Gli 'ushabti', i servi dell'aldilà

Gli abitanti dell'antico Egitto erano soliti farsi seppellire accompagnati da delle statuette di argilla note come ushabti, che avevano la funzione di servire il defunto e di rendere la sua vita più confortevole nell'aldilà

Gli antichi egizi prestavano particolare attenzione a tutto ciò che riguardava la vita dopo la morte. Gli abitanti del Paese del Nilo credevano che i defunti dovessero affrontare un pericoloso viaggio verso il regno di Osiride. Per questo motivo era soliti lasciare istruzioni per farsi seppellire con amuleti e testi sacri come il Libro dei morti, indispensabili per affrontare le insidie che avrebbero incontrato lungo il cammino verso l'aldilà. Ma se c'era una cosa che preoccupava gli antichi egizi almeno tanto quanto il viaggio, era la destinazione: nessun egizio infatti desiderava trascorrere l'eternità a lavorare.

Gli egizi si facevano seppellire con amuleti e testi sacri come il Libro dei morti

Per gli egizi la vita nell'aldilà era a tutti gli effetti una copia della vita terrena, anche se un po' più spirituale: anche nel mondo dei defunti, ciascuno aveva un compito da svolgere. Dopo la cerimonia della pesatura del cuore, il defunto giungeva nei campi Aaru, che bisognava arare, seminare e mietere. Per questo motivo, oltre ad amuleti e sortilegi, gli egizi riempirono le proprie tombe con decine (ma, in funzione della ricchezza e dello status del defunto si poteva arrivare anche a centinaia o a volte migliaia) di statuette funerarie chiamate ushabti.

Ushabti scoperti nella provincia di Minya, in Egitto, il 30 gennaio 2020

Ushabti scoperti nella provincia di Minya, in Egitto, il 30 gennaio 2020

Foto: © Wu Huiwo/Xinhua via ZUMA Wire

Sostituti del defunto

Gli ushabti erano delle piccole statue a forma di mummia normalmente realizzate in legno o terracotta. Venivano depositate nel sepolcro insieme al defunto, nella speranza che agissero in suo nome nel regno dei morti e che, così facendo, questi non dovesse lavorare durante tutta l'eternità. Gli ushabti portavano inciso il nome del proprietario e spesso venivano rappresentati dotati di piccole zappe o di altri strumenti per lavorare la terra. Erano conosciuti anche come "quelli che rispondono" visto che, quando il defunto veniva chiamato dagli dei a svolgere un qualsiasi compito nell'aldilà, gli ushabti rispondevano «sono qui» e lo rimpiazzavano liberandolo dall'obbligo.

Erano conosciuti come "quelli che rispondono": quando il defunto era chiamato a svolgere un compito nell'aldilà, gli ushabti rispondevano «sono qui»

Disporre di diversi ushabti era un vantaggio per ogni cittadino egizio. Finanche i contadini più poveri, in una società prevalentemente agricola, non erano disposti a continuare a svolgere il duro compito di lavorare la terra per l'eternità. Per questo motivo, tutti si facevano seppellire accompagnati dai loro piccoli "sostituti".

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Legioni di "sostituti"

Con il tempo gli ushabti vennero modificati: non solo venivano contrassegnati con il nome del defunto al quale appartenevano, ma spesso erano anche ricoperti di formule magiche perché il loro padrone fosse protetto da ogni male. La maggior parte delle iscrizioni facevano riferimento a un estratto del Capitolo VI del Libro dei morti, nel quale il proprietario degli ushabti: «O ushabti! Se io sarò chiamato, e se io sarò numerato per eseguire ogni sorta di lavori che sono eseguiti nel mondo sotterraneo… e sarò numerato in qualunque tempo per fare prosperare i campi, per irrigare le rive, per trasportare le sabbie dall’oriente ad occidente, “eccomi”, dici tu allora».

Ushabti rinvenuto nella tomba di Tutankhamon

Ushabti rinvenuto nella tomba di Tutankhamon

Foto: Werner Forman Archive / Egyptian M

Il numero di ushabti che venivano posti nelle tombe aumentò nel corso dei secoli. Così, durante il Nuovo Regno, gli alti funzionari, i faraoni e le loro famiglie venivano sepolti in compagnia di un autentico esercito di ushabti. Per esempio, nella tomba di Tutankhamon furono rinvenuti addirittura 413 statuette, tutte di una grande qualità artistica, dipinti con colori vivaci e con le sembianze del re. Il faraone poteva contare su 365 operai, uno per ogni giorno dell'anno; 36 caposquadra, uno per ogni squadra di 10 operai e 12 capi del mese, uno per ogni mese dell'anno: in totale, 413 statuette.

Nella tomba di Tutankhamon furono rinvenuti 413 ushabti e in quella di Seti I Giovanni Belzoni credette di averne visto circa mille

Anche l'esploratore Giovanni Battista Belzoni scoprì una legione di ushabtiquando penetrò nella tomba di Seti I, nella Valle dei Re, nel 1817. L'italiano calcolò di aver visto circa mille statuette, tutte elaborate in faience di uno splendido color azzurro. All'inizio le statuette venivano collocate vicino al defunto, ma quando aumentarono di numero in alcuni casi iniziarono ad essere disposte in astucci elaborati o in arche. Dal loro luogo di riposo avrebbero vegliato per sempre sul benessere del loro proprietario nell'aldilà.

Ushabti di Khabekhnet e Iineferty. 1279 - 1213 a.C.

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Foto: Pubblico Dominio
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