Eretici, i primi dissidenti del cristianesimo

Sin dai suoi albori il cristianesimo dovette confrontarsi con questioni dottrinali o liturgiche. Gruppi come gli gnostici, gli ariani o i monofisiti finirono con l’essere condannati per eresia

La tradizione cristiana ricorda i primi secoli della storia del cristianesimo come un tempo di persecuzione e di martirio. A partire dall’anno 64, quando l'imperatore Nerone – in seguito all’incendio di Roma – diede inizio alla prima persecuzione, fino alla Grande persecuzione di Diocleziano (303-313), i cristiani soffrirono ripetuti attacchi da parte delle autorità romane: venivano uccisi a centinaia, forse anche a migliaia, per decisione di giudici che inventavano per loro torture apposite, oppure venivano gettati in pasto alle belve con l’obiettivo di intrattenere il popolo.

Rogo dei libri che contenevano le dottrine dell’arianesimo celebrato durante il primo concilio di Nicea del 325. Carlo Magnone. XVII secolo

Rogo dei libri che contenevano le dottrine dell’arianesimo celebrato durante il primo concilio di Nicea del 325. Carlo Magnone. XVII secolo

Foto: Fine Art Images / Album

Oggi sappiamo che, sebbene sia vero che alcuni furono uccisi per il semplice fatto di essere cristiani – sospettati di minare la stabilità dello stato poiché non rendevano culto agli dei – , in realtà le persecuzioni furono sporadiche e causarono un numero di morti inferiore a quello che ci ha trasmesso la tradizione. In molti casi, come ha evidenziato Geoffrey de Sainte Croix, uno dei maggiori studiosi di questo fenomeno, le vittime erano martiri volontari che non si lasciavano dissuadere dai giudici. Tuttavia, come lo stesso Sainte Croix fa notare, i numeri non sono tutto, e la minaccia di persecuzione rappresentava già di per sé una persecuzione. Questo fatto avrebbe anche lasciato una “cicatrice psicologica”, all’origine dello spirito persecutorio sviluppato ben presto dai cristiani, che si manifestò con tutta la sua crudeltà nella repressione della dissidenza interna: la lotta contro l’eresia. E questo accadeva nonostante l’apologia della tolleranza fatta dai cristiani al tempo delle persecuzioni. Questi si erano infatti presentati come una comunità nuova, diversa da quelle dei pagani e degli ebrei, dalle quali diceva di distinguersi proprio per la pietà, l’amore per il prossimo e il pacifismo.

Apostoli della tolleranza

Fu proprio un cristiano, Tertulliano di Cartagine, a formulare nel II secolo il concetto di libertà religiosa, rivendicandola in termini molto moderni: «Scegliere liberamente la pratica del culto divino è un diritto umano e un privilegio naturale per tutti; la religione di una persona non danneggia né beneficia un’altra. L’imposizione della religione non è un atto religioso: al contrario, solo il libero desiderio ci avvicina a essa, non la costrizione». Tertulliano si appellava inoltre alla libertà di coscienza: «Quando ci invitano a compiere un sacrificio, ci opponiamo per rimanere leali alla nostra coscienza, che ci fa capire a chi si dirigono quegli omaggi offerti a false immagini e a entità divinizzate».

Un secolo dopo Lattanzio, testimone della persecuzione di Diocleziano, chiedeva la cessazione della violenza e si appellava al dialogo. Il culto alla divinità, argomentava Lattanzio, non si può imporre, né si può impedire a qualcuno di praticare la religione che ha scelto; attraverso le torture non si raggiunge nulla, anzi, la persecuzione rende i cristiani più forti e attrae altri seguaci; la persuasione è l’unico strumento che può porre fine al conflitto.

Sessione del primo concilio di Nicea. Affresco del XVI secolo nella basilica di San Martino ai Monti, Roma

Sessione del primo concilio di Nicea. Affresco del XVI secolo nella basilica di San Martino ai Monti, Roma

Foto: Oronoz / Album

Tuttavia, questo discorso sulla libertà si sarebbe presto rivelato solo un prodotto delle circostanze e i cristiani non arrivarono mai a interiorizzarlo. Gli stessi autori che reclamavano libertà e dialogo manifestavano una radicale intolleranza verso i pagani, considerati empi e figli del diavolo. Per i cristiani l’unica religione degna di questo nome era il cristianesimo, mentre le altre fedi venivano considerate idolatriche e superstiziose e, pertanto, da combattere. L’azione repressiva dei cristiani era diretta principalmente contro il paganesimo, che veniva accusato di essere un culto idolatrico: la persecuzione aumentò dopo l’editto di Milano dell’anno 313, con il quale l’imperatore Costantino aveva dichiarato il cristianesimo religione lecita.

