Creta, il primo impero marittimo

L’isola dell’Egeo fu la culla della brillante civiltà minoica, che dominò i mari durante l’Età del Bronzo. L’intensa attività commerciale del suo popolo contribuì a diffondere la sua arte e la sua cultura in tutto il Mediterraneo orientale

Fin dalle prime opere letterarie, l’importanza del mare nell’immaginario greco è evidente: l’Iliade riferisce del potere militare degli achei con il Catalogo delle navi, che enumera le quasi 1200 imbarcazioni messe in acqua dalle città greche nella guerra contro Troia, e l’altra grande epopea greca, l’Odissea, è un viaggio per mare verso casa. Ulisse (Odisseo) accompagna le descrizioni dei luoghi che visita con l’elogio del mare che li circonda e della luminosa isola di Creta dice che è «una terra in mezzo al mare color del vino, bella e fertile, cinta dall’acque».

Un popolo votato al mare. Affresco lungo sei metri e alto 40 cm di una delle case della zona archeologica minoica di Akrotiri, sull’isola di Santorini

Un popolo votato al mare. Affresco lungo sei metri e alto 40 cm di una delle case della zona archeologica minoica di Akrotiri, sull’isola di Santorini

Foto: Bpk / Scala, Firenze

È esattamente a Creta che, secoli prima che fossero composte queste opere, nacque una delle civiltà marittime più importanti dell’Egeo. Secondo Tucidide, Minosse, il leggendario re di Cnosso, «fu il più antico di coloro che conosciamo attraverso la tradizione a possedere una flotta e avere il controllo della maggior parte del mare oggi chiamato greco; ottenne il dominio delle Cicladi e fu il primo colonizzatore della maggior parte di esse, scacciandone i Cari e stabilendovi come capi i propri figli; e, come era naturale, si prodigò quanto più poté per sgombrare il mare dai pirati affinché i tributi gli arrivassero con maggiore facilità». La descrizione dello storico ateniese è molto influenzata dalle caratteristiche dell’impero di Atene alla sua epoca, il V secolo a.C., che poco doveva avere in comune con quello che accadde nella Creta del periodo protostorico, durante il III e il II millennio a.C.

La talassocrazia

Gli storici dell’antichità definiscono inoltre l’antica Creta come una “talassocrazia” (da thalassa, “mare”, e kratos, “potere”), e che si riferisce al dominio che le città cretesi esercitavano sui territori marittimi circostanti, in particolare quelli affacciati sul mar Egeo. Creta è la più grande delle isole greche e risulta essere stata abitata fin dal Neolitico. A partire dal III millennio a.C. sono attestate rotte commerciali che miravano a ottenere rame dalle Cicladi e stagno dall’Asia Minore, minerali necessari per fabbricare il preziosissimo bronzo dal quale dipendevano il prestigio e il potere delle élite dell’epoca.

L’incisione, del 1866, raffigura l’eruzione di Thera (Santorini). La catastrofica eruzione, avvenuta intorno al 1627-1600 a.C., fece sprofondare in mare la parte centrale dell’isola

L’incisione, del 1866, raffigura l’eruzione di Thera (Santorini). La catastrofica eruzione, avvenuta intorno al 1627-1600 a.C., fece sprofondare in mare la parte centrale dell’isola

Foto: Heritage Images / Gtres

L’incisione, del 1866, raffigura l’eruzione di Thera (Santorini). La catastrofica eruzione, avvenuta intorno al 1627-1600 a.C., fece sprofondare in mare la parte centrale dell’isola

 

 

Attorno al II millennio a.C. compaiono le grandi costruzioni che identifichiamo come palazzi e che raggiungeranno il massimo splendore nel periodo noto come Neopalaziale (1700-1490 a.C.). Le strutture portate alla luce dagli scavi di Arthur Evans sull’isola all’inizio del XX secolo corrispondono a quell’epoca, e le prospezioni archeologiche più recenti hanno dimostrato che allora Creta era ampiamente urbanizzata e che Cnosso esercitava una qualche forma di egemonia su altre città, come Festo e Mallia, così come su piccoli insediamenti come Galatas, Gurnià o Petras. Fu un’epoca di prosperità nella quale le corti si fecero carico del controllo e della distribuzione delle materie prime, dell’applicazione della giustizia, del mantenimento della rete viaria e della distribuzione di acqua, oltre a organizzare celebrazioni per il popolo.

