Il primo novembre 1962 vedeva per la prima volta la luce un fumetto dal formato mai visto: era un tascabile, di 12x17cm, 128 pagine in bianco e nero, venduto a 150 lire prevalentemente nelle edicole delle stazioni ferroviarie. Il titolo del fumetto era Diabolik e nasceva dalla mente geniale di un’editrice poco conosciuta: Angela Giussani.
La copertina del primo numero di 'Diabolik'
Foto: Pubblico dominio
Le origini dell’Astorina
Giussani all’epoca aveva quarant’anni, un passato da fotomodella, un brevetto da pilota acquisito in anni in cui per una donna era raro saper guidare una macchina, e una casa editrice tutta sua: l’Astorina. L’ingresso nel mondo editoriale era avvenuto tramite il marito, Gino Sansoni, sposato nel 1946, che era direttore della casa editrice madre Astoria, in cui Angela aveva inizialmente lavorato. Negli anni quaranta e cinquanta non era comune che dopo il matrimonio una donna continuasse a lavorare, ma Angela Giussani aveva una personalità decisa e una spiccata intelligenza, e fin da subito si affiancò al marito come scrittrice e redattrice.
Il lavoro le piaceva, ma lo spirito d’indipendenza prevalse, e nel 1961 la donna si separò da Sansoni sia a livello personale sia professionale, aprendo una propria casa editrice all’interno di quella maggiore: l’Astorina, appunto, così chiamata con una certa ironia perché con Astoria condivideva i locali ‒ più precisamente occupava la cucina dell’appartamento, in un paradossale promemoria del posto che Giussani avrebbe dovuto occupare secondo la società.
Le origini del fumetto nero
Inizialmente la casa editrice si dedicò alla traduzione di un fumetto statunitense sulla boxe, Big Ben Bolt; ma presto fu chiaro che l’esperimento aveva avuto poco successo, e Giussani decise di creare un prodotto completamente nuovo per rilanciare la casa editrice. Le ispirazioni per questo nuovo fumetto, erede di una lunga tradizione e al contempo apripista del genere del fumetto nero italiano, sono molteplici. La leggenda racconta che un giorno su un treno Angela Giussani trovò una copia dimenticata di un romanzo di Fantômas, lo spietato ladro francese, e che questo ritrovamento fu la scintilla che la portò a ideare il misterioso ladro in calzamaglia nera che avrebbe affascinato generazioni di lettori.
La copertina del primo volume di 'Fantômas', risalente al 1911
Foto: Pubblico dominio
Quale che sia la veridicità dell’aneddoto, è certo che alla base dell’idea i treni c’entravano eccome. La sede dell’Astorina era in via Leopardi 25 a Milano, a pochi minuti a piedi dalla stazione di Cadorna. Giussani prendeva spesso il treno per andare a trovare uno zio a Saronno, e si era accorta che i pendolari costituivano un pubblico perfetto per un fumetto, purché fosse una lettura leggera, coinvolgente, breve abbastanza da leggersi tra una stazione e l’altra, facilmente trasportabile ed economica. Fu su questa intelligente analisi di mercato che si basò il formato prescelto per Diabolik, il primo fumetto tascabile nato in Italia, presto imitatissimo da tanti concorrenti.
La sua esperienza con Astoria l’aiutò anche nella scelta del tema: è lavorando con il marito che apprese quanto il pubblico amasse le tinte fosche, i tondi drammatici, torbidi, la violenza, gli accenni erotici, insomma i contenuti forti ‒ particolarmente per l’epoca ‒ che venivano aspramente criticati, ma che aumentavano le vendite in modo incredibile.
Le origini del nome
Lo stesso nome del tenebroso antieroe ha un’affascinante “storia delle origini”: in questo caso però non letteraria, ma proveniente dalla cronaca. Pochi anni prima, infatti, la città di Torino era stata presa da un panico collettivo scatenato da un certo “Diabolich”: un ignoto assassino che aveva scritto alla stampa e alla questura per rivendicare l’omicidio di un operaio Fiat, ucciso con diciotto pugnalate la notte di San Valentino. Le lettere di questo omicida contenevano tranelli, sfide alla polizia, promesse di futuri omicidi; e il colpevole, di fatto, non fu mai trovato, confermando così le sue vanterie di aver realizzato «il delitto perfetto». La storia di questo genio del crimine aveva fatto scalpore, e anche per questo alla novella editrice venne facile usare il suo nome per battezzare il proprio eroe criminale: con un piccolo cambio, l’aggiunta della “k”, che divenne poi un espediente amatissimo per i protagonisti dei fumetti neri (tra cui il parodico personaggio Disney di Paperinik).
La pagina di cronaca d'La Stampa' che riporta la notizia dell'omicidio di via Fontanesi
Fonte: lastampa.it
Il successo di Diabolik divenne infatti presto tale da creare un’ondata di emulatori, in quello che fu considerato il boom dei fumetti neri dell’estate 1964: risalgono a quest’epoca Kriminal e Satanik, i suoi due concorrenti più longevi, che però non superarono il giro di boa del 1974, che portò alla sostituzione dei noir con gli horror. L’unico a uscirne indenne fu appunto Diabolik, la geniale invenzione di Angela Giussani, a cui presto si era affiancata la sorella Luciana, con cui per più di venticinque anni scrissero le storie dell’amatissimo ladro. Oggi il fumetto ha superato gli 850 episodi, con 150 milioni di copie vendute, e vanta traduzioni in tutto il mondo, documentari, film, cartoni animati e programmi radio, oltre agli innumerevoli gadget.
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Le origini di Eva Kant
In questa rete continua di rimandi e richiami letterari e non, è importante sottolineare le tante novità portate sulla scena da Diabolik. In primis, naturalmente, ci sono proprio le sorelle Giussani, due donne imprenditrici in un mondo di uomini che seppero non solo sopravvivere, ma anche reinventare un genere. Angela morì abbastanza presto, nel 1987, ma la sorella Luciana la sostituì al comando dell’Astorina e continuò a scrivere le avventure di Diabolik fino a pochi mesi prima della morte, avvenuta nel 2001.
Da sinistra a destra, Angela e Luciana Giussani in una fotografia degli anni sessanta
Foto: Pubblico dominio
Forse anche a causa di questa “maternità”, l’altra grande novità del fumetto, che secondo molti critici ne ha costituito il punto di forza anche quando tutti gli altri concorrenti sparirono dalle edicole, è l’introduzione del personaggio di Eva Kant, la compagna di Diabolik, sua partner nel crimine e nella vita, le cui fattezze s’ispirano niente meno che a Grace Kelly. Se nelle prime storie ‒ Eva fu introdotta a partire dal terzo numero ‒ il suo ruolo era ancora subordinato a quello del criminale, nel tempo la donna ha acquisito una perfetta parità con il suo compagno, svolgendo spesso il ruolo di protagonista delle loro avventure.
Peraltro, anche il suo ruolo di compagna non si poteva certo considerare ovvio nel 1962, quando Eva comparve per la prima volta: una coppia di fatto, seppur criminale, non rispondeva certo alle aspettative dell’epoca, in cui il divorzio non era neppure contemplato. E, a proposito di divorzio: il fumetto, da molti considerato un semplice divertissement, un passatempo impermeabile ai cambiamenti sociali, nel 1974 pubblicò una doppia pagina in cui invitava i suoi lettori a votare NO al referendum per l’abolizione dell’aborto.
Una scelta che può apparire bizzarra da parte di un prodotto leggero, ma che per diversi critici è perfettamente in linea con il contenuto più profondo di quest’opera ‒ e del pensiero delle sue autrici. Le sorelle Giussani hanno dichiarato che «Diabolik cesserà di esistere quando la società non avrà più bisogno di lui per rilevare le sue contraddizioni». La figura della coppia criminale, infatti, rappresenta tra le righe una potente critica alla società dei consumi in cui viviamo. Come afferma il giornalista Luca Raffaelli, Diabolik ed Eva Kant rubano per togliere sicurezza a un mondo che altrimenti non si accorgerebbe della propria disumanità, esprimendo il loro dissenso a una società fondata sui profitti.
Diabolik ed Eva Kant accanto all'iconica Jaguar nel film del 1968
Foto: Cordon Press
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