Ciononostante, fu proprio nelle dispute interne che l’intolleranza cristiana si manifestò in modo più radicale. Il cristianesimo non fu mai una religione coesa. Al contrario, fin dalla prima generazione risultò evidente che svariati gruppi e orientamenti stavano iniziando a competere tra loro, lanciandosi accuse reciproche di eterodossia.

Paolo contro gli eretici

Nelle lettere di Paolo di Tarso la figura dell’eretico si delinea come quella di un maestro che divide la comunità diffondendo dottrine non autorizzate: in concreto Paolo si riferiva alle dottrine contrarie ai suoi insegnamenti. Nella prima lettera ai Galati il teologo cristiano prescriveva che predicare un vangelo diverso da quello che egli annunciava comportava un anatema, una formula di condanna che poteva portare all’espulsione dalla comunità.

San Paolo. Dettaglio dell'abside della chiesa del castello du Orcau. XI secolo. MNAC, Barcellona

San Paolo. Dettaglio dell'abside della chiesa del castello du Orcau. XI secolo. MNAC, Barcellona

Foto: Bridgeman / Aci

Alla fine del I secolo le Lettere pastorali – attribuite all’apostolo Paolo e dirette ai suoi collaboratori Timoteo e Tito – esprimevano un’intolleranza totale rispetto ai dissidenti: i predicatori di false dottrine sarebbero stati consegnati a satana. In un passaggio della lettera di Paolo a Tito (3, 10-11) si utilizzava il termine “eretico” (hairetikos) nel senso di persona che provoca dissenso attraverso credenze erronee. Era funzione e dovere del vescovo garantire l’unità della Chiesa rimproverando gli eretici, i quali, se non si ravvedevano, dovevano essere espulsi dalla comunità: «Colui che incoraggia la divisione (hairetikos anthropos) ammoniscilo una prima e una seconda volta. Tuttavia, se non ti dà ascolto, allontanati da lui poiché è pervertito, e perseverando nel peccato si condanna da sé».

Diversamente da quanto accadde nell’ebraismo e nell’islam, l’importanza dell’eresia nel cristianesimo si può spiegare in gran parte con il forte senso di comunità. L’ingresso nella società cristiana comportava la perdita della soggettività individuale: le identità etniche, sociali e familiari si diluivano in un nuovo soggetto collettivo, in cui il dissenso era impossibile e inaccettabile.

Nel cristianesimo la Chiesa veniva concepita come un corpo unico, depositario della verità e incaricato di custodirla. Una verità dalla quale l’eretico si allontanava con “perversità”, minacciando in tal modo la sopravvivenza del gruppo. Secondo una metafora dei testi cristiani, l’eresia poteva far “affondare l’arca”, mettendo a rischio la salvezza di tutti.

Il Vangelo di Giuda. Frammento di papiro (Codex Tchacos) che contiene parte di questo testo gnostico, mai accettato dalla Chiesa cattolica

Il Vangelo di Giuda. Frammento di papiro (Codex Tchacos) che contiene parte di questo testo gnostico, mai accettato dalla Chiesa cattolica

Foto: Florence Darbre / NGS

Era una malattia contagiosa (pestilentia), una pazzia (insania, dementia), che minacciava di corrompere il corpo organico della Chiesa. In base a questa convinzione, per la Chiesa la lotta contro gli eretici costituiva una strategia di sopravvivenza. Allo stesso tempo si costituiva una gerarchia ecclesiastica che si arrogava il monopolio della definizione di ortodossia, facendo appello alla tradizione. Questo nuovo corpo ecclesiastico sostituì altre forme di autorità più partecipative e carismatiche presenti nelle prime comunità cristiane.

Nel II e III secolo i principali rivali dell’ortodossia cristiana erano gli gnostici. Questo movimento filosofico e religioso era costituito da molteplici gruppi e si estendeva al mondo pagano ed ebraico. Gli gnostici cristiani erano convinti di possedere una conoscenza superiore (gnosis), acquisita attraverso la rivelazione segreta fatta da Gesù ad alcuni discepoli e discepole da lui scelti. Spesso si trattava di vangeli rifiutati dalla Chiesa ufficiale come falsi, come il Vangelo di Maria Maddalena o il Vangelo di Giuda.

Gnostici e ariani

Gli gnostici rappresentavano la maggiore minaccia per la Chiesa dei primi secoli, ma non l’unica. Anche altri gruppi avevano posizioni dottrinali, pratiche liturgiche o strutture organizzative alternative che attraevano molti cristiani. Fra esse si distinguevano il marcionismo, che non riconosceva né il Vecchio testamento né la figura di Gesù come messia; il sabellianismo, che negava la natura divina di Gesù, o il montanismo, una setta guidata da Montano e dalle profetesse Massimilla e Priscilla (o Prisca), che dicevano di essere ispirate direttamente dallo spirito santo e non riconoscevano la gerarchia della Chiesa. I montanisti sopravvissero fino alla fine dell’antichità. Lo stesso fecero i novaziani, ossia i seguaci di Novaziano di Roma, il quale verso la metà del III secolo era stato espulso dalla Chiesa per essersi rifiutato di riammettere i cristiani che avevano fatto apostasia durante le persecuzioni.

Battistero degli ariani, mosaico della cupola. Eretto dagli ostrogoti a Ravenna, è l’unico edificio creato apposta per il battesimo degli ariani

Battistero degli ariani, mosaico della cupola. Eretto dagli ostrogoti a Ravenna, è l’unico edificio creato apposta per il battesimo degli ariani

Foto: E. Lessing / Album

Fra tutte le eresie, quella che indubbiamente ebbe maggiore impatto sull’antico cristianesimo, sia per il suo spessore teologico sia per la sua estensione geografica e temporale, fu l’arianesimo. L’origine della controversia fu la predicazione di Ario, un presbitero di Alessandria, il quale sosteneva che Gesù avesse una natura simile, ma non uguale, a quella di Dio padre. Il dibattito, che all’inizio aveva coinvolto solo l’Egitto, fu trattato in un concilio plenario a Nicea, convocato nel 325 e presieduto da Costantino e al quale assistettero circa trecento vescovi. Il concilio condannò le idee di Ario, che fu mandato in esilio con alcuni dei suoi seguaci. I suoi libri, invece, furono bruciati pubblicamente. Secondo una leggenda, Ario sarebbe morto in modo ignominioso in una latrina della città di Costantinopoli a causa della sua eresia.

L’arianesimo divise l’impero cristiano in due parti: l’Oriente, a maggioranza ariana, e l’Occidente, a maggioranza cattolica. L'imperatore Teodosio cercò di sopprimerlo, eppure l’arianesimo sopravvisse alla caduta dell’impero e arrivò fino in Occidente;di fatto vi aderì la maggior parte dei germani e dei visigoti. A partire dall’imperatore Costantino l’eresia divenne una categoria giuridica. Numerosi gruppi catalogati come eretici o scismatici (manichei, donatisti, macedoniani, priscillianisti, pelagiani, nestoriani...), dichiarati fuorilegge, potevano essere perseguitati dalle autorità civili. Il Codice di Teodosio dedicava un’intera sezione agli eretici e prevedeva per loro multe e condanne all’esilio.

In ogni caso bisogna sottolineare che nell’antichità non veniva applicata la pena di morte contro gli eretici; i roghi per i delitti di fede fecero infatti la loro comparsa in epoca medievale e moderna.

Crismon o monogramma di Cristo. IV secolo. Muse pio cristiano, Vaticano

Crismon o monogramma di Cristo. IV secolo. Muse pio cristiano, Vaticano

Foto: Scala, Firenze

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Il caso di Priscilliano

A volte viene citato come eccezione il caso di Priscilliano, che fu condannato a morte nell’anno 385. Priscilliano era un leader carismatico proveniente da una famiglia agiata del nord-ovest della Spagna. Possedeva una formazione teologica di notevole livello e predicava un ascetismo rigoroso che attraeva molti seguaci di diversa estrazione sociale, sia uomini sia donne. Fu accusato da alcuni vescovi di diffondere insegnamenti di natura gnostica, prossimi al manicheismo, e di usare testi apocrifi. Per questo fu condannato dal Concilio di Saragozza dell’anno 380. Ciononostante, a riprova della sua grande popolarità, l’anno seguente fu nominato vescovo di Ávila.

Dopo esser stato condannato una seconda volta durante un concilio a Bordeaux, alla fine il suo caso fu portato dinanzi all’imperatore Massimo e si concluse con un giudizio civile presso il tribunale imperiale di Treviri (nell’attuale Germania) nell’anno 385. Lì Priscilliano venne accusato di maleficium, ovvero di pratiche magiche, un delitto che comportava la pena massima, e per il quale venne giustiziato insieme ad altri sei seguaci.

Non si può dire che l’avessero condannato propriamente come eretico, condizione che poteva essere accertata solo da un giudizio ecclesiastico. Ma di sicuro la sua esecuzione, causata da rivalità interne, provocò un grande clamore e le proteste di alcune tra le voci più influenti della Chiesa di quel tempo.

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