Nell’estate 1501 l’infanta Caterina d’Aragona, figlia minore dei re cattolici, s’imbarcò per l’Inghilterra per non tornare mai più. Lasciava dietro di sé tutta la sua infanzia e l’amata Granada, in cui si era trasferita appena la città era stata riconquistata ai mori dai suoi genitori. Questi avevano deciso che era la persona giusta per tessere un’alleanza matrimoniale con la dinastia Tudor, di recente creazione, e fare fronte comune contro la Francia, gran rivale di entrambe.
Il suo sposo sarebbe stato Arturo Tudor, primogenito del re inglese Enrico VII ed erede al trono. Caterina discendeva per linea materna dall’antica casa reale inglese dei Lancaster e avrebbe apportato una maggior legittimità al giovane regno dei Tudor. Ma non era passato un anno dal suo arrivo che il marito soccombette a una misteriosa malattia che all’epoca si chiamava sudore inglese per l’intensa sudorazione che provocava.

Caterina d’Aragona insieme ai quattro fratelli, tra i quali Giovanna poi detta la Pazza, Isabella e Maria (regine di Portogallo), accanto alla madre, la regina Isabella. Dipinto di I. Lozano. 1864. Università di Barcellona
Foto: Oronoz / Album
Principessa, vedova, regina e divorziata
La morte dell’erede lasciava Enrico VII con un doppio problema: da un lato il suo secondogenito – il futuro Enrico VIII – era ancora minorenne, dall’altro, se avesse fatto tornare Caterina dal padre Ferdinando d’Aragona avrebbe dovuto restituire anche la dote ricevuta. Mentre decideva che cosa fare della nuora, la principessa dovette rimanere in Inghilterra per sette anni, durante i quali assunse l’incarico di ambasciatrice del padre: fu la prima donna della storia a ricoprire questo incarico. Aveva ricevuto un’educazione molto buona, parlava varie lingue e, secondo i cronisti dell’epoca, era non solo colta, ma anche esperta nelle questioni di corte.
Enrico VIII aveva bisogno di un erede. Caterina rimase incinta per sei volte in nove anni, ma solo una bambina sopravvisse fino all’età adulta
Nel 1509 Enrico VII morì e suo figlio salì al trono. Una delle sue priorità era sposarsi il prima possibile e generare un erede per garantire la continuità della dinastia Tudor, e per farlo scelse Caterina. Benché il diritto canonico proibisse che un uomo sposasse la vedova di suo fratello, era possibile un’eccezione nel caso che il matrimonio non fosse stato consumato: Enrico si basò su questo per sostenere il suo diritto a sposare Caterina, anche se anni dopo avrebbe usato l’argomento contrario come pretesto per il divorzio, affermando che il matrimonio era maledetto in quanto «indecente agli occhi di Dio».
Il fatto che Caterina abbia avuto sei gravidanze in nove anni è prova dell’importanza e urgenza che aveva per Enrico VIII la questione dell’erede. Per disgrazia della regina solo uno dei figli sopravvisse fino all’età adulta: una bambina nata nel febbraio 1516 che anni dopo regnò con il nome di Maria I, anche se la storia la ricorda con il soprannome di Maria la Sanguinaria.

Ritratto di Maria Tudor di "Master John" (Johannes Corvus), 1544. Londra, National Portrait Gallery
Foto: Pubblico dominio
La mancanza di un erede e l’attrazione che Enrico VIII nutriva per Anna Bolena, una dama di compagnia della regina, fecero maturare nella mente del re l’idea di liberarsi della sua sposa. Per farlo aveva bisogno del permesso del papa Clemente VII, che però non era disposto a concederglielo: Caterina era zia dell’imperatore Carlo V, che aveva preso Roma nel 1527, e inimicarselo avrebbe messo a rischio il futuro del papa e forse anche la sua vita. Malgrado l’insistenza di Enrico, il papa scelse di rimandare la decisione il più possibile, proibendo al re inglese di risposarsi finché non avesse ottenuto il suo permesso. Ma questa scelta gli costò cara, perché portò allo scisma dell’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Nel 1533 Enrico sposò Anna Bolena e Caterina, umiliata, fu relegata allo status di “principessa vedova di Galles” per il suo precedente matrimonio con il principe Arturo.
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Una regina benvoluta
Quel che è certo è che Caterina d’Aragona fu più amata dai suoi sudditi che dal marito. Come infanta aveva ricevuto una formazione sia religiosa sia umanista ed era ritenuta una regina pietosa e sensibile. Diede avvio a un programma di aiuti per i poveri e faceva regolarmente donazioni agli enti di carità, specialmente alle feste comandate. In particolare si guadagnò le simpatie degli inglesi quando chiese pubblicamente clemenza per alcune delle persone coinvolte nei fatti di Evil May Day, una rivolta xenofoba contro i migranti fiamminghi avvenuta nel maggio 1517, «per carità cristiana verso le loro mogli e figli».
Caterina d’Aragona fu più amata dai suoi sudditi che dal marito. Era rispettata e considerata una delle regine più illuminate dell’epoca
Anche alla corte di Enrico VIII era rispettata e non furono pochi coloro che, più o meno apertamente, cercarono di appoggiarla. La stessa sorella del re, Maria, cercò di farlo tornare sui suoi passi; e così anche Tommaso Moro, che allora era lord cancelliere d’Inghilterra e pagò con la vita questo affronto. Anche tra i suoi nemici era ammirata, per quanto non amata: Thomas Cromwell, l’uomo che spianò il cammino perché Enrico potesse sposare Anna Bolena, disse di lei che «non fosse stato per il suo sesso, avrebbe potuto sfidare tutti gli eroi della storia».

Caterina d'Aragona
Foto: Pubblico dominio
Caterina era considerata una delle regine più illuminate dell’epoca, non solo per la sua cultura, ma anche per il suo interesse nell’istruzione. Nonostante la formazione religiosa era aperta a nuove idee e alle correnti umaniste, e si scriveva con personaggi del calibro di Erasmo da Rotterdam. Fu mecenate di autori come Juan Luis Vives, umanista e filosofo valenziano a cui commissionò la redazione di un libro sull’istruzione della donna cristiana che all’epoca fu molto controverso perché difendeva il diritto delle donne a ricevere una formazione.
Malgrado l’ossessione di Enrico per un erede maschio, Caterina mise molta dedizione nell’educazione di Maria, l’unica figlia che era sopravvissuta, che come sua madre imparò molte lingue. Il padre non la considerò mai una candidata al trono, ma la sua formazione si rivelò cruciale quando poté accedervi nel 1553. Una volta che Caterina fu cacciata da corte dopo il divorzio, il re proibì alle due di rivedersi se non avessero riconosciuto Anna Bolena come nuova regina, condizione che entrambe rifiutarono.

Ritratto di Anna Bolena della fine del XVI secolo
Foto: Pubblico dominio
Il 7 gennaio 1536 Caterina d’Aragona morì reclusa nel castello di Kimbolton, vicino a Cambridge. Fu sepolta nella cattedrale di Peterborough: il re non assistette al funerale e proibì alla figlia Maria di parteciparvi. Fu seppellita semplicemente come “principessa vedova di Galles”, anche se fino alla fine dei suoi giorni continuò a considerarsi l’unica legittima regina. Oggi la sua tomba riceve ancora offerte di fiori e biglietti e ogni 29 gennaio si celebra una messa cattolica in suo onore: una scelta particolarmente insolita, trattandosi di una chiesa anglicana. Tra tutte le mogli di Enrico VIII, fu senz’altro quella più amata, in vita e probabilmente anche da morta.
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