A quanto pare, la vita quotidiana della maggior parte della gente era semplice ma confortevole. Le case erano costruite in pietra, mattoni crudi e legno, e l’economia familiare era basata sulla coltivazione della vite e dell’olivo e sullo sfruttamento dei boschi di cipresso, un legno molto adatto per la costruzione di imbarcazioni. Al riparo dei palazzi, le classi agiate sentivano il bisogno d'importare sempre più beni pregiati, come gioielli e pietre preziose o minerali, e questo diede impulso a rotte commerciali nuove e più frequenti mediante le quali, a sua volta, Creta esportava legno e manufatti, come ceramiche o tessuti. In questo contesto, l’assenza di mura o fortificazioni nelle città sembra indicare che i problemi erano quasi inesistenti, forse grazie alla probabile presenza di una flotta navale di difesa, che dovevano proteggere le rotte commerciali e i porti dove attraccavano le navi, come Amnisos (oggi Karteros), luogo in cui sbarcò lo stesso Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso Itaca.

Il palazzo di Cnosso. Il rilievo policromo di un toro nell’atto di caricare orna l’entrata nord di Cnosso, il complesso archeologico più grande e importante dell’isola di Creta

Il palazzo di Cnosso. Il rilievo policromo di un toro nell’atto di caricare orna l’entrata nord di Cnosso, il complesso archeologico più grande e importante dell’isola di Creta

Foto: Funkystock / Age Fotostock

Il palazzo di Cnosso. Il rilievo policromo di un toro nell’atto di caricare orna l’entrata nord di Cnosso, il complesso archeologico più grande e importante dell’isola di Creta

 

 

La Pompei dell’Egeo

Creta estese il suo dominio culturale e commerciale nell’Egeo, e le comunità delle isole Cicladi e del Dodecaneso (presso le coste dell’Anatolia) furono radicalmente mutate dal contatto con la civiltà minoica. In effetti, la cultura cretese si diffuse in questi territori principalmente attraverso le élite locali, che cercavano di emulare le usanze minoiche. Dapprima acquistarono i tessuti e le ceramiche cretesi, simbolo di prestigio. In seguito, la presenza dei mercanti minoici determinò l’adozione del sistema cretese di pesi e misure. Forse il segno più evidente dell’influenza minoica fu l’adozione del sistema di scrittura tipico di Creta, conosciuto come Lineare A, che si ritrova abitualmente sulle tavolette dei registri e sugli stessi recipienti in ceramica rinvenuti nelle isole.

Sebbene i cretesi intrattenessero rapporti commerciali con la maggior parte delle isole dell’Egeo, i ritrovamenti archeologici suggeriscono che vi furono alcune di esse che ebbero legami più stretti con Creta e con i suoi marinai. Questi insediamenti, situati sia nell’Egeo occidentale sia in quello orientale, sono enclave ubicate lungo le rotte di navigazione che collegano Creta con la Grecia continentale e con Mileto e la penisola dell’Anatolia. Sulla rotta occidentale, Akrotiri, sull’isola di Thera (l’attuale Santorini), è uno dei siti meglio conservati, grazie al fatto che a seguito dell’eruzione del suo vulcano verso la metà del II millennio a.C. rimase completamente coperto dalla cenere e dalla lava e poté essere riportato alla luce dagli archeologi nel XIX e nel XX secolo. Per il suo eccellente stato di conservazione fu soprannominato dagli studiosi “Pompei dell’Egeo”.

Gli scavi eseguiti dall’archeologo greco Spyridon Marinatos negli anni Sessanta dello scorso secolo portarono alla luce una città ricca, con abitazioni a due o tre piani, botteghe, canalizzazioni, tubi di scarico e una grande quantità di oggetti come i grossi pithoi, recipienti usati per conservare vino, cereali e olio. Ciò che più impressiona di Akrotiri, però, sono le pitture murali che decoravano le pareti di alcune case. In questi affreschi si susseguono figure stilizzate di giovani uomini impegnati nella lotta, antilopi, delfini, giardini con le rondini che volano ad ali spiegate: tutti presentano colori vivissimi. La qualità delle ceramiche e delle pitture murali recuperate suggerisce che gli artigiani e gli artisti provenienti da Creta si stabilirono qui e aprirono le loro botteghe. L’insediamento minoico spiegherebbe anche la progressiva edificazione di case nello stile cretese, chiamate polythyron, abitazioni complesse a più stanze con numerose porte, costruite con blocchi di pietra e mattoni crudi.

