La città santa del primo giubileo

Nel 1300 pellegrini da tutta Europa accorsero a Roma per approfittare dell’indulgenza plenaria concessa dal pontefice Bonifacio VIII

Stupefacente doveva apparire Roma a un pellegrino del nord Europa che la raggiungesse arrivando dalla via Flaminia o dalla via Francigena in occasione del primo giubileo della storia, indetto da papa Bonifacio VIII nel 1300. La vista dai colli romani si apriva su un fiume di viaggiatori che, incolonnati, convergevano verso una città gigantesca circondata da un’alta cerchia di mura, piantata al centro di una campagna arida e di pascoli secchi. Dentro spiccavano alberi e foreste frammentate da palazzi e monumenti ricoperti di vegetazione, con un affascinante skyline di centinaia di torri costruite fra il XII e il XIII secolo dalle famiglie più ricche.

Questo affresco del palazzo Ducale di Mantova rappresenta Roma nel Medioevo

Questo affresco del palazzo Ducale di Mantova rappresenta Roma nel Medioevo

Foto: Scala, Firenze

I pellegrini e le pellegrine (almeno un terzo erano donne) erano chiamati “romei” e per la maggior parte viaggiavano a piedi, i più ricchi a cavallo e le famiglie su carri carichi di bagagli. Entravano in città dalla porta Pinciana in un turbinio di genti e lingue diverse, come descrivono i cronisti e come testimoniato dalle monete straniere lasciate in offerta nei luoghi sacri. Già attraversando il Pincio si rendevano conto che Roma, benché desolata e decaduta, era ancora così imponente da mettere soggezione. I giardini dell’età classica si erano trasformati in pascoli e vigne di proprietà di poche famiglie che avevano costruito le proprie residenze usando come fondamenta gli edifici romani, com’era in uso da secoli. Un esempio: il mausoleo di Augusto trasformato in un forte di difesa nel XII secolo dalla famiglia Colonna.

Da San Pietro agli alberghi

Era sufficiente seguire la fiumana per arrivare a San Pietro e, forse, ci si sarebbe potuti imbattere in Dante che in un passo dell’Inferno avrebbe impresso un particolare di quei giorni. Nel descrivere la processione di due schiere di peccatori la paragonava alla moltitudine che durante il giubileo percorreva il ponte di castel Sant’Angelo, e che aveva costretto le autorità a stabilire un doppio senso di marcia per evitare gli imbottigliamenti. Davanti ai pellegrini si stagliava appunto castel Sant’Angelo che da diversi secoli appariva come un gigantesco dongione fortificato; in origine era il mausoleo dell’imperatore Adriano, ora invece apparteneva alla famiglia degli Orsini. Infine, ecco la basilica di San Pietro, pressoché la stessa di quasi mille anni prima, costruita dall’imperatore Costantino, e che verrà smantellata per fare posto a quella attuale, consacrata nel 1626.

I pellegrini arrivano a Roma. Illustrazione del manoscritto "Croniche" di Giovanni Sercambi. XIV secolo. Archivio di Stato, Lucca

I pellegrini arrivano a Roma. Illustrazione del manoscritto "Croniche" di Giovanni Sercambi. XIV secolo. Archivio di Stato, Lucca

Foto: White Images / Scala, Firenze

Era una basilica di età classica, a cinque navate, con un ampio quadriportico sulla facciata. I pellegrini si mettevano in fila per ammirarne le reliquie, in particolare la Veronica, il telo che, secondo la tradizione, portava impresso il volto di Gesù dopo che una donna glielo aveva asciugato, sanguinante, mentre saliva al Calvario (della Sindone conservata a Torino si comincerà a parlare solo qualche decennio dopo). Arrivare a Roma significava trovarsi faccia a faccia con il Redentore. Ad aspettare fuori erano radunati gli albergatori, che cercavano di accalappiare i pellegrini. Infatti, finita la visita sacra, occorreva trovare presto un riparo per la notte perché le tenebre nascondevano pericoli e briganti. Alberghi, rifugi e anche B&B del tempo erano sorti dovunque, «i romani tutti si eran fatti albergatori» scrisse Matteo Villani per il successivo giubileo del 1350. Ci sono giunti molti nomi di alberghi che offrivano vitto e alloggio in grandi camerate: nella zona di campo dei Fiori c’era solo l’imbarazzo della scelta: la locanda della Campana o della Corona, l’osteria del Cavallo o del Leone, e tante altre. Molte dovevano essere gestite da donne le quali, nelle classi più agiate ma anche nelle famiglie più modeste di mercanti, sapevano leggere e fare di conto, qualità indispensabili per portare avanti gli affari della famiglia quando gli uomini si assentavano per lavoro o guerra. I pellegrini più poveri dovevano accontentarsi invece di letti improvvisati nelle povere e sudicie case dei privati, in un viavai turbinoso sfruttato da approfittatori, di cui Buccio di Ranallo dirà: «Se mostravano angeli, et poi erano cani».

Al mattino i pellegrini potevano cominciare, rinfrancati, la visita di quella Roma straordinaria di cui avevano sentito tanto parlare. Usciti dalla locanda si veniva travolti dagli odori e dai rumori della città: versi di animali, crepitii di carri, scalpiccio di cavalli, rintocchi di campane, urla dei mercanti che rivaleggiavano con quelle dei banditori del comune. I maiali, spazzini onnivori delle città medievali, erano dappertutto. Era facile perdersi; le dritte e levigate strade della Roma classica, senza manutenzione da secoli, erano diventate vicoli e sentieri dalle pietre sconnesse e la vegetazione cresceva indisturbata nell’abbandono. Le rovine classiche erano spesso inglobate nelle costruzioni medievali: lo stadio di Domiziano era già piazza Navona, il teatro di Pompeo era la base per case abusive, il teatro di Marcello era diventato una fortezza.

