Enrico IV di Francia, il primo Borbone

Perché lo riconoscessero come sovrano, fu costretto a rinunciare alla religione protestante, applicando la massima che gli attribuisce la storia: «Parigi val bene una messa». Calcolato o sincero, questo gesto portò la pace al Paese e fece di Enrico IV un modello di buon re

Nella memoria dei francesi, Enrico IV rimane ancora oggi il prototipo del buon re. Audace in guerra e in amore, alla mano e cordiale con tutti, compì nei primi anni del XVII secolo una grande opera di pacificazione e sviluppo economico, che avviò la Francia sulla strada dell’egemonia continentale che avrebbe raggiunto alcuni decenni dopo.

Ma Enrico non ebbe vita facile come re. Designato erede da Enrico III, venne rifiutato a lungo da gran parte della Francia, e in particolare dalla capitale, Parigi, per la sua religione protestante. E se la sua conversione al cattolicesimo servì per mettere fine alle guerre di religione che laceravano la Francia, i rancori non si spensero mai del tutto, come dimostrò la sua morte per mano di un cattolico esaltato nel 1610.

Ritratto del re di Francia eseguito poco prima della sua morte (1610) dal pittore fiammingo Frans Pourbus il Giovane. Museo del Louvre, Parigi

Ritratto del re di Francia eseguito poco prima della sua morte (1610) dal pittore fiammingo Frans Pourbus il Giovane. Museo del Louvre, Parigi

Foto: Hervé Lewandowki / RMN

Nel 1572, quando Enrico aveva diciannove anni ed era già re di Navarra dopo la morte della madre, fu celebrato il suo matrimonio con Margherita di Valois, figlia del re di Francia Enrico II e di Caterina de’ Medici. Fu un’unione pensata per favorire la riconciliazione tra cattolici e protestanti, in un momento di tregua nelle guerre religiose che erano scoppiate nel 1561.

Gli anni delle guerre

Il matrimonio, però, avvenne sotto cattivi auspici. Alcuni giorni dopo le nozze a Parigi ebbe luogo un attentato contro il capo militare e politico degli ugonotti (i calvinisti francesi), Gaspard de Coligny, seguito dalla “Notte di San Bartolomeo”, la terribile strage di protestanti a opera di cattolici esaltati.

Enrico riuscì a salvarsi fingendo di abiurare la propria religione. Rimase a corte alcuni anni come ostaggio ma nel 1576 fuggì, ritornando al calvinismo e mettendosi a capo del partito ugonotto. Le guerre di religione ripresero e temprarono Enrico come generale, mettendo in luce le sue doti d’intelligenza, pazienza e determinazione. Lo scontro tra cattolici e ugonotti aveva una componente aggiuntiva: la disputa per la successione al trono. Enrico III, che era succeduto al padre nel 1574, non aveva discendenza e nel 1584 morì senza eredi il fratello minore, Francesco d’Alençon. In questa situazione, i diritti alla corona passavano alla famiglia dei Borbone, in qualità di discendenti di Luigi IX. Enrico di Navarra, quindi, era il nuovo principe ereditario. Così, quando nel 1589 un domenicano fanatico uccise Enrico III, il re di Navarra gli successe sul trono, con il nome di Enrico IV.

Castello di Pau, a circa 50 chilometri dai Pirenei: qui nacque, il 13 dicembre 1553, il futuro re di Francia Enrico IV

Castello di Pau, a circa 50 chilometri dai Pirenei: qui nacque, il 13 dicembre 1553, il futuro re di Francia Enrico IV

Foto: Andre Jenny / Alamy

Enrico diveniva così nominalmente re di Francia, ma era molto lontano dall’esserlo realmente. I cattolici si opponevano strenuamente al fatto che un protestante ereditasse la corona francese, ritenendola una circostanza contraria alla tradizione monarchica. A nulla valsero le rassicurazioni di Enrico, che promise di difendere il cattolicesimo, indire un concilio e farsi istruire sulla vera religione. I membri della Lega cattolica si opposero alla sua designazione e proclamarono al suo posto il vecchio cardinale Carlo di Borbone, zio di Enrico. I cattolici contavano infatti sull’appoggio di Filippo II di Spagna, che sperava di far eleggere come regina di Francia sua figlia Isabella Clara Eugenia, nata dal matrimonio con Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II di Francia.

Per cinque anni Enrico IV si impegnò in una dura lotta per ottenere il controllo del regno, alternando il ricorso alla forza delle armi agli accordi politici con i cattolici. Sconfisse la Lega cattolica e gli spagnoli nelle battaglie di Arques e Ivry (1589-90), ma quando assediò Parigi, la città fu liberata dall’arrivo delle truppe spagnole inviate da Alessandro Farnese, duca di Parma e Piacenza, al servizio della Spagna. Il re e i protestanti controllavano una parte del territorio, ma la Lega resisteva e Parigi sembrava un obiettivo irraggiungibile.

La messa di Parigi

Avendo a suo favore un’opinione pubblica stanca di tanto estremismo religioso, Enrico IV capì che l’unico modo per mettere fine alle guerre era convertirsi definitivamente al cattolicesimo: il 25 luglio del 1593 abiurò il calvinismo nella basilica di Saint-Denis. A questo atto allude la celebre frase che gli è attribuita: «Parigi val bene una messa». Si tratta, in realtà, di un’invenzione posteriore che suppone in Enrico una mentalità cinica lontana dalla tempra reale del re. Non ci sono dubbi invece sul fatto che l’abiura fu una decisione di convenienza, con cui Enrico seppe adeguarsi alla realtà religiosa e politica del Paese. A febbraio del 1594 fu consacrato re a Chartres e alcuni giorni dopo fece il suo ingresso a Parigi, accolto con entusiasmo, mentre la guarnigione spagnola lasciava la città.

Il re alla battaglia di Arques, che segnò una vittoria importante di Enrico IV sulla Lega cattolica e sugli spagnoli. XVII secolo, castello di Pau

Il re alla battaglia di Arques, che segnò una vittoria importante di Enrico IV sulla Lega cattolica e sugli spagnoli. XVII secolo, castello di Pau

Foto: René-Gabriel Ojéda / RMN

Accettato dai parigini, Enrico riuscì rapidamente a eliminare le ultime tracce di resistenza della Lega in altre regioni e a obbligare la Spagna ad accordare la pace, firmata a Vervins nel 1598. Era giunto il momento di regnare. E questo supponeva, in un Paese tormentato da oltre tre decenni di guerre civili, il conseguimento di due obiettivi: la pace religiosa e la ricostruzione dell’economia.

Lo strumento per ottenere il primo fu il celebre editto di Nantes, promulgato nel 1598. Le sue disposizioni concedevano agli ugonotti la piena libertà di culto in quei territori dove il calvinismo era stato praticato prima del 1596 e si riconosceva loro il diritto di accedere agli impieghi pubblici, organizzare assemblee politiche e mantenere guarnigioni nelle loro città. In questo modo Enrico sperava così far cessare le guerre di religione, senza che nessuna fazione si sentisse umiliata. Ma non solo: l’editto fu anche un esperimento pionieristico di convivenza multiconfessionale che stabilì un modello per il futuro. Fu annullato nel 1685 da Luigi XIV, che esiliò decine di migliaia di protestanti.

Nel desiderio di ristabilire l’unità del suo popolo, Enrico inserì nel suo governo uomini di tutti i settori: dal suo fedele compagno ugonotto, il duca di Sully, al vecchio capo della Lega cattolica, il signore di Villeroy. Allontanò i notabili, sostituendoli con uomini di legge, più efficaci e meno ambiziosi. Sotto la guida di Sully, le finanze dello stato e l’economia furono rafforzate. Tempo dopo i francesi avrebbero ricordato quel periodo come un «decennio d’oro», una parentesi di pace e benessere economico in un lungo secolo di ferro.

La statua di Enrico IV si erge sul Ponte nuovo, terminato sotto il suo regno. A destra la grande galleria del Louvre, voluta da Enrico IV. Museo di Versailles

La statua di Enrico IV si erge sul Ponte nuovo, terminato sotto il suo regno. A destra la grande galleria del Louvre, voluta da Enrico IV. Museo di Versailles

Foto: RMN

Sul piano personale, Enrico IV fu un re atipico. A differenza dei raffinati Valois, non aveva una grande cultura e molti cortigiani vedevano in lui lo spirito provinciale e rustico tipico degli abitanti del sud della Francia, i “guasconi”. In compenso, si mostrava molto affabile nel contatto con il popolo. Gli piaceva passeggiare per Parigi con una scorta minima, trattenendosi a parlare con i più umili. Conosceva le difficoltà del popolo e, a tal proposito, gli è stata attribuita la frase: «Se Dio mi darà vita e forza a sufficienza, farò in modo che nel mio regno non esista più alcun lavoratore che non possa permettersi, la domenica, di avere una gallina lessa in pentola».

Enrico mostrava anche un debole per le donne ed ebbe molte amanti. L’infelice matrimonio con Margherita di Valois non diede eredi alla corona e fu annullato. Prese quindi forza la candidatura a regina di Maria de’ Medici; anche in questo caso si trattava di un legame di convenienza politico-religiosa. Il matrimonio, che fu celebrato nel 1600, venne allietato dalla nascita di ben sei figli.

Tuttavia, questa epoca d’oro di pace e prosperità non era destinata a durare. Il contrasto con la monarchia degli Asburgo, placato con la pace del 1598, si riaccese appena dopo. Una nuova generazione di nobili reclamò lo scontro aperto contro la prepotenza dell’impero, governato da Rodolfo (nipote di Filippo II), e della Spagna, guidata ora da Filippo III (figlio di Filippo II). Il re, spinto dai suoi consiglieri, si decise per un massiccio intervento nelle questioni europee.

Enrico IV e Maria de' Medici sono ritratti in un medaglione commemorativo realizzato per il loro matrimonio (dicembre 1600). Louvre, Parigi

Enrico IV e Maria de' Medici sono ritratti in un medaglione commemorativo realizzato per il loro matrimonio (dicembre 1600). Louvre, Parigi

Foto: Jean-Gilles Berizzi / RMN

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L’ultima campagna

Il pretesto si presentò nel 1609, con la successione dei ducati di Cleves e Jülich, due territori strategici tra le Province unite protestanti e i Paesi Bassi spagnoli, dei quali l’imperatore Rodolfo cercò di impossessarsi. Gli alleati protestanti di Enrico IV in Olanda e Germania e i suoi ministri bellicisti gli fecero pressione perché impugnasse le armi contro gli Asburgo.

A questo s'intrecciò la storia rocambolesca della passione del re per Charlotte de Montmorency, il cui marito, il principe di Condé, la “rapì” per portarla nei Paesi Bassi spagnoli. A parte la frustrazione dei suoi desideri amorosi, Enrico vide nella vicenda un insulto politico e la prova di un complotto spagnolo ai danni della Francia. Era quindi un buon pretesto per colpire la Spagna, prendendosi così la rivincita per l’intervento spagnolo ai tempi della Lega.

Enrico preparò con cura l’attacco, consapevole che avrebbe potuto scatenare una guerra generale in Europa. Il re costituì un esercito ben equipaggiato e provvisto di una potente artiglieria. Nominò anche reggente Maria de’ Medici, che fece consacrare come regina. Ma l’offensiva non iniziò mai. Il 14 maggio 1610, mentre il re si spostava in carrozza per la città, un vecchio membro della Lega cattolica, di nome François Ravaillac, riuscì a ucciderlo. Il fatto che molti cattolici si sentissero offesi per l’alleanza francese con i protestanti olandesi e per la politica di tolleranza verso gli ugonotti aveva riacceso l’antica malfidenza delle frange più estremiste verso il re e creato un terreno fertile per il regicidio.

L’uccisione del re e l’arresto di Ravaillac in un’opera del 1860, del pittore francese Charles- Gustave Housez. Museo nazionale del castello di Pau

L’uccisione del re e l’arresto di Ravaillac in un’opera del 1860, del pittore francese Charles- Gustave Housez. Museo nazionale del castello di Pau

Foto: René-Gabriel Ojéda / RMN

Ravaillac e il partito cattolico conseguirono così il loro obiettivo di frenare la guerra aperta con la Spagna, il Paese che allora rappresentava la difesa del cattolicesimo in tutta Europa. Negli anni successivi, sotto la reggenza di Maria de’ Medici, sembrava che si fosse persa memoria della grande opera di pacificazione e riforma interna realizzata da Enrico IV. Nel Paese ripresero vigore le lotte tra fazioni, mentre all’esterno il predominio spagnolo sembrava incontenibile.

Sarebbero stati Luigi XIII, primogenito di Enrico IV, e il suo primo ministro, il cardinale di Richelieu, a riassumersi il compito della restaurazione del potere monarchico dove Enrico l’aveva lasciato. Tuttavia, i loro metodi violenti e l’imposizione del cattolicesimo come unica religione avrebbero presto evidenziato un forte contrasto rispetto alla figura di Enrico IV, il re tollerante e amato dal suo popolo.

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Per saperne di più

Maria de’ Medici. Maria Luisa Mariotti Masi, Rizzoli, Milano, 2022

La regina Margot. Patrice Chéreau, 1994

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