
Tra il 1975 e il 1979 gli archeologi Alessandro Bedini, Giovanni Lilliu, Enrico Atzeni, Maria Luisa Ferrarese Ceruti e Carlo Tronchetti riportarono alla luce architetture, tombe e sculture, confermando la natura cultuale e insieme funeraria del sito. Fu Giovanni Lilliu, considerato il padre dell’archeologia sarda, a sottolineare che le figure che venivano fuori dalla terra erano molto simili ai bronzetti nuragici, diffusi soprattutto nella prima Età del ferro, ovvero tra il 950 e il 700 a.C. Le statue, ritrovate a pezzi e sparse sul sito in uno spazio lungo cento metri, vennero recuperate e portate nei magazzini della Soprintendenza archeologica. Vi rimasero fino al 2005, quando il progetto di restauro trovò finanziamenti e spazi adeguati; alcuni frammenti vennero invece esposti al Museo archeologico di Cagliari. Grazie alle ultime campagne di scavo sono stati recuperati altri cinquemila frammenti in pietra, ceramiche, oggetti in metallo e due nuove statue di pugilatori.
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Un sito poco comune
Le grandi sculture ritrovate a Mont’e Prama suggeriscono che quello fosse un luogo speciale: vi si celebravano infatti rituali che radunavano una comunità intera, vissuta nel ricordo di un passato mitico di cui il nuraghe era il simbolo più monumentale, celebrato dalle piccole riproduzioni in pietra. Le statue, imponenti e maestose, potrebbero essere rappresentazione di antichi eroi, chiamati a protezione dei defunti e delle genti che abitavano intorno. Erano forse antenati di una storia mitizzata, invocati come protettori, simboli di una comunità che trovava forza e coesione nelle memorie del passato. Il loro sguardo impenetrabile, l’espressione fissa resa con poche incisioni, la ripetitività dei gesti e la fermezza delle posture non fa pensare alla riproduzione di personaggi reali ma richiama, piuttosto, alla sfera del sacro.
L’archeologa Alba Scanu in un momento del restauro delle statue presso la località di Li Punti (Sassari)
Foto: Marco Ansaloni
Mont’e Prama, inoltre, è la prova che gli artigiani nuragici, oltre che lavorare sulla statuaria in bronzo di piccole dimensioni, erano capaci di creare figure grandi in pietra con tecniche raffinate. Alte fino a due metri, tanto da essere chiamate dai primi scopritori “giganti”, le statue erano ricavate da un unico blocco di calcare o di arenaria, e scolpite a tutto tondo e senza sostegno. Le figure erano rese con dettagli precisi e schematici: viso triangolare, sopracciglia e naso a forma di “T”, occhi realizzati con due cerchielli concentrici, bocca con un’incisione dritta, capelli raccolti in trecce, e poi abbigliamento e accessori resi con pochi tratti. Grazie al lavoro di conservazione e restauro oggi possiamo ammirare le sculture in tutta la loro bellezza: un patrimonio culturale che appassiona archeologi, storici, studiosi e cittadini.
Misteri da risolvere
Mai prima d’allora una scoperta archeologica aveva suscitato, in Sardegna, tanto interesse e tanta curiosità, mai le cronache di uno scavo erano state seguite con così grande passione. Il volto degli eroi di Mont’e Prama è divenuto simbolo della civiltà nuragica, talmente potente da soppiantare nell’immaginario collettivo il nuraghe stesso. Eppure molte sono le domande che ancora aspettano una risposta: chi erano e cosa rappresentavano con certezza le sculture? Chissà se sapremo mai la risposta. Resta il fascino di un mistero unico lungo tremila anni.
Nuraghe di Palmavera. La capanna delle riunioni di questo villaggio presenta al centro la scultura di un nuraghe in miniatura simile a quelli trovati a Mont’e Prima
Foto: Alinari / RMN-Grand Palais