Creso di Lidia, il sovrano guerriero e mecenate

Celebre solo per la sua proverbiale ricchezza, in realtà ebbe ben altri meriti: trasformò il regno di Lidia nel più potente del Vicino Oriente fino alla conquista persiana nel 546 a.C., e soprattutto inventò la moneta

“Ricco come Creso” è un’espressione proverbiale che ancora oggi in molte lingue, compresa la nostra, si riferisce alla leggendaria ricchezza di Creso, ultimo sovrano di Lidia, che regnò in Anatolia dal 560 al 546 a.C. La fama dei suoi averi si riallaccia a leggende greche riconducibili al ciclo dionisiaco, che riguardano Mida, re di Frigia nell’ VIII secolo a.C. In una versione del racconto tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, si narra che Mida fu ricompensato da Dioniso con l’esaudimento di un desiderio per aver ricondotto a casa il saggio Sileno: il sovrano chiese di poter tramutare in oro tutto ciò che toccava. Presto, però, egli fu sul punto di morire, poiché anche il cibo si trasformava in metallo, così Dioniso lo liberò dal pericolo immergendolo nel fiume Pattolo (odierno Sartcay), presso la città di Sardi, che da allora farebbe affiorare pagliuzze d’oro.

Creso sulla pira funeraria. Dettaglio di un’anfora attica a figure rosse. V secolo a.C. Louvre, Parigi

Creso sulla pira funeraria. Dettaglio di un’anfora attica a figure rosse. V secolo a.C. Louvre, Parigi

Foto: Bridgeman / Index

Il dominio di Creso segnò un passaggio importante nelle relazioni tra la Lidia e il mondo ellenico: il suo atteggiamento fu di grande apertura verso la cultura straniera, testimoniato dalle preziose offerte ai grandi santuari della Grecia. Lo storico greco Erodoto narra nelle Storie che, prima della battaglia contro il sovrano Ciro il Grande di Persia e dopo aver ottenuto un responso dall’oracolo di Delfi, Creso «immolò tremila capi di bestiame di tutte le specie adatte al sacrificio, ammassò una gigantesca pira sulla quale bruciò lettighe rivestite d’oro e d’argento, boccette d’oro, vesti di porpora e tuniche, sperando di guadagnarsi maggiormente il favore del dio con simili offerte. E a tutti i Lidi ordinò di sacrificare quanto ciascuno potesse».

Inoltre, sempre secondo il resoconto di Erodoto, Creso «al termine dei sacrifici fece fondere un enorme quantitativo d’oro e ne ricavò dei mezzi mattoni lunghi sei palmi, larghi tre e spessi uno: erano 117 di numero, di cui quattro di oro puro, ciascuno del peso di due talenti e mezzo, mentre gli altri mezzi mattoni pesavano due talenti essendo costituiti da oro bianco. Fece fondere in oro puro anche la statua di un leone, pesante dieci talenti [...] Vi aggiunse due crateri di grandi dimensioni, uno d’oro e uno d’argento [...] ora quello d’oro si trova nel tesoro dei Clazomeni e ha un peso di otto talenti e mezzo e dodici mine, quello d’argento in un angolo del pronao e ha una capacità di seicento anfore: ancora lo usano a Delfi durante le feste delle Teofanie». Infine, il re lidio «consacrò altri oggetti [...] e due catini rotondi d’argento e, ancora, una statua d’oro alta tre cubiti, che rappresenta una donna [...]. E inoltre offrì le collane e le cinture della moglie».

L’espansione del regno barbaro

Le fastose offerte di Creso al santuario di Delfi furono solo un aspetto delle intense relazioni del sovrano di Lidia con il mondo greco. Quando ascese al trono, Creso portò a compimento l’espansione del regno iniziata durante il governo di suo padre Aliatte, sottomettendo molte città greche della Ionia. Aliatte aveva inizialmente devastato i territori attorno a Mileto, nella costa sudoccidentale dell’Anatolia, ma poi si era alleato con la città; aveva combattuto per cinque anni contro i medi ed esteso il suo dominio lungo la costa egea sottomettendo la Caria, la regione dalla quale proveniva la madre di Creso. Aliatte si era battuto contro i nomadi cimmeri della Tracia scacciandoli dalla Lidia; infine, aveva conquistato Smirne.

Lo scontro finale contro Ciro. Salvatore Rosa, 1663-64 circa. Art Gallery of South Australia, Adelaide

Lo scontro finale contro Ciro. Salvatore Rosa, 1663-64 circa. Art Gallery of South Australia, Adelaide

Foto: Art Gallery of South Australia, Adelaide

Erodoto racconta nel primo libro delle Storie che «con il passare del tempo quasi tutte le popolazioni stanziate al di qua del fiume Alis furono sottomesse: Creso assoggettò al suo dominio, tranne cilici e lici, tutte le altre genti: lidi, frigi, misi, mariandini, calibi, paflagoni, traci (tini e bitini), cari, ioni, dori, eoli e panfili». Ma scrisse anche che il sovrano lidio «fu il primo a rendersi responsabile di ingiustizie nei confronti dei greci».