L’ascia bipenne (labrys) è uno dei simboli più noti della civiltà minoica. Alcune, alte quanto un uomo, sono state collegate ai sacrifici di tori. Labrys ornamentale. Museo di Iraklion

L’ascia bipenne (labrys) è uno dei simboli più noti della civiltà minoica. Alcune, alte quanto un uomo, sono state collegate ai sacrifici di tori. Labrys ornamentale. Museo di Iraklion

Foto: Eric Lessing / Album

L’ascia bipenne (labrys) è uno dei simboli più noti della civiltà minoica. Alcune, alte quanto un uomo, sono state collegate ai sacrifici di tori. Labrys ornamentale. Museo di Iraklion

 

 

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L’influenza cretese

Akrotiri non è un caso unico. Altri centri dell’ Egeo che mostrano un’influenza minoica si trovano sulle isole di Milos e Kea e sulle isole del Dodecaneso come Rodi. Questi insediamenti non furono colonie cretesi propriamente dette, come invece credeva Tucidide. E neanche vi sono prove che fossero sottomesse politicamente alla città di Creta e pagassero qualche tipo di tributo, al di là del semplice scambio commerciale. Quello che si verificò in questi luoghi, invece, fu un processo di diffusione della cultura minoica grazie all’immigrazione della popolazione cretese, soprattutto di artigiani. Furono loro, per esempio, a introdurre nelle isole egee l’uso del tornio per la fabbricazione di vasellame, il che fa supporre anche un cambiamento nel modo di cucinare. Soltanto l’area archeologica di Kastri, sull’isola di Citera, nel sud del Peloponneso, è stata considerata una vera colonia, poiché già dalla sua fondazione l’insediamento risulta puramente minoico, sia nella pianta urbana sia per il tipo di abitazioni e le sepolture in tombe a camera (ossia tombe ipogee ricoperte da una falsa cupola) di tipo cretese. È stato ipotizzato che si trattasse di una popolazione dedita alla pesca, in particolare alla raccolta di conchiglie di murice, un mollusco molto apprezzato per il pigmento che se ne può estrarre.

Per l’archeologo Arthur Evans, scopritore del palazzo di Cnosso, doveva trattarsi della sala del trono di Minosse. È dominata da un trono di alabastro ed è decorata con affreschi di grifoni

Per l’archeologo Arthur Evans, scopritore del palazzo di Cnosso, doveva trattarsi della sala del trono di Minosse. È dominata da un trono di alabastro ed è decorata con affreschi di grifoni

Foto: H. G. Roth / Corbis / Cordon Press

Per l’archeologo Arthur Evans, scopritore del palazzo di Cnosso, doveva trattarsi della sala del trono di Minosse. È dominata da un trono di alabastro ed è decorata con affreschi di grifoni

 

 

Si ritiene che Kastri funzionò da collegamento tra Creta e la regione della Laconia, nel Peloponneso, con lo scopo di avere accesso ai minerali e al marmo della catena montuosa del Taigeto. In definitiva, i cretesi sfruttarono ampiamente le risorse naturali delle isole dell’Egeo e gli insediamenti minoici in quelle isole servivano come ponte per arrivare nel continente. Per esempio, Akrotiri e Trianda (sull’isola di Rodi) avevano un ruolo importante perché erano grandi città in grado di fornire imbarcazioni e mettere a disposizione equipaggi in caso di necessità.

È plausibile che per il mantenimento di questa attività commerciale fossero attuati un certo controllo navale e protezioni contro la pirateria, ma non pare sostenibile l’idea di un dominio o controllo politico centralizzato di Creta che ci permetta di parlare di vera talassocrazia; vi fu, invece, un’influenza minoica graduale che finì per modificare profondamente la società dell’ Egeo.

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