A est, attorno a Santa Maria Maggiore, si era formato un piccolo agglomerato urbano circondato da vigne e orti che arrivavano fino alle mura settentrionali, scavalcando le rovine delle terme di Diocleziano e il vecchio castro militare, abbandonato da secoli. A ovest invece, a Trastevere gli artigiani si erano riuniti per confraternite da cui poi le vie prenderanno il nome odierno, come via dei Vascellari per i vasellai.

Questo acquerello del XVII secolo riproduce l’affresco della basilica lateranense in cui Bonifacio VIII benedice la folla dopo aver aperto il giubileo

Questo acquerello del XVII secolo riproduce l’affresco della basilica lateranense in cui Bonifacio VIII benedice la folla dopo aver aperto il giubileo

Foto: Scala, Firenze

 

 

Andando verso sud il brusio cresceva fino a diventare un frastuono di voci, urla e colpi di utensili: venivano dal mercato del Portico di Ottavia, uno spaccato della vita quotidiana e dei mestieri della Roma del 1300. Qui i pellegrini potevano rifornirsi di ogni cosa: c’erano i ferrari, lavoratori del ferro battuto, i calzolai, i sellai, i tornitori, i macellai ma anche i fabbricanti di oggetti di uso quotidiano come bottiglie, pettini e bauli. E poi i giubbonari e i farsettai che vendevano vestiti già confezionati e, ovviamente, ai lati delle strade anche i mercanti di reliquie. I souvenir sacri andavano dalle immagini sante ai memorabilia, come l’olio che bruciava sull’altare di Pietro, o pezzi di ossa trafugate dalle tombe dei santi. Per ultimi, i cambiavalute, attirati da tanti forestieri bisognosi di moneta locale. Attorno ai mercati non mancava il chiasso dei bambini, i figli dei mercanti, dei compratori o piccoli vagabondi che cercavano di rubare un pezzo di pane. Giocavano legando le zampette di un passerotto da tenere al guinzaglio oppure con giocattoli familiari anche ai giorni nostri, come fischietti a forma d’uccello, tegami e brocche in miniatura, minuscoli salvadanai, soldatini di cavalieri. E poi c’era la guerra con spade di legno, il nascondino o anche il gioco della palla servendosi di una mazza, una specie di hockey sull’erba.

Dietro al Campidoglio, i pellegrini attraversavano un bosco che nascondeva il cuore della Roma classica: i Fori e il colle del Palatino, la residenza degli imperatori, ma in uno stato di completo abbandono, usati da anni come cava per prelevare il materiale di costruzione e le decorazioni per le ville dei nobili. Nel XIV secolo questi luoghi erano conosciuti come Campo Vaccino, ossia luogo per il pascolo delle vacche, oppure come Calcarium, dove si trovavano i materiali per fare la calce, vale a dire il marmo macinato in polvere. Passeggiando per le stesse strade qualche decennio dopo, Petrarca notava che quella città «così grande [sembrava] deserta per la vastità».

Torri e luoghi sacri

La Roma classica lasciava spazio a quella medievale dietro il mercato di Traiano dove svettava la torre delle Milizie, un esempio dell’incastellamento cominciato nel X secolo. Bonifacio VIII comprò la torre, alta circa 50 metri e rivestita di laterizio, dalla famiglia Annibaldi l’anno seguente, nel 1301. Come molte altre torri anche questa stava perdendo la connotazione militare a favore di quella simbolica di centro di potere attorno alla quale si disponevano gli edifici abitati dai membri della famiglia. Queste aree si allargarono fino a inglobare persino piazzette e vie. I pellegrini proseguivano in direzione dell’Aventino e del Celio per raggiungere il Laterano, la residenza ufficiale del papa, dove erano conservati dei reperti eccezionali: le teste di Pietro e Paolo, la tavola su cui Gesù aveva consumato l’ultima cena e la scala santa che aveva salito per comparire dinanzi a Ponzio Pilato, trasportata intera da Gerusalemme.

Dietro i mercati di Traiano sorge la Torre delle Milizie, costruita agli inizi del XIII secolo e poi acquisita dalla potente famiglia Caetani, cui apparteneva papa Bonifacio VIII

Dietro i mercati di Traiano sorge la Torre delle Milizie, costruita agli inizi del XIII secolo e poi acquisita dalla potente famiglia Caetani, cui apparteneva papa Bonifacio VIII

Foto: Anna Serrano / Fototeca 9x12

Quella del 1300 era una Roma al confine fra due epoche, che attraversava un momento di crescita economica anche aiutata dal crescente turismo, che la stava trascinando fuori da un periodo difficile di guerre interne. Nonostante fosse una città abitata ininterrottamente da duemila anni, l’agglomerato urbano poteva contare ancora su una popolazione molto meno numerosa di quella di Firenze e Bologna. Era ricca di monumenti in rovina sulle cui fondamenta sorgevano chiese, borghi pericolanti e roccheforti di famiglie nobili in continua guerra fra di loro. Un terreno perfetto per la Roma dei papi che la porteranno presto nel Rinascimento facendole ritrovare prestigio, popolazione e centralità nell’Europa che si stava disegnando.

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