Christine de Pizan fu la prima donna scrittrice di professione riconosciuta in Europa. Nacque a Venezia intorno al 1365. Suo padre era Tommaso da Pizzano, originario di Bologna. Laureato in medicina, era un astrologo molto noto in tutta Europa. Sposò la figlia di un collega, Tommaso Mondini, ed ebbe tre figli: Cristina, Paolo e Aghinolfo. La sua fama di studioso e uomo saggio crebbe durante gli anni che trascorse con la famiglia a Venezia, dove ricopriva il ruolo di consigliere della Serenissima, tanto che due sovrani europei lo invitarono a prestare i suoi servigi presso di loro: uno era Carlo V re di Francia, l’altro Luigi il Grande sovrano d’Ungheria. Fu forse la reputazione d’intellettuale e amante della cultura di re Carlo che convinse Tommaso a recarsi alla sua corte. I da Pizzano vennero accolti con tutti gli onori, il loro cognome venne immediatamente francesizzato in “de Pizan” e il sovrano li prese sotto la sua ala protettrice. Quella di Tommaso fu una scelta saggia: la famiglia godette per anni di una condizione economica eccellente e i figli crebbero nello stimolante ambiente di corte.
Christine de Pizan scrive nello studio. Miniatura dalla sua opera Cent ballades. British Library, Londra
Foto: Bridgeman / Aci
Uomo di larghe vedute, Tommaso fu determinante nel futuro della figlia: contrariamente alle opinioni più tradizionali della moglie, decise d’istruire tutti e tre i suoi discendenti, non solo i maschi. Christine apprese dunque a leggere e scrivere ma ricevette anche insegnamenti di storia, filosofia e medicina. Oltre all’aiuto del padre poté godere del libero accesso alla Biblioteca reale del Louvre, fondata proprio da Carlo V e oggi diventata la Bibliothèque nationale de France.
Talento precoce
Fu così che Christine godette di un’infanzia felice, stimolante e piena. Da giovanissima dimostrò di essere molto portata per la scrittura, componendo canzoni e ballate che deliziavano i membri della corte. Il padre, sempre più vicino al sovrano Carlo V, si prodigò perché raggiunta l’età da marito la giovane potesse contrarre un matrimonio vantaggioso sotto tutti i punti di vista. Nel 1380, a 15 anni, Christine sposò Étienne du Castel, notaio e segretario del re che Tommaso aveva scelto sia per la sua posizione sia per il suo temperamento. E aveva ragione a caldeggiare l’unione dei due giovani: il loro fu un matrimonio felice da cui nacquero tre figli, due maschi e una femmina. Purtroppo, però, in pochi anni la sorte di Christine cambiò. Nel 1380 il re morì e gli successe il figlio undicenne Carlo VI, un bambino che non era in grado di guidare un Paese nel pieno della Guerra dei cent’anni. Il comando venne dunque affidato ai quattro zii del re, che avrebbero dovuto esercitarlo al posto del nipote fino a che questi avesse compiuto 14 anni. Invece lo mantennero fin quando Carlo VI se lo riprese con la forza, all’età di 21 anni.
In questo torbido scenario d’intrighi di corte, Christine perse il padre nel 1387 e il marito nel 1390, quest’ultimo a causa di un’epidemia. A 25 anni, con tre figli e una madre da accudire, la donna non poteva contare nemmeno sull’appoggio dei suoi fratelli, nel frattempo tornati in Italia. Rimasta sola dovette far fronte alle ristrettezze economiche che i recenti lutti avevano causato: il padre non era stato capace di amministrare le ricchezze che avrebbe potuto accumulare negli anni in cui aveva goduto del favore di Carlo V; Étienne, dal canto suo, non era riuscito a risollevare le sorti economiche della famiglia dopo la morte del suocero.
Christine legge un testo che attacca le donne quando si palesano le tre Virtù, che la spronano a costruire una città delle dame
Foto: Akg / Album
L’unica soluzione possibile per Christine sembrava quella di risposarsi. Probabilmente la donna pensava che non sarebbe stata felice con nessun altro che non fosse il primo marito, o forse non voleva accettare di dipendere da altri. Scelse la strada meno battuta, si rimboccò le maniche e si prodigò per provvedere al benessere economico della propria famiglia. «Dovetti diventare un uomo», scrive riferendosi al suo compito di sostenere i figli e la madre. Iniziò dunque a cercare un lavoro e in poco tempo arrivò a dirigere una bottega di scrittura, uno scriptorium dove supervisionava il lavoro dei maestri calligrafi, rilegatori e miniaturisti. Nel tempo libero continuava a scrivere e a inviare ballate e sonetti ai personaggi più influenti dell’epoca. Apprezzati da tutti, i testi divennero presto la sua unica fonte di sostentamento e la resero famosa in tutta Europa. In soli due anni Christine compose Le Livre des cent ballades e ricevette incarichi sia dai fratelli di Carlo V, Filippo II di Borgogna e Giovanni di Valois, sia dalla regina consorte Isabella di Baviera.
Agli inizi del XV secolo partecipò anche a uno dei dibattiti letterari più feroci e controversi della storia: la Querelle de la Rose. Il Roman de la Rose (Romanzo della Rosa), scritto circa un secolo prima, in alcuni passaggi del testo relegava la donna a mero oggetto di desiderio, utile solamente a compiacere e appagare gli istinti maschili. Christine si fece portavoce della critica a quest’opera sollevando il dibattito a corte e argomentando che l’inferiorità femminile non era di carattere naturale, ma aveva piuttosto origini culturali. Se le donne erano confinate fra quattro mura domestiche e non venivano istruite, come potevano aspirare a ciò che invece raggiungevano gli uomini?
Dama Ragione, la prima Virtù, sollecita Christine a scavare con la pala della sua intelligenza e a erigere un muro che protegga le donne meritevoli
Foto: Akg / Album
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La condizione della donna
«Se si usasse mandare le bambine a scuola e insegnare loro le scienze con metodologia come si fa con i bambini, imparerebbero e capirebbero le difficoltà e le sottigliezze di tutte le arti e le scienze così bene come i maschi», scrisse Christine nel libro Cité des dames (1405), forse la sua opera più famosa. Il desiderio di dimostrare che la mancanza d’istruzione era l’unico limite del genere femminile spinse la scrittrice a creare una città letteraria fittizia abitata da sole donne, dame non di sangue ma di spirito. Ragione, Rettitudine e Giustizia furono le tre figure scelte per vegliare sulla sua edificazione e con cui Christine, nelle pagine del libro, intavola dibattiti sulla condizione femminile.
Dentro le mura della città la scrittrice riunì donne che con il loro sapere, i loro atti e la loro fede sarebbero state di grande aiuto alla crescita e allo sviluppo della società. Vi compaiono la poeta Saffo, Didone e Semiramide, fondatrici di Cartagine e Babilonia o ancora Lucrezia, che scelse il suicidio dopo lo stupro. Guerriere, martiri, sante, poete, scienziate o regine: Christine chiamò a raccolta le donne della storia e della mitologia per dimostrare come l’oppressione maschile fosse l’unica causa dell’inferiorità femminile: «Non tutti gli uomini (e soprattutto i più saggi) condividono l’opinione che sia un male educare le donne. Ma è vero che molti uomini sciocchi lo hanno sostenuto perché non gli piaceva che le donne ne sapessero più di loro».
Dama Rettitudine aiuta Christine a costruire dimore per riunire e accogliere le donne di chiara fama dell’antichità
Foto: Akg / Album
Gli ultimi anni
Christine scrisse spesso intorno al ricordo della perduta gioventù e alla condizione delle vedove, ma anche riguardo al mutare della sorte e affrontò temi di politica e società. Produsse decine di testi e firmò pure una biografia di Carlo V che le fu commissionata dal fratello Filippo di Borgogna.
Ma la situazione politica francese non era affatto rosea. Nel 1415 il Paese venne invaso da Enrico V d’Inghilterra e Christine, che per la prima volta non si sentiva sicura in città, decise di lasciare Parigi. Abbandonare la Francia era fuori discussione: benché si definisse una italienne, allontanarsi dal Paese che l’aveva accolta le sembrava quasi un tradimento. Scelse di rifugiarsi in un convento, forse a Poissy, dove anni prima sua figlia aveva preso i voti e vi rimase per più di un decennio.
Profondamente scossa dalla situazione politica, per un lungo periodo abbandonò le lettere interrompendo il silenzio solo per scrivere un testo religioso e un poema su Giovanna d’Arco. Fu l’unica opera in omaggio alla pulzella d’Orleans – la donna che aveva salvato la Francia – redatta mentre questa era ancora in vita, nel 1429. Christine invece morì l’anno seguente.
Dama Giustizia e Christine rifiniscono la città e ne aprono le porte alle donne per salvarle dall’inganno degli uomini
Foto: Akg / Album
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