Creso era devoto ad Apollo, pertanto prima di intraprendere la guerra contro i persiani aveva consultato diversi oracoli greci e l’oracolo di Libia; il terzo responso della Pizia previde la fine di un regno, ma Creso, interpretando il vaticinio come favorevole ai lidi, attaccò il nemico e perse la guerra. La politica di aggressione della Persia sarebbe stata, secondo lo storico Erodoto, la causa del castigo divino che si abbatté su Creso e la sua terra.

Per giustificare la sua sconfitta da parte di un altro sovrano barbaro, Erodoto inserì nelle Storie la vicenda del viaggio a Sardi, capitale del regno lidio, di Solone, legislatore ateniese annoverato tra i sette Saggi della Grecia; nel racconto di Erodoto, Solone dialoga con Creso, tuttavia questo incontro non avvenne mai nella realtà, poiché l’ateniese morì nel primo anno di regno del sovrano lidio. Sempre nelle Storie Creso, dopo aver mostrato all’ospite i suoi tesori, chiese a Solone se egli avesse «mai conosciuto qualcuno che fosse veramente il più felice di tutti». Il greco menzionò semplici cittadini che, avendo vissuto con parsimonia, circondati dall’affetto della famiglia e dalla stima dei concittadini, muoiono in modo onorevole rendendo servigi sia nella guerra sia nella religione. Non avendo appagato i desideri di Creso di essere riconosciuto come l’uomo più felice della terra, Solone conclude dicendo: «Ciò che mi hai chiesto io non posso attribuirlo a te prima di aver saputo se hai concluso felicemente la tua vita». Ed eventi tragici nella vita di Creso si verificarono poco dopo la partenza del saggio ateniese: il re di Lidia subì la perdita del figlio ed erede Atis e, dopo la conquista persiana, intorno al 546 a.C., venne condannato a morire sul rogo. Creso ricordò allora le parole di Solone e le riferì a Ciro, re di Persia, che decise poi di concedergli la grazia ed eleggerlo suo consigliere.

Statere in elettro. Sono rappresentati un leone e un toro. Coniato sotto Creso

Statere in elettro. Sono rappresentati un leone e un toro. Coniato sotto Creso

Foto: Jean Vinchon / Art Archive

Altre fonti riportano le vicende relative al sovrano di Lidia: lo storico ateniese Senofonte presenta un dialogo tra Creso e Ciro, nel quale il re persiano riflette sul valore di accumulare ricchezze e sull’importanza di avere amici leali. Il poeta greco Bacchilide racconta nell’Epinicio III, dedicato a Gerone di Siracusa, che Apollo, riconoscendo la devozione dimostrata nel passato da Creso, salvò il sovrano lidio dalle fiamme spegnendo la pira con la pioggia e lo portò nel paese degli iperborei, un popolo mitico localizzato nelle regioni del nord del mondo conosciuto. Secondo la versione di una fonte babilonese, la Cronaca di Nabonedo, ultimo re dell’impero neobabilonese, il re di Lidia fu invece ucciso da Ciro.

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I tesori e le monete dei lidi

Le storie riguardo alla ricchezza di Creso non sono, tuttavia, semplici leggende. Erodoto attribuisce ai lidi una delle invenzioni più importanti della storia dell’umanità: la moneta. Una preziosa testimonianza delle monete lidie ci è pervenuta dalle fondazioni dell’Artemisio di Efeso: sotto il tempio principale furono rinvenute un centinaio di monete, alcune contenute in un vaso risalente ad Aliatte. Molte monete erano fatte di elettro, una lega di oro e argento presente già in natura nei sedimenti fluviali, come nel fiume Pattolo, ma che i lidi modificarono aggiungendo alte percentuali di argento e rame. L’effigie di un leone con un raggio di sole è incisa in molte di esse e le ricerche di numismatica antica hanno stabilito che si tratta della raffigurazione simbolica del potere del sovrano. Un’altra testimonianza dei fasti della corte lidia è lo spettacolare corredo funerario, conosciuto anche come il tesoro di Creso e rinvenuto nella località di Usak, nella valle dell’Ermo. Molte altre ricchezze dovevano essere conservate nella necropoli di Bin Tepe, presso Sardi, ma i tumuli furono saccheggiati già nell’antichità; qui si trovano le sepolture di molti sovrani lidi, tra cui la tomba del re Aliatte, le cui le dimensioni gigantesche sono riferite da Erodoto nelle Storie.

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Per saperne di più

Le storie. Erodoto, UTET, Torino, 2006.

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