Dall'indipendenza alla lotta per la sopravvivenza: 30 anni di Ucraina libera

Dopo essere uscito dall'URSS nel 1991, il Paese visse un lungo periodo di pace, ma le tensioni tra Russia e Stati Uniti portarono alla caduta del governo ucraino nel 2014 e in seguito a una guerra prolungata che da otto anni opprime il Paese

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Soldati della repubblica popolare ucraina nel 1918

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Soldati della repubblica popolare ucraina nel 1918

Assoggettata per anni a mongoli, polacchi e russi, l'Ucraina riuscì a liberarsi dal giogo straniero nel periodo di caos che seguì alla Prima guerra mondiale. In questi anni convulsi sorsero nel suo territorio diversi gruppi indipendenti che combatterono sia al fianco dei bolscevichi sia contro di loro. Tuttavia la vittoria di Lenin nella guerra civile russa nel 1919 rese l'Ucraina una repubblica satellite di Mosca: una situazione che, salvo la breve parentesi di occupazione nazista tra il 1942 e il 1944, si sarebbe mantenuta fino alla caduta dell'Unione Sovietica.

Foto: Pubblico dominio

La catena baltica

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La catena baltica

Alla fine degli anni ottanta la decadenza dello stato sovietico era ormai evidente. Le marce e le proteste che ne chiedevano la dissoluzione si succedevano in tutti i suoi domini, e in alcune repubbliche cominciarono a formarsi gruppi armati per cacciare l'Armata rossa. Uno dei simboli più famosi della sua disintegrazione fu la cosiddetta catena baltica, in cui nel 1989 due milioni di persone si presero per mano lungo una linea di 600 chilometri per chiedere l'indipendenza degli stati baltici dall'URSS.

Foto: Pubblico dominio

Il controllo sulle repubbliche sovietiche

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Il controllo sulle repubbliche sovietiche

La situazione a Mosca non era migliore, e il segretario generale del partito Michail Gorbačëv si vide costretto ad alleggerire il controllo sulle repubbliche che facevano parte dell'Unione Sovietica, visto che era impossibile reprimere i crescenti movimenti separatisti. Ciò portò a nuove elezioni, in cui il partito comunista perse nel Baltico, in Moldavia e nel Caucaso. Poco dopo il voto Lettonia, Estonia e Lituania dichiararono l'indipendenza.

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Ribellione contro il Cremlino

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Ribellione contro il Cremlino

Davanti alla situazione disperata, una parte dell'esercito russo si ribellò contro il Cremlino per imporre un governo dalla linea dura che impedisse la dissoluzione dell'URSS. Il colpo di stato avvenne tra il 19 e il 23 agosto 1991, ma la popolazione moscovita scese in strada per opporsi alla sollevazione e i militari, davanti alla prospettiva di dover massacrare i propri concittadini, dopo qualche scaramuccia con la folla finirono per tornare ai loro alloggi.

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Referendum per l'indipendenza dell'Ucraina

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Referendum per l'indipendenza dell'Ucraina

In Ucraina questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. In una riunione-fiume durata 11 ore il soviet supremo del Paese votò a favore dell'indipendenza: una decisione ratificata poco dopo da Leonid Kravčuk, guida del partito comunista ucraino. Il 1° dicembre un referendum confermò l'epocale decisione, con il 92,3% degli ucraini a favore della separazione dall'URSS. L'Ucraina tornava un Paese libero dopo 72 anni di occupazione russa.

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Corruzione nel governo ucraino

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Corruzione nel governo ucraino

I primi passi del giovane stato furono segnati dalla corruzione e dagli scandali politici, con picchi famigerati come la registrazione in cui il suo secondo presidente, Leonid Kučma (a destra nella fotografia) ordinava l'esecuzione del giornalista Georgij Gongadze, che aveva cercato di schivare la censura governativa. Malgrado ciò, il primo decennio d'indipendenza fu un periodo di crescita economica per l'Ucraina, che instaurò buone relazioni con i suoi vicini e un trattato di cooperazione con l'Unione Europea.

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Rivoluzione arancione

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Rivoluzione arancione

Il primo scoglio apparve nel 2004, quando il risultato incerto delle elezioni tra il candidato filorusso Viktor Janukovyč e l'europeista Viktor Juščenko portò all'annullamento dei risultati da parte del Tribunale supremo ucraino, sollecitato dalle manifestazioni di massa e dalle accuse di frode di quella che è conosciuta come la "rivoluzione arancione", così chiamata per i cartelli e i vestiti che simboleggiavano l'opposizione a Janukovyč.

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Juščenko vincitore

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Juščenko vincitore

Grazie a una seconda votazione, Juščenko fu eletto presidente. Il suo mandato segnò senza dubbio l'inizio del conflitto con la federazione russa di Vladimir Putin. Malgrado tutte le sue promesse elettorali, nei sei anni in cui fu al potere l'integrazione nell'Unione Europea non fece progressi, e la sua popolarità sprofondò, portando alle dimissioni la prima ministra Julija Tymošenko, che si presentò come candidata alternativa alle elezioni del 2010.

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Avvicinamento alla Russia

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Avvicinamento alla Russia

La divisione interna del partito europeista e l'assenza di progressi nel progetto comunitario favorirono la vittoria elettorale di Viktor Janukovyč, che il 25 febbraio 2010 divenne il quarto presidente dell'Ucraina. L'orientamento politico del paese cambiò radicalmente: le relazioni con la Russia furono ripristinate e si firmò un nuovo accordo più favorevole alle imprese russe per le importazioni di gas.

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Repressione politica

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Repressione politica

Un segno del cambio dei tempi fu il processo contro Julija Tymošenko (ormai diventata leader dell'opposizione), che fu accusata di corruzione e abuso di potere dal procuratore generale di stato e condannata a sette anni di prigione. La sentenza fu denunciata dalla maggior parte delle potenze occidentali come una forma di repressione politica.

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Guerriglia urbana

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Guerriglia urbana

La nuova direzione dell'Ucraina alimentò un risentimento crescente nella popolazione. Quando, nel 2013, Janukovyč rifiutò di rinnovare l'accordo con l'Unione Europea, a Kiev scoppiarono gravi proteste. La violenta reazione del governo fece degenerare la situazione in una vera e propria guerra urbana tra manifestanti e polizia.

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Tumulti per il futuro del Paese

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Tumulti per il futuro del Paese

Piazza dell'Indipendenza (Majdán Nezaléžnosti) divenne un campo di battaglia per decidere il destino dell'Ucraina: i manifestanti costruirono barricate e vi stabilirono un accampamento permanente, mentre ondate successive di militari e agenti antisommossa si scatenavano contro di loro.

Foto: Cordon Press

Picchetti alle porte del parlamento il giorno del voto

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Picchetti alle porte del parlamento il giorno del voto

Tutto terminò il 21 febbraio 2014, quando migliaia di manifestanti presero d'assalto il parlamento e il ministero degli interni. Il giorno dopo i deputati dell'opposizione votarono la sfiducia contro Janukovyč e il suo gabinetto, obbligandolo all'esilio. Tymošenko fu immediatamente liberata dal carcere e il Paese tornò nelle mani di un governo europeista, guidato da Oleksandr Turčynov.

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Navi russe attraccate a Sebastopoli nel 2010

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Navi russe attraccate a Sebastopoli nel 2010

La reazione della Russia non si fece attendere. Al Cremlino c'era una certa preoccupazione per la marginalizzazione delle aree russofone del Paese, mentre l'avvicinamento all'Occidente poteva privare Putin di un valido alleato commerciale e ridurre i benefici di grande imprese petrolifere come Gazprom. Inoltre la base navale di Sebastopoli (ceduta alla flotta russa da Janukovyč) correva il pericolo di tornare in mani ucraine: in questo caso la Russia avrebbe perso le sue basi principali nel mar Nero.

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Invasione della Crimea

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Invasione della Crimea

All'inizio del 2014, il giorno prima della caduta di Janukovyč, il presidente russo ordinò l'invasione della Crimea, annettendo la penisola alla federazione russa per decreto il 18 marzo dello stesso anno. Ad aprile anche gran parte delle regioni russofone di Donec'k e Luhans'k si scissero dall'Ucraina con l'appoggio militare e logistico di Putin.

Foto: Cordon Press

Guerra senza tregua

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Guerra senza tregua

La secessione fu l'inizio di un prolungato conflitto tra le repubbliche ribelli e le forze ucraine, nel quale sia gli Stati Uniti sia la Russia rifornirono i rispettivi alleati di armi, denaro e consulenti militari. Questo conflitto a bassa intensità si sarebbe esteso fino a oggi, interrotto da brevi tregue che nessuna fazione rispettava a lungo. Nell'immagine si vede un soldato nascosto in una trincea durante la lotta contro i ribelli nella regione del Donbass nel 2015.

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Verso l'Europa

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Verso l'Europa

La responsabilità di guidare l'Ucraina durante i difficili anni che seguirono l'invasione russa ricadde su Petro Porošenko, che naturalmente rafforzò i legami con l'Unione Europea, ottenendo un visto di 90 giorni per gli ucraini che volessero entrare nello spazio Shengen e un nuovo accordo per ridurre alcuni dazi doganali e per cercare di allineare i prodotti ucraini agli standard europei in modo da facilitarne l'esportazione.

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Scisma con la Russia

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Scisma con la Russia

La presidenza di Porošenko si contraddistinse per il suo carattere autoritario. Come rappresaglia per l'annessione della Crimea proibì l'insegnamento in russo nelle scuole e nelle università e convinse la Chiesa ucraina a separarsi dal patriarcato di Mosca per diventare un'istituzione indipendente. Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo (a sinistra) accettò di accogliere gli ortodossi ucraini tra i propri fedeli e inviò l'autorizzazione pertinente al metropolita del patriarcato di Kiev Epifanio (a destra).

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Cooperazione con l'Occidente

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Cooperazione con l'Occidente

Seguendo questo piano strategico, l'Ucraina stabilì una solida alleanza con i governi di Barack Obama e di Donald Trump in cambio di sussidi, istruttori e armamenti da impiegare nel conflitto contro la Russia. A partire dal 2015 iniziò a cooperare anche con la NATO, attraverso l'implementazione di vari programmi destinati a incrementare i propri sistemi di difesa e a migliorare l'addestramento del proprio personale militare. Nel 2021 questa collaborazione fece un passo avanti con l'esecuzione di manovre militari all'interno del Paese che comprendevano truppe statunitensi ed europee. Nell'immagine, una delle imbarcazioni britanniche che parteciparono alle esercitazioni militari.

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Zelenskyy presidente

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Zelenskyy presidente

Nel 2019 si andò di nuovo alle urne e Porošenko fu sostituito dall'attore e regista Zelenskyy, che proseguì la politica del suo predecessore. Tuttavia le sue promesse di porre fine alla corruzione e alla guerra non furono mantenute e anzi, davanti all'impossibilità di raggiungere un accordo con Mosca, il conflitto con i ribelli nel Donbass continuò.

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Litio, il casus belli?

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Litio, il casus belli?

Di fatto gli scontri nell'est dell'Ucraina non fecero che peggiorare, e la presenza di truppe russe e di armamenti della NATO continuò a crescere seguendo un'irreversibile escalation militare. La cessione di due importanti miniere di litio all'impresa australiana European Lithium a scapito della compagnia cinese Chengxi Lithium fu un altro segnale evidente dell'allineamento con l'Occidente e raffreddò le relazioni con la Cina, che si era mostrata rigorosamente neutrale per tutto il conflitto.

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L'inasprimento della guerra

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L'inasprimento della guerra

La tensione tra le due nazioni crebbe fino a quando, alle quattro del mattino del 24 febbraio scorso, ebbe inizio un nuovo, sanguinoso episodio di questo prolungato conflitto: l'attacco dell'aviazione russa agli aeroporti e alle basi militari ucraine. In poche ore la Russia ottenne una superiorità aerea vitale, mentre colonne di carri armati e soldati invadevano il Paese dalla Crimea, dalla Bielorussia e dal Donbass.

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Un triste esodo

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Un triste esodo

Mentre l'esercito di Zelenskyy lotta tenacemente per ogni metro di terreno e le truppe russe si fanno lentamente strada nel Paese, più di tre milioni di ucraini (secondo le Nazioni Unite) si sono rifugiati all'estero, fuggendo da una guerra che colpisce in modo indiscriminato civili e combattenti.

Foto: Cordon Press

Dall'indipendenza alla lotta per la sopravvivenza: 30 anni di Ucraina